Senofonte

di Edoardo Dell'Aversano (5B)

Senofonte: La vita

La vita di Senofonte, per quanto è giunto a noi dai suoi scritti e da quelli di altri autori, come Diogene Laerzio e l’oratore Dinarco, di poco posteriore a Senofonte, fu sicuramente movimentata; tuttavia a causa della forte contraddittorietà delle fonti, nonostante ce ne siano arrivate in grande quantità, le conoscenze riguardo la sua vita sono fortemente limitate a ciò che lui narra.

Senofonte, figlio di Diodora e Grillo, era Ateniese, del demo di Erchia. Non possiamo stabilire una data precisa per la sua nascita, ma gli storici concordano nel farla risalire tra il 420 e il 425, in quanto nell’ “Anabasi” Senofonte ci fa capire che fosse di poco più giovane dell’amico Prosseno di Beozia, che aveva circa trent’anni. L’appartenenza alla classe dei cavalieri “ιππείς”, corrispondente alla classe degli “equites” romani, è facilmente intuibile dall’interesse che dimostrò nelle sue opere per le tattiche di cavalleria e l’equitazione, oltre a ciò questa ipotesi è avvalorata dall’agiatezza della sua famiglia e dalla buona educazione ricevuta dai maestri sofisti Prodico e Isocrate. Per quanto riguarda le sue passioni giovanili, Aristippo nel quarto libro della “Lussuria degli antichi” narra del suo amore per il giovane Clinia; riferendosi a questo, era solito dire:” È più dolce per me contemplare Clinia che tutte le altre cose belle del mondo; vorrei essere cieco per tutte le cose, eccetto che per il solo Clinia; odio la notte e il sonno perché non posso vedere Clinia; sono molto grato al giorno ed al sole perché mi rivelano Clinia”. Poco più che ventenne entrò in contatto con Socrate del quale divenne allievo. Il suo incontro con il filosofo ci viene descritto da Diogene Laerzio: egli infatti ci narra che Senofonte incontrò Socrate in una stretta via, il filosofo del demo di Alopece gli tese il bastone per impedirgli di passare, e chiese dove vendessero ogni specie di alimenti. Senofonte rispose, allora Socrate gli chiese dove gli uomini divenissero virtuosi, tuttavia il figlio di Grillo rimase dubbioso, quindi Socrate vedendolo turbato gli disse di seguirlo.[1] Inoltre ci viene narrato che Socrate soccorse Senofonte durante la battaglia di Delio, salvandogli la vita[2]. Supponendo che Senofonte fosse realmente un cavaliere, è lecito ipotizzare che facesse parte della lista dei tremila redatta dai Trenta[3].

Decisiva fu una missiva inviata dall’amico di Senofonte, Prosseno di Beozia, che in quel periodo risiedeva a Sardi, presso la corte di Ciro il giovane. La lettera invitava il figlio di Grillo a recarsi a Sardi affinché entrasse in amicizia con il principe persiano. Senofonte accettò l’invito, si ipotizza che non lo declinò in quanto collaborò e combatté per il regime dei Trenta, che era appena stato deposto; tuttavia si narra che, essendo dubbioso riguardo la decisione da prendere, chiese consiglio a Socrate, che gli suggerì di interpellare l’oracolo di Delfi, ma Senofonte non chiese all’oracolo se dovesse partire o meno, ma come dovesse partire, quindi Socrate venendo a conoscenza di ciò lo biasimò e gli consigliò di partire. 

