Il guardiano della collina dei ciliegi 

Franco Faggiani

recensione di Claudio Guerrieri

“Comincia dall’inizio e vai avanti fino alla fine”: è questo il motto da cui prende via la narrazione romanzata della vita del marotoneta olimpico Shizo Kanakuri. Una narrazione che rispetta alcuni nodi della storia vera, come si precisa in una appendice al testo, per raccontarci un vissuto profondo, per interpellarci su quanto iniziato e su quanto concluso in ogni vita.

Il tempo eccezionale di gara di questo atleta delle olimpiadi del 1912 sarà di 54 anni, 8 mesi, 6 giorni, 5 ore, 32 minuti e 20 secondi… un tempo che nasce da una sosta non voluta, da un abbandono e da una fuga, da un amore ed una vita articolata, da un ritrovamento di sé e dal poter chiudere un capitolo mai chiuso per dare nuova compostezza al vissuto.

 Non si recupera il tempo perso, non si vince la battaglia con il procedere della vita con le sue sconfitte e le sue occasioni, con i suoi dolori e le sue gioie ma si possono chiudere i cerchi di ogni vissuto, si può non negare il proprio fallimento e le proprie vittorie, riconoscendo in entrambe se stessi.

Una prosa dolce e scorrevole racconta una vita che comunica un senso di compostezza che noi occidentali consideriamo il colore prevalente del mondo giapponese. Ci si trova dinanzi ai paesaggi ed al Mondo Fluttuante dipinte dai maestri giapponesi come Hiroshige che con la chiarezza del loro tratto trasmettono un amore unico ed una possibilità di contemplazione in cui forza e compostezza si fondono.

La prosa ci consegna così il gusto di quei paesaggi amabili e di quelle situazioni semplici, in cui la vita si è ridotta alla sua essenza, ci comunica lo sforzo di una ricerca composta, di una gioia composta, di un dolore composto eppure travolgente. Il tono dona la possibilità di una immersione nel mondo del personaggio, nella sua coscienza, ferita eppure ferma, nel suo contesto, impedendo che si possa prendere distanza. Una luce immersiva nelle situazioni, negli ambienti e nel vissuto del personaggio impedisce di costruire un giudizio e accompagnano il lettore a condividerne la sorte. 

 I dolori, le contraddizioni, i sensi di colpa vengono fatti affiorare con delicatezza nel tratto del romanzo e coinvolgono il lettore in una lotta con se stessi che impegna e si colora di conquista di presa di possesso di sé. Allo stesso modo i sentimenti di gioia, d‘amore, di riconoscenza sono presentati in piccoli gesti che trasmettono ed avvolgono il lettore portandolo nell’intimità con il protagonista. Nulla avviene nel paesaggio, nel mondo esterno, negli incontri del protagonista che lasci indifferente il personaggio ed il lettore. Tutto nella sua compostezza stravolge il susseguirsi degli eventi e si impone come un destino non conosciuto ma luminoso. Luminosità e numinosità dei Kami trasudano da ogni riga, accompagnano lo sguardo semplice che si relaziona alla natura senza cancellare affetti e relazioni con gli altri uomini ma li colora di una dolcezza e contemplazione intima. 

Deludere gli altri e se stessi, accettare i propri fallimenti e quelli degli altri, concludere ciò che si è iniziato così come si può ed accettare che altri concludano il proprio così come possono, non sono esperienze alternative sono la trama del tessuto della vita.