Libriamoci 2020
Positivi alla lettura
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Eventi e iniziative nella settimana dal 16 al 20 Novembre
GIOVEDI' 19 NOVEMBRE ore 15: Maratona di Lettura
"La ricerca della leggerezza come reazione al peso di vivere"(I. Calvino)
I testi proposti partono dalle suggestioni del capitolo "Leggerezza" delle Lezioni Americane di Italo Calvino
«la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio. In questa conferenza cercherò di spiegare – a me stesso e a voi – perché sono stato portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto; quali sono gli esempi tra le opere del passato in cui riconosco il mio ideale di leggerezza; come situo questo valore nel presente e come lo proietto nel futuro»
Ovidio, Metamorfosi, 4 740-752
Montale, 'Piccolo testamento'
E. Dickinson, A sepal, a petal, and a thorn
F. Kafka, Der Kübelreiter
Bibliografia e testi da leggere:
Dalle proposte bibliografiche di Libriamoci: "Contagiati dalle Storie"
Almond D., La canzone di Orfeo, Salani, 2018
Wallace D., Big fish, Il saggiatore, 2014
Smith P., Just kids, Feltrinelli, 2015
Tomas Saraceno. Aria, Palazzo Strozzi, Firenze febbraio-novembre 2020
G. Boccaccio, Decameron, Giornata sesta, Novella IX
"Ora, avvenne un giorno che, essendo Guido partito d’Orto San Michele e venutosene per lo Corso degli Adimari infino a San Giovanni, il quale spesse volte era suo cammino; essendo arche grandi di marmo, che oggi sono in Santa Reparata, e molte altre dintorno a San Giovanni, ed egli essendo tra le colonne del porfido che vi sono, e quelle arche e la porta di San Giovanni, che serrata era; messer Betto con sua brigata a caval venendo su per la piazza di Santa Reparata, veggendo Guido lá tra quelle sepolture, dissero: — Andiamo a dargli briga. — E spronati i cavalli, a guisa d’uno assalto sollazzevole gli furono, quasi prima che egli se n’avvedesse, sopra, e cominciarongli a dire: — Guido, tu rifiuti d’esser di nostra brigata: ma ecco, quando tu avrai trovato che Iddio non sia, che avrai fatto? — A’ quali Guido, da lor veggendosi chiuso, prestamente disse: — Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace. — E posta la mano sopra una di quelle arche, che grandi erano, sí come colui che leggerissimo era, prese un salto e fussi gittato dall’altra parte, e sviluppatosi da loro se n’andò. "
G. Cavalcanti, Biltà di donna e di saccente core
(in Poeti del Duecento, 2 voll., a cura di G. Contini, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960)
Biltà di donna e di saccente core
e cavalieri armati che sien genti;
cantar d’augelli e ragionar d’amore;
adorni legni ’n mar forte correnti;
aria serena quand’ apar l’albore
e bianca neve scender senza venti;
rivera d’acqua e prato d’ogni fiore;
oro, argento, azzuro ’n ornamenti:
ciò passa la beltate e la valenza
de la mia donna e ’l su’ gentil coraggio,
sì che rasembra vile a chi ciò guarda;
e tanto più d’ogn’ altr’ ha canoscenza,
quanto lo ciel de la terra è maggio.
A simil di natura ben non tarda.
«Se volessi scegliere un simbolo augurale per l'affacciarsi al nuovo millennio, sceglierei questo: l'agile salto improvviso del poeta- filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d'automobili arrugginite. Vorrei che conservaste quest'immagine nella mente, ora che vi parlerò di Cavalcanti poeta della leggerezza».
Marziale, ep. V.34
“Ti sia leggera la terra"
Hanc tibi, Fronto pater, genetrix Flaccilla, puellam
oscula commendo deliciasque meas,
parvola ne nigras horrescat Erotion umbras
oraque Tartarei prodigiosa canis.
Impletura fuit sextae modo frigora brumae,
vixisset totidem ni minus illa dies.
Inter tam veteres ludat lasciva patronos
et nomen blaeso garriat ore meum.
Mollia non rigidus caespes tegat ossa nec illi,
terra, gravis fueris: non fuit illa tibi.
A te padre Frontone, a te madre Flaccilla
affido questa bimba, bacio e delizia mia.
Che la piccola Erotion non provi orrore per le ombre nere
e per le bocche mostruose del tartareo cane.
Avrebbe intero compiuto il sesto inverno,
se fosse vissuta ancor sei giorni.
Oh, ch'essa giochi libera tra i suoi patroni tanto vecchi
e cinguetti il mio nome con la boccuccia ancora balbettante.
Ricopra una zolla non dura le sue tenere ossa:
tu, terra, non essere pesante su di lei: lei non lo fu su di te.
Emily Dickinson, A SEPAL, PETAL AND A THORN
A sepal, petal and a thorn
Upon a common summer’s morn
A flask of Dew - A Bee or two-
A Breeze- a caper in the trees -
And I’m a Rose!
Un sepalo ed un petalo e una spina
In un comune mattino d'estate
Un fiasco di rugiada, un'ape o due,
Una brezza,
Un frullo in mezzo agli alberi -
Ed io sono una rosa!
Ottavia
Se volete credermi, bene. Ora dirò come è fatta Ottavia, città - ragnatela. C'è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettereil piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c'è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s'intravede più in basso il fondo del burrone. Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d'elevarsi sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, otri d'acqua, becchi del gas,girarrosti, cesti appesi a spaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi,teleferiche, lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo.Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti d'Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.
da: Le Città Invisibili di Italo Calvino
De rerum natura di Lucrezio
Il De rerum natura di Lucrezio è la prima grande opera di poesia in cui la conoscenza del mondo diventa dissoluzione della compattezza del mondo, percezione di ciò che è infinitamente minuto e mobile e leggero.
Questa polverizzazione della realtà s'estende anche agli aspetti visibili, ed è là che eccelle la qualità poetica di Lucrezio: i granelli di polvere che turbinano in un raggio di sole in una stanza buia (II, 114-124); le minute conchiglie tutte simili e tutte diverse che l'onda mollemente spinge sulla bibula harena, sulla sabbia che s'imbeve (II, 374-376); le ragnatele che ci avvolgono senza che noi ce ne accorgiamo mentre camminiamo (III, 381-390).
Contemplator enim, cum solis lumina cumque
inserti fundunt radii per opaca domorum:
multa minuta modis multis per inane videbis
corpora misceri radiorum lumine in ipso
et vel ut aeterno certamine proelia pugnas
edere turmatim certantia nec dare pausam,
conciliis et discidiis exercita crebris;
conicere ut possis ex hoc, primordia rerum
quale sit in magno iactari semper inani.
dum taxat, rerum magnarum parva potest res
exemplare dare et vestigia notitiai.
infondono la luce del sole nell'ombra delle case:
molti minuti corpi in molti modi, attraverso il vuoto vedrai
mescolarsi nella luce stessa dei raggi,
e come in eterna contesa attaccar battaglie e zuffe,
a torme contendendo, e non far sosta,
da aggregazioni e disgregazioni frequenti travagliati;
sì che da ciò puoi figurarti quale sia l'eterno agitarsi
dei primi principi delle cose nel vuoto immenso;
almeno per quanto una piccola cosa può dare un modello
di cose grandi e vestigi di loro conoscenza.
Eugenio Montale, "Piccolo testamento"
Questo che a notte balugina
nella calotta del mio pensiero,
traccia madreperlacea di lumaca
o smeriglio di vetro calpestato 1,
non è lume di chiesa o d'officina 2
che alimenti
chierico rosso, o nero 3.
Solo quest'iride posso
lasciarti a testimonianza
d'una fede che fu combattuta,
d'una speranza che bruciò più lenta
di un duro ceppo nel focolare 4.
Conservane la cipria nello specchietto 5
quando spenta ogni lampada
la sardana 6 si farà infernale
e un ombroso Lucifero scenderà su una prora
del Tamigi, dell'Hudson, della Senna
scuotendo l'ali di bitume semi-
mozze dalla fatica, a dirti: è l'ora.
Non è un'eredità, un portafortuna
che può reggere all'urto dei monsoni
sul fil di ragno della memoria 7,
ma una storia non dura che nella cenere
e persistenza è solo l'estinzione.
Giusto era il segno 8: chi l'ha ravvisato
non può fallire nel ritrovarti.
Ognuno riconosce i suoi: l'orgoglio
non era fuga, l'umiltà non era
vile, il tenue bagliore strofinato
laggiù non era quello di un fiammifero 9.
«Mai come in questa poesia scritta nel 1953, Montale ha evocato una visione così apocalittica, ma ciò che i suoi versi mettono in primo piano sono quelle minime tracce luminose che egli contrappone alla buia catastrofe ("Conservane la cipria nello specchietto quando spenta ogni lampada la sardana si farà infernale...").
Ma come possiamo sperare di salvarci in ciò che è più fragile? Questa poesia di Montale è una professione di fede nella persistenza di ciò che più sembra destinato a perire, e nei valori morali investiti nelle tracce più tenui: "il tenue bagliore strofinato laggiù non era quello d'un fiammifero"».
La poesia leggera: «Paesaggi senza peso» di Toti Scialoja
La stanza la stizza l'astuzia
di quando vivevi a Venezia
ed eri zanzara… la pazza
zanzara – che all'alba è un'inezia.“
L'ape che fuma pepe
lo stipa nella pipa
lo aspira come un papa
lo sputa cupa cupa
oltre le siepi in fior.
Una libellula
mi canterella:
"Trallerallibe
trallerallulla
la bile è lilla,
labile è il nulla,
abile o molle
libo a chi balla!
Lo stagno pullula!
Tra queste bolle
che fai di bellulo?"
Il sogno segreto
dei corvi di Orvieto
è mettere a morte
i corvi di Orte
PAESAGGI SENZA PESO (1979-1980)
In mezzo alla Maremma
per arrostire il serpe
soffi sopra una fiamma
di scarsa legna verde.
Nel verde cielo sbuca
oltre il fumo una falce
dolce e fredda è la selce
dove appoggio la nuca.
Dove il fiume fa una curva
dove il vento piega l'erba
masticavi un fil di salvia
semiamara nella sera.
Ti sfilasti in tutta calma
una calza dopo l'altra
anche il cielo era una salsa
bianca fuori e dentro bianca.
Dove sono le nevi
addormentate un tempo
nel silenzio di brevi
inverni senza vento?
Estate. Il chiar di luna
luccica sulle pietre.
Accanto alla fontana
morrò sempre di sete.
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Lungo il greto dell'Arno
ansima un cane scarno
e annusa quanto basta
un raspo ed una scarpa.
Che resta di una scalza
vacanza sotto l'arco?
Vivere come un altro
è un sasso che rimbalza.
Passeggiamo per Fiuggi
ci ripariamo ai faggi
più ci sentiamo saggi
più la pioggia vien giù.
Breve è la pioggia a Fiuggi
il sole è nei paraggi
sotto l'ombrello paggi
piumati e nulla più.
Sordo lago di Garda
rumore d'acqua lorda
colore verde sorba
la scarpa nella merda
la carpa in mezzo all'erba
la squama che s'inarca
la morte che ritarda
la sponda dentro l'ombra
la lebbra che la orla
una voce che urla:
"Attaccati alla corda!"