«Magnifica»

di Maria Rosaria Valentini

Magnifica di Maria Rosaria Valentini                                                       

Valentina Di Stefano IV B

La speranza si fa strada tra le pagine del libro, ne rasserena le righe, colora i volti di ogni personaggio, si nasconde nella fedeltà di un cane forse nemmeno  mai esistito, si annida tra gli alberi della Faggeta, tana preziosa e solidale grembo materno di due giovani innamorati: Ada Maria e Benedikt, tedesco che lì si rifugia dopo la guerra per paura di affrontare le durezze della vita.

La speranza nasce dai “ voli sospesi o forse voli per sempre continui” delle sgargianti farfalle imbalsamate da Ada Maria, dai “gusci di sogno” della stessa, dalla tenera nostalgia che la lega alla sensibile madre Eufrasia, dalla voglia di vivere che le infonde la cerea e dolce figlia Magnifica, da cui prende nome l’intera storia.

Tre donne: madre, figlia e nipote, protagoniste di una vita spesso magra e scevra di prosperità economiche, sono presentate in un vortice di passioni, in un turbine di profondi dolori di cui si sentono non di rado vittime e complici artefici allo stesso tempo. La lontananza, la malinconia, la morte macchieranno presto i loro destini, ma sarà la forza e il coraggio a costringere due di loro a non arrendersi, a non lasciarsi consumare, mangiare dal buio eterno.

Oltre le fiamme, al di sopra dell’ultima fettuccia di fumo, volavano molte speranze, difficili da pronunciare, inseguite fin dove era possibile da occhi offerti alla passione.” La legna nutriva il falò dei fertili auspici, riempiva le assenze negando la solitudine degli animi; durante la festa di Sant’Antonio abate le scintille accese e cocenti rappresentavano le flebili volontà delle tre donne, spesso però alcuni di questi sfavillii “sceglievano traiettorie opposte e insolite ricadendo verso il suolo”, spegnendosi. Questa la vita di Eufrasia; l’unica delle tre ad essere stata soffocata prima del dovuto.

Le donne erano l’una l’ energia dell’altra, ognuna il premio delle restanti, tutte la rivincita nella lotta contro la tristezza.

Nonostante la loro perpetua e a volte simbolica poiché non concreta vicinanza, il desiderio di prendere posto tra le bestie imbalsamate “per osservare la vita senza l’obbligo di prendervi parte” costituiva sempre per Ada Maria un’utopica via d’uscita assai attraente.

L’autrice, Maria Rosaria Valentini, cuce la narrazione in uno stile fluido ma sensibile ai dinamici mutamenti di carattere dei singoli individui, rammenda alla perfezione le scene più piccole ma di maggior importanza, ricama complessivamente uno splendido racconto, paragonabile alle vesti eleganti ma delicate di Teresina, indossate poi, al momento del parto, dalla giovane Ada Maria, figlia dell’amante di lei (Aniceto) ma sua fedele amica.

Il verde degli alberi, un pigmento florido di gioia, una tinta che corre dappertutto investendo anche lo spettatore, il lettore, una luce calda e vivace risplende sul verde, una meravigliosa veduta, sfondo della finestra dell’abitazione di Teresina rappresenta l’unica strada per la salvezza, la sola per la serenità. È il verde il colore della speranza.

Non è semplice attesa, né unico desiderio, la speranza è rischio di illusione, sete di sogni realizzati 

"Magnifica" di Maria Rosaria Valentini 

Sellerio editore, Palermo, 2016

 di Claudio Guerrieri 

                  Una scrittura leggera e densa ad un solo tempo accompagna il lettore a cogliere sentimenti e particolari dell’ambiente che stanno lì a risvegliarli ed a metterli in luce. Una famiglia, le sue contraddizioni fatte d’un amore ormai spento, d’un tradimento consolidato, d’uno scorrere del tempo che è lento nel far avverare cambiamenti e far maturare nuovi sentimenti, far dimenticare chi ci ha lasciato e far stringere nuovi legami. Siamo in un paese nascosto dell’Appennino negli anni dopo la guerra, che resta un ombra e che porta con sé ancora i suoi fantasmi, genera ancora nuovi incontri che sono occasioni di cambiamenti radicali. Le generazioni si inseguono e si sovrappongono. Alla narrazione del declino della coppia che apre il racconto segue quella della vita dei fratelli che restano, della figlia che arriverà “Magnifica”, desiderata eppure inaspettata come il padre, il tedesco, che dalla faggeta, in cui è nascosto dai tempi della guerra in un folle isolamento non troverà via di uscita.