Tutti gli avvenimenti accaduti durante la spedizione dei Diecimila sono narrati nella sua opera “Anabasi”, nella quale Senofonte descrive tutte le peripezie del viaggio di ritorno dopo la vittoria pirrica di Cunassa ottenuta al finire dell’estate del 401 a.C, senza però dimenticare di spiegare gli avvenimenti che precedettero tale scontro. Al termine dell’“Anabasi”, Senofonte, approfittando della ripresa delle ostilità tra Sparta e l’impero Achemenide, decise di “regalare” i 6.000 mercenari spartani sopravvissuti all’“Anabasi” all’armosta[4] TIbrone. Fu proprio in questo periodo che venne esiliato con un editto di Eubulo da Atene, poiché era stato accusato di essere filospartano. Nel 396 a.C decise di seguire Agesilao nella lotta contro Farnabazo, quindi non potendo tornare ad Atene, decise di affidare metà della sua fortuna a un sacerdote di Artemide, Megabizo, affinché la custodisse e, qualora fosse morto, con tale somma facesse costruire una statua alla divinità; invece l’altra metà la mandò in doni votivi a Delfi. Quando tornò in Grecia ricevette la prossenia[5] spartana. Quindi, lasciato Agesilao, se ne andò a Scillunte, località dell’Elide, datagli in dono da Sparta. Lo seguirono la moglie di nome Filesia e i due figli Grillo e Diodoro. Successivamente Megabizo con la scusa di assistere ai ludi olimpici gli restituì il denaro. Senofonte ci ha lasciato un quadro idilliaco della sua proprietà a Scillunte nell’ Anabasi V 3, 7-13; tuttavia sarebbe un errore credere che Senofonte si sia ritirato dalla vita militare, in quanto le narrazioni della guerra di Corinto e delle campagne di Agesilao nel nord-ovest della Grecia contengono una grande quantità di dettagli, che lasciano presumere la diretta partecipazione di Senofonte. Quando gli Elei saccheggiarono la zona di Scillunte, dopo la sconfitta spartana di Leuttra nel 371, Senofonte fu costretto a fuggire insieme alla famiglia: prima si rifugiarono nella località di Lepreo, infine si stanziarono stabilmente a Corinto. Quando con l’aggravarsi della minaccia tebana, Atene e Sparta furono costrette a coalizzarsi, Senofonte si vide revocato l’esilio, ma non ci è chiaro se decise di tornare ad Atene; tuttavia Senofonte volle mandare i suoi due figli Grillo e Diodoro, educati a Sparta, ad Atene per combattere insieme in difesa di Sparta. Diogene Laerzio ci narra che Diodoro sopravvisse alla battaglia di Mantinea, ma Grillo morì valorosamente, mentre Senofonte incoronato stava sacrificando. Quando gli venne portata l’infausta notizia si tolse la corona, ma sapendo come suo figlio era morto se la ripose sul capo. Alcuni dicono che non versò neanche una lacrima, ma disse:” sapevo di aver generato un figlio mortale”.

Morì a Corinto nel primo anno della CV olimpiade, sotto l’arconte Callimede, nell’anno in cui saliva al trono Filippo figlio d’Aminta. 

Sono giunti fino a noi alcuni epigrammi su Senofonte:” Senofonte s’inoltrò fra i Persiani, non solo perché chiamato da Ciro, ma anche perché cercava di salire per la via che conduce a Zeus. Poiché mostrò che le imprese dei Greci erano il risultato della sua educazione, egli rese omaggio alla bellezza della sapienza di Socrate”

L’altro per la sua morte:

Se, o Senofonte, i cittadini di Cranao e di Cecrope ti condannarono all’esilio per la tua amicizia con Ciro, Corinto ospitale t’accolse, delle cui delizie godesti contento; là tu avevi deciso di riposare per sempre.

 

 

 

Senofonte: Le opere

Non conoscendo la cronologia delle opere di Senofonte, si è deciso adottare una classificazione di comodo delle sue opere che poggia sulle tematiche trattate; tuttavia l’ampiezza dei contenuti fa sì che non si possa catalogare una sua opera sotto un singolo genere. Nonostante il problema della catalogazione a differenza di molti altri autori posiamo vantare un corpus senofonteo completo.

Le opere di Senofonte sono state divise in tre grandi gruppi: 

Le opere storico-politiche ed etico-politiche, che rappresentano la parte più importante della produzione senofontea; sotto questo gruppo risiedono:

-l’Anabasi, diario o cronaca in 7 libri della spedizione in Asia dei diecimila mercenari greci al seguito di Ciro il giovane. Lo stesso Senofonte nelle Elleniche III 1,2 sosterrà che l’opera dell’Anabasi fosse di proprietà di un tale Temistogene di Siracusa, personaggio che si ritiene essere uno pseudonimo dello stesso Senofonte, anche se è possibile leggere nella Suida[6] che fosse uno storico Siracusano realmente esistito.

-Le Elleniche anch’esse in 7 libri, in cui si narrano avvenimenti di storia greca compresi tra il 411, l’anno in cui si interrompono improvvisamente le Storie di Tucidide, e il 362, l’anno della battaglia di Mantinea. Come Diogene Laerzio ci aveva narrato, le opere di Tucidide ebbero fortuna grazie a Senofonte; tuttavia anche se lo stesso Diogene ci dice che non se ne appropriò nonostante avesse potuto, uno studio di Luciano Canfora ha svelato che il primo libro delle Elleniche, data la mancanza di un proemio, l’incipit brusco, la differenza di stile con gli altri libri e la presenza in alcuni manoscritti delle Elleniche recanti il titolo di “Paralipòmeni (= aggiunte) di Senofonte a Tucidide”, potrebbe essere in realtà un libro di Tucidide; ma ancora oggi la questione rimane ampiamente discussa e, tutti questi elementi hanno dato vita alla questione Senofontea.

-Agesilao, encomio dell’omonimo re di Sparta, che Senofonte considerò un insuperabile esempio di tutte le virtù civili e militari.

-Ciropedia, in 8 libri, biografia romanzata di Ciro il Grande, il fondatore dell’impero Achemenide, e storia, ricca anch’essa di elementi romanzeschi, del suo regno (559-529).

Costituzione degli Spartani: in questo testo Senofonte loda Licurgo per la sua ferrea costituzione, che aveva contribuito alla grandezza di Sparta, ma neanche Sparta era riuscita a sfuggire alla decadenza delle poleis greche a causa della progressiva sostituzione dei rigidi costumi lacedemoni, che lasciarono spazio al gusto del lusso sfrenato.

-Ierone: l’opera, a metà tra il genere encomiastico e la trattatistica politica, è strutturata in forma di dialogo fra il tiranno di Siracusa Gerone I e il poeta Simonide, che era stato suo ospite nel 476 a.C. Il poeta, ormai ottantenne, chiede a Ierone di illustrargli le differenze riscontrate fra gli anni in cui era un semplice cittadino e il periodo da tiranno, per capire quale sia il regime di vita migliore tra i due. Il dialogo vuole infatti mostrare che la vita del tiranno è priva di preoccupazioni, serena e circondata da tutto ciò che si desideri solo in apparenza.

-Pòroi, quest’opera, composta da cinque capitoli, rappresenta uno studio delle finanze ateniesi indicando anche proposte affinché la città potesse risollevarsi.

Sono invece considerate opere tecnico-didattiche:

-Ἱππαρχικός 

-Sull’equitazione

-Cinegetico, l’opera è dedicata, come il Peri Hippikes, ad una delle attività preferite dai gentlemen di campagna, il testo è diviso in 13 capitoli.

Infine, come cita lo stesso Diogene Laerzio, Senofonte fu uno dei tre socratici più rappresentativi (gli altri due furono Platone ed Antistene). Senofonte si distinse oltre che per le sue opere storiche anche per le sue opere socratiche.

-Memorabili (ἀπομνημονεύματα) in 4 libri, il titolo greco significa propriamente appunti, ricordi e non come lascia intendere l’aggettivo italiano cose degne di essere ricordate, il discorso si articola su un doppio scopo: se da un lato Senofonte vuole confutare i capi d’accusa, invece dall’altra vuole mostrare chi fu veramente Socrate.

-Simposio, quest’opera senofontea registra la discussione di Socrate con alcuni commensali ad una cena data da Callia in onore di Autolico, figlio di Licone. Socrate pur partecipando agli scherzi non dismette l’abito serioso che gli è abituale in Senofonte e pronuncia un discorso sull’ amore, il cui senso è ribadire la superiorità dell’amore spirituale e coniugale rispetto a quello sensuale.

-Economico o Leggi per il governo della casa, i protagonisti dell'opera sono Socrate, maestro dell'autore e il giovane Critobulo. La prima parte dell'opera rispecchia il titolo, ma si passa poi al racconto da parte del filosofo di una conversazione avuta con un ricco proprietario terriero, Iscomaco, sul modo di amministrare i beni.

-Apologia di Socrate (titolo completo: Apologia di Socrate davanti alla giuria): l’opera non si limita a riportare il discorso di Socrate in sua difesa, ma racconta anche il suo comportamento prima e dopo del processo.

 

 

Senofonte: Lo storico

Le Elleniche

Le Elleniche, letteralmente “Cose di Grecia”, è il titolo, già noto nell’antichità, con cui l’opera era designata nei manoscritti accanto a Storia greca, Paralipomeni, Paralipomeni della storia di Tucidide. Quest’ultima titolazione è pertinente soltanto alla parte iniziale delle Elleniche, che narrano gli avvenimenti che coinvolsero gli stati greci dal 411, momento in cui si interrompe l’opera di Tucidide, fino al 362, anno della battaglia di Mantinea. Riguardo al periodo nel quale furono scritti i libri si imposero tre interpretazioni diverse: la prima fu quella del 1826 di G.B. Niebhur, autore che pose le basi della questione Senofontea, il quale affermò che nei libri I-II si riscontra la parte più antica delle “Elleniche”, parte in cui Senofonte, accingendosi a scrivere di storia, si sarebbe rifatto a Tucidide, completandone l’opera rimasta interrotta. I restanti libri costituirebbero un secondo momento dell’attività di Senofonte, connessa con la sua partecipazione diretta a molti degli eventi narrati. Invece secondo l’interpretazione data da De Sanctis i libri più antichi sarebbero il III-IV e V 1, immediatamente successivi all’Anabasi, ai quali più tardi, con l’intenzione di collegare questa parte di storia greca con la guerra del Peloponneso, Senofonte avrebbe aggiunto i libri I-II, i quali, essendo la continuazione di Tucidide, ne seguono il metodo annalistico; questa storia sarebbe infine stata ampliata con gli avvenimenti successivi, fino alla battaglia di Mantinea (V 2- VII). Naturalmente il problema della composizione delle Elleniche non riguarda soltanto l’opera in sé, ma è connesso più in generale con la formazione stessa di Senofonte, storico e memorialista. Le Elleniche prive di proemio che indichi metodo e fini, si riallacciano direttamente, anche se non perfettamente, alla parte finale della Guerra del Peloponneso di Tucidide con una semplice formula di passaggio: “Dopo questi avvenimenti”. In più punti della parte I-II, soprattutto nei primi capitoli, il racconto senofonteo sottintende quello di Tucidide, da cui risulta integrato e spiegato, presentando, pur con alcune irregolarità, una struttura a esso vicina (metodo annalistico, astensione da riflessioni personali, assenza di digressioni, discorsi diretti). La precisione dei dati, tra cui si evidenziano, tanto per la parte spartana quanto per quella ateniese, il computo delle forze navali, i nomi dei comandanti, il numero dei giorni impiegati negli spostamenti, il luogo e l’ora degli scontri, come pure la citazione testuale dei documenti e la conoscenza esatta del procedimento giudiziario nel processo agli strateghi delle Arginuse hanno fatto suppore, oltre a fonti dirette spartane, una fonte ateniese ben informata, che per la Sordi è quella del materiale storico tucidideo menzionato da Diogene Laerzio. Infine per il Breitenbach, che respinge la testimonianza di Diogene Laerzio, la fonte di ispirazione può essere costituita da un attidografo[7].

I sette libri dell’Elleniche possono essere così suddivisi:

il primo libro e il secondo libro (I-II 3,9) coprono un arco di tempo dal 411 fino al 406 a.C, e in questo arco temporale vengono narrati i fatti inerenti alla guerra del Peloponneso;

Nel secondo libro (II 3, 11-4, 43) viene narrata la storia dei Trenta dall’instaurazione del regime fino alla sua caduta e restaurazione della democrazia;

Dal terzo al quinto libro (III-V 1, 36) viene narrata la guerra di Sparta contro la Persia (Tissaferne e Farnabazo) in Asia minore e avvenimenti contemporanei in Grecia, come la guerra di Corinto e la pace di Antalcida (400-386);

Infine dal quinto al settimo (V 2, 1-VII 5, 27) vengono narrati i fatti che comprendono il culmine e il declino della potenza spartana e la relativa ascesa di Tebe per poi concludere l’opera con la battaglia di Mantinea (385-362). 

“Termini qui la mia narrazione; degli avvenimenti successivi forse altri si occuperanno”.

Tuttavia in questa suddivisione bisogna tenere a mente gli studi effettuati da Luciano Canfora, basati sull’ affermazione di Diogene Laerzio, secondo il quale Senofonte pubblicò i libri fino allora di Tucidide. Canfora ha supposto che il primo libro delle Elleniche e una parte del II, precisamente I-II 3,10, fossero nient’altro che la parte finale delle Storie di Tucidide, il quale nella sua opera si riprometteva di narrare la guerra del Peloponneso fino alla sua conclusione. Questi libri, finiti tra le mani di Senofonte e pubblicati da quest’ultimo, furono in epoche successive accorpati alle Elleniche, opera che nelle intenzioni dell’autore doveva essere il prosieguo di quella di Tucidide. Le affermazioni di Canfora sono state facilmente provate da un esame stilistico dei primi due libri che presentano una narrazione sintetica, serrata, articolata e che utilizza il sistema cronologico dell’anno stagionale, ed è animata da sentimenti di sincera simpatia per la democrazia ateniese; invece a partire dal III libro la narrazione inizia ad essere dispersa e disorganica, priva di coerenti riferimenti cronologici, segnata da un’ottica fortemente filo spartana; tuttavia, nonostante questa sua propensione, non risparmia le critiche a Sparta. Il racconto risulta largamente lacunoso e incompleto con omissione di avvenimenti importanti e, all’inverso, con racconti ampi e particolareggiati di fatti molto meno rilevanti; questa disomogeneità è stata spiegata dagli storici con la costatazione che le Elleniche come l’Anabasi sono in gran parte opere di memorie personali di Senofonte, nelle quali le omissioni o la ricchezza di particolari del racconto dipendono dalla sua diretta partecipazione o meno ai fatti narrati. Questo genere di interpretazione non è stato esente da critiche da parte di alcuni storici, che sostennero che l’incompletezza, la disorganicità e la disomogeneità di quest’opera derivino dalla mancanza di una lucida visione storico-interpretativa e dalla inadeguatezza delle categorie critiche impiegate da Senofonte per l’indagine degli avvenimenti e delle loro cause; tuttavia si è soliti rispondere a tali critiche sostenendo che Senofonte non fosse un cattivo storico, ma la sua confusione fosse figlia di un periodo altrettanto confuso e complesso, che permise a Senofonte di cimentarsi in un giudizio complessivo soltanto a fine opera. Nonostante le critiche mosse a Senofonte, si è costretti ad ammettere che con la sua opera “le Elleniche” si è reso iniziatore di un nuovo stile storiografico, che non comprendeva più soltanto o un racconto monografico e la narrazione della vita di un singolo personaggio, bensì una narrazione complessiva di tutte le vicende accadute nei vari stati greci.

 

 

L’Anabasi: il comandante ideale

Di per sé il titolo di Anabasi (Κύρου Ἀνάβασις è la denominazione dell’opera che compare in tutti i manoscritti) tuttavia è riferito solo al primo dei sette libri: il termine Anabasi significa letteralmente viaggio all’interno, tuttavia comprende soltanto una parte del primo libro (I 1-6), che narra la discesa dell’esercito di Ciro il giovane, composto dai diecimila mercenari spartani più gli uomini di Ciro, fino alla battaglia di Cunassa, scontro nel quale l’esercito spartano rimasto invitto fu costretto a ritirarsi a causa della morte di Ciro, ucciso da un giavellotto. Nei libri I e II viene descritta la battaglia di Cunassa e, Senofonte, come suo solito, si sofferma su alcuni dettagli come la consultazione dell’oracolo di Zeus “Sotèr” e le viscere per diramare la controversia tra Clearco, comandante Spartano, e Ciro sul come schierare l’esercito, ma come rovescio della medaglia la morte di Ciro è a malapena accennata. Dopo questi eventi Senofonte narra anche la strage dei comandanti avvenuta a Larisa per mano di Tissaferne, satrapo fedele al re, ma non ci è chiaro se questi agì di sua iniziativa o per ordine di Artaserse. Soltanto nel libro III si arriva al cuore dell’opera, in quanto viene narrata la lunga ritirata effettuata dai Cirei, che partendo dalla pianura mesopotamica risalirono il territorio fino all’Armenia; qui, oltrepassate le gole della regione dei Carduchi, riuscirono finalmente arrivare a Trapezunte, dove alla vista del mare esultarono al grido “Thalassa! Thalassa!” Nonostante fossero arrivati a destinazione i loro problemi non erano ancora giunti al termine; dei 13.000 cirei partiti dalle piane di Cunassa solo 6.500 riuscirono a gridare di gioia, in quanto gli altri commilitoni o caddero per le imboscate delle popolazioni carduche, o vennero abbandonati in quanto rimasti ciechi per i raggi del sole riflessi sulla neve o disertarono. Come detto in precedenza la loro odissea non era ancora giunta al termine, infatti a Trapezunte non trovarono nessuna imbarcazione disposta a trasportare una tale quantità di gente in Grecia, quindi decisero di proseguire il loro viaggio. Attraversata la costa fino a Cotiora si accorsero che era giunto il momento di eleggere un nuovo comandante, quindi consultato l’oracolo esso rivelò che se avessero voluto avrebbero potuto eleggere un nuovo stratega, ma anche che se non avessero voluto eleggerne un altro sarebbero potuti restare senza un capo, quindi una volta ascoltato il responso elessero Senofonte come loro comandante. Infine giunsero a Bisanzio dove sopravvissero con il brigantaggio e servendo da mercenari alcuni piccoli sovrani locali, fino a quando l’armosta Tibrone reclutò i cirei che restavano per affrontare Farnabazo.

L’Anabasi di Senofonte venne riassunta da quest’ultimo nel III libro delle Elleniche, ma cedette la paternità della sua opera a Temistogene di Siracusa, personaggio ritenuto uno pseudonimo, ma secondo la Suida fu uno storico realmente esistito. L’opera, probabilmente pubblicata in risposta ad un’altra Anabasi, quella di Sofoneto di Stinfalo, che sminuiva il suo ruolo nell’impresa, venne scritta in terza persona; ciò ricorda molto lo stile di Cesare nei suoi commentari, in modo tale da rendere la cronaca del viaggio la più impersonale possibile, fornendo molti dati tecnici e registrando i dati giorno per giorno. Nell’Anabasi vi è un forte intento autocelebrativo, ancora oggi molti studiosi discutono se questo intento abbia danneggiato il lato storico, tuttavia il lato apologetico dell’opera non entra in contrasto con il genere cui appartiene l’Anabasi e del quale è il prototipo, ovvero l’autobiografia. Vari spunti e motivi autobiografici erano già presenti in opere precedenti come nel “I viaggi” di Ione di Chio o anche in resoconti di viaggi ben più antichi. Fu proprio la forma particolare dell’Anabasi che, in quanto diario o cronaca di viaggio, fu in grado di mantenere sia una forte presenza di informazioni autobiografiche che anche una notevole valenza storica; questa articolazione della narrazione, unita all’intento apologetico e all’uso della terza persona, permise a questo genere di essere continuato da personaggi illustri come Caio Giulio Cesare, mantenendo una marcata impronta autobiografica, e Arriano di Nicomedia senza quest’ultima. Come già detto nell’Anabasi è presente un forte intento autocelebrativo, il quale è presente ogni volta che i Diecimila si trovano in difficoltà e Senofonte interviene tempestivamente risolvendo la situazione o ogniqualvolta pronuncia un discorso, nel quale rimarca le sue abilità di geniale ed esperto comandante che ha a cuore solo la salvezza dei suoi uomini, ergendosi in questo modo come modello di comandante perfetto.

 

Ciropedia e Agesilao: il sovrano perfetto

La Ciropedia (Κύρου παιδεία), letteralmente l’educazione di Ciro, è il libro più esteso tra tutti quelli scritti da Senofonte; l’opera, sebbene sia intitolata l’educazione di Ciro, tratta questo argomento solo per alcuni capitoli del primo libro, come era anche già successo per l’Anabasi; infatti nella restante parte dell’opera viene descritta la vita di Ciro il grande, trasformando il libro in una vera e propria biografia, anche se l’utilizzo di questo genere è soltanto una scusa per trattare argomenti molto più articolati e profondi. Narrare le vicende dell’ascesa al potere da parte di Ciro II il grande e le relative conquiste fino all’occupazione delle colonie greche in Asia minore, consentiva a Senofonte di riallacciarsi con la storia greca e narrare le scelte politiche prese in Asia minore durante la rivolta ionica, avvenimento durante il quale l’impero Achemenide occupò un ruolo importante. Inoltre per Senofonte narrare le vicissitudini di Ciro il grande risultava essere una buona scusa per stabilire una sorta di successione e continuità tra l’“aretè” del vecchio monarca e quella di Ciro il giovane, con il quale aveva combattuto. Ancora oggi gli storici discutono se la Ciropedia sia un’opera storiografica o un trattato di politica, questo dibattito si protrae sin da tempi antichi, infatti lo stesso Cicerone scrisse sulla Ciropedia: “Scripta non ad historiae fidem, sed ad effigiem iustii imperii[8]”. Anche Ausonio si espresse in merito all’opera di Senofonte scrivendo:” Xenophon Attice,[…] tu qui ad Cyri virