Le otto montagne

di Francesca Belperio

Paolo Cognetti, Le otto montagne, Einaudi 2016

«Il paese di Grana si trovava nella diramazione di una di quelle valli, ignorata da chi passava di lì come una possibilità irrilevante, chiusa in alto da creste grigio ferro e in basso da una rupe che ne ostacolava l’accesso. Una strada sterrata si staccava dalla regionale e saliva ripida, a tornanti […] poi si addolciva ed entrava nel vallone proseguendo in falsopiano. Era luglio quando la imboccammo, nel 1984

Quando Pietro giunge nel paese dove trascorrerà l’estate e conosce il piccolo Bruno, che porta al pascolo le sue mucche, non immagina minimamente che tra loro due nascerà un’amicizia unica, profonda e sincera. Questa sarà particolare perché in bilico tra due opposti: da una parte c’è Pietro, il ragazzo di città ma con un’intensa passione per le montagne, per le Dolomiti che hanno visto sbocciare l’amore tra i suoi genitori, entrambi costretti controvoglia a trasferirsi nella grigia Milano per motivi economici; dall’altra c’è Bruno, che da sempre ha vissuto in montagna e non ha amici oltre ai sentieri ed alle cime di Grana. Ed è proprio tra le vie di Grana ed i torrenti della sua montagna che si incroceranno le vite di questi due bambini che insieme, estate dopo estate ed avventura dopo avventura diventeranno uomini. La loro complicità resterà sempre salda, tuttavia nella loro vita essi si perderanno, per cause più grandi di loro, riuscendo comunque a ritrovarsi sempre.

Pietro -soprannominato “Berio”- diventerà “quello che va e viene”, colui che preferisce fare il giro delle “Otto Montagne” (metafora nepalese della ricerca della soddisfazione), non fermandosi mai, arrivando fino alle vette più altre dell’Himalaya; Bruno, il taciturno ed affascinante montanaro, resterà a guardia della sacralità della sua amata Grana. Per lui non c’è nessun altro destino oltre a quello semplice dei silenzi, dei boschi e della neve: salirà dunque sino alla cima del “Sumeru” (metafora nepalese della stanzialità).

Il grande punto di forza di questo romanzo è l’accurata introspezione psicologica dei personaggi, la complessità di Pietro, l’eloquente silenziosità e singolarità di Bruno ed i caratteri particolari delle personalità dei genitori del protagonista. Questi ultimi svolgono un ruolo molto importante nella formazione di Pietro. Gli alti e bassi tra padre e figlio saranno fondamentali per comprendere le cause che lo spingeranno a compiere alcune scelte nel corso dellasua vita, mentre lo stabile rapporto con la madre costituirà un importante punto di riferimento su cui il figlio potrà contare sempre.

Stilisticamente parlando, nonostante la lunghezza e la pienezza di dettagli delle descrizioni dei paesaggi, questo libro è assai scorrevole e piacevole. La trama non è affatto banale, tutt’altro… essa è narrata con delicatezza, quasi con dolcezza, e chi legge non dovrà far altro che lasciarsi trasportare nei paesaggi, nei profumi e nelle molteplici sensazioni che solo un’ottima lettura (degna della vittoria del Premio Strega 2017) può trasmettere.

Consiglio a chiunque voglia evadere dalla monotonia e dal caos della sua città di leggere questo libro, ed invito chi seguirà il mio consiglio a porsi, alla fine della lettura e con la mente arricchita dagli insegnamenti del libro, la seguente domanda: “Avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle Otto Montagne o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?”