Lolita

di Vladimir Nabokov

Recensione di ANDREA MURATORE 4G 

Nel 1955 l’eccentrica ma geniale firma russa di Vladimir Nabokov dava alle stampe un’opera che avrebbe destato grande scalpore e indignazione. Il libro gli causò una serie di problemi fin dall’inizio, quando fu costretto a lottare per trovare un editore disposto a pubblicare un testo così irriverente per una società che non indugiava a mostrare tutta la sua sessuofobia. Subito dopo la pubblicazione molti lo accusarono violentemente - alcuni minacciandolo anche di adire le vie legali- poiché notavano una certa analogia tra Nabokov e il protagonista del libro, Humbert Humbert,  un professore europeo che emigra negli Stati Uniti ed alloggia presso un affitta camere, la cui proprietaria è un’attraente ma invasiva donna di mezza età, Charlotte Haze. Effettivamente Nabokov, essendo un professore universitario russo trasferitosi poi in America, sembra poter essere paragonato al protagonista. Il romanzo, benché etichettato come “erotico”,non presenta, rispetto alla nostra sensibilità moderna, un carattere strettamente erotico. Racconta le farneticazioni di un uomo, affascinato in modo irrefrenabile dalle cosiddette ninfette, ossia quelle ragazze che ancora non hanno raggiunto la maggiore età e che, sempre secondo la particolare follia di Humbert, possiedono alcune particolari caratteristiche che le rendono allettanti agli occhi del professore. Una di queste è Lolita, figlia di Charlotte e prediletta da Humbert per la sua indole estroversa. All’oscuro della madre, che nel frattempo si è invaghita di lui, i due flirtano, si stuzzicano e conducono un rapporto nascosto e fatto di continue dissimulazioni ai danni dell’ingenua Charlotte. La storia narra una serie di capovolgimenti drammatici e inaspettati che la rendono ancor più avvincente. 

I due protagonisti -  Humbert e Lolita -  incarnano due modelli completamente opposti: lui saggio ed erudito, riflessivo ma immerso in uno stato di preoccupante delirio, sempre pronto a reprimere ogni impulso sessuale; lei smaliziata e burbera, poco interessata alla cultura ma, nonostante tutto, depositaria di una abbacinante ed irresistibile leggiadria. 

La fragilità familiare e tutte le difficoltà di quei nuclei a geometria variabile (allargati, privi di padre o madre o, peggio ancora, di entrambi) sono tematiche su cui si pone l’accento senza tuttavia trovare una soluzione. La morale di questa storia, sebbene nella postfazione Nabokov avverta di “non cercare una morale”, sembra essere quella di una continua ricerca della compattezza familiare, al fine di tutelare il benessere dei figli. Infine, per gli intenditori di letteratura russa ( sarà poi l’autore stesso ad ammetterlo), si nota un’evidente influenza dostoevskijana nella caratterizzazione dei personaggi, nel costante spostamento dell’ambientazione e nell’ipocondria di Humbert, paragonabile senza dubbio al Raskol’nikov di Delitto e Castigo. Anche la prosa, in pieno stile russo, procede lentamente, con grande prolissità, ed è contraddistinta da sporadiche allusioni alla letteratura, all’arte, alla musica ed alla medicina. “Lolita” è un romanzo che sicuramente oggi merita di essere letto, non solo per la minuziosa cura del linguaggio – che attualmente pare essere passata di moda -  ma anche e soprattutto per l’unicità degli eventi, la cui forma  diede inizio ad un vero e proprio sottogenere letterario, che ispirò e appassionò migliaia di lettori.