 La storia di ognuno è intreccio di speranza, delusione, piccole gioie, tragicità accolta e consumata.“Gli avvenimenti scivolano su pannelli invisibili che si rincorrono l’un l’altro, scorrono a ridosso delle malinconie, a ridosso delle speranze.” 

I singoli personaggi le vivono e sempre con un’eco intorno che sembra quello d’un coro costituito dagli altri personaggi che vanno in dissolvenza a far da fondo ed a restare ancora visibili nell’insieme del paese nel suo vedere, giudicare ma sempre anche condividere. Ci sono amori persi, delusi, dilaniati dal tempo e dall’indifferenza. Quotidiani impegni vissuti con coerenza, poeticità e costanza. Gesti semplici che spezzano isolamenti immotivati. Paure  e innamoramenti attraversati con semplicità ed immediatezza. Passioni che diventano amori, amori occasionali che diventano fedeltà condivisa. Un intreccio di vite di donne, ma non solo, che fa da rete in cui il tempo scivola nelle strettoie di solitudini ed affetti, distanze e silenzi, attese ed abbracci che in un tenero e tragico trascorrere lasciano il segno d’una speranza nella vita, un filo tirato su un abisso, in cui “…basta amare per diventare qualcuno o qualcosa”.

8 Novembre 2017

“Le parole e le cose”.  

«Magnifica» di Maria Rosaria Valentini

Maria Cristina Zerbino

Ci sono libri che riconciliano. Con la bellezza della nostra lingua italiana, così spesso violentata.  Con la possibilità della letteratura di costruire mondi possibili, di emozionare, di far pensare, di disegnare un altrove e rendere più spesse e più profonde le giornate. 

Magnifica è uno di questi libri. 

E’ come la Faggeta in cui si svolge gran parte della storia, la scrittura di Maria Rosaria Valentini. Una scrittura come un bosco fatta di cose, di foglie di rami secchi, di alberi, muschio, rocce e sassi, ali di farfalle, colombi o colombacci, e volpi e pecore, conigli impagliati.  Una scrittura come una cucina di campagna piena di cibi freschi da preparare con amore per qualcuno che deve tornare. La voce narrante raccoglie gli ingredienti, li pulisce con cura, li sminuzza, li taglia, li mescola per imbandire a chi legge, come una pietanza deliziosa e profumata, una storia.

Una storia di donne, Eufrasia, Ada Maria, Magnifica, tre generazioni, del loro fiorire e della loro bellezza che dura un soffio come quella della farfalle e lascia il posto a una maternità gonfia e pesante che si risolve nella magrezza e nello sfinimento di vita come se dare la vita significasse davvero perdere la propria vita. Piene di vita e mai sfiorite sono invece le donne senza maternità, Teresina e Rosetta.  che diventano madri per scelta perché tanti sono i modi di essere madri.

Una storia di uomini silenziosi, di padri che non sanno fare i padri, di padri morti, figli che non saranno mai padri. Aniceto, Bendikt, Leandro, Pierino. Uomini di cui si celebra l’assenza, un’assenza così dolorosa da trasformarsi in presenza anche l’assenza in fondo può essere un’arte. La stessa occasione del racconto nasce da un’assenza, dalla partenza improvvisa di Andrea, il figlio di Magifica che le lascia in dono una penna.

Maria Rosaria Valentini impasta le parole, le sillabe, i suoni, come si impasta il pane, (si pensi al decasillabo allitterante: “La valle vaneggiava di verde p. 209) e fila la storia come un punto di uncinetto in una architettura sapientemente costruita. Il tempo del racconto si snoda in un intreccio per niente scontato con colpi di scena improvvisi a dare slancio a una narrazione paziente e generosa.

I personaggi crescono, cambiano, mostrano tante sfaccettature: li conosciamo, li giudichiamo, poi cambiamo idea su di loro, li riscopriamo, li rivalutiamo forse. il punto di vista si sposta in modo delicato e fluido, senza forzature in questo romanzo verde e rosso fatto di parole che curano e riconciliano.  

“Perché qualche volta le parole sono pane, acqua carne”.

15 Novembre 2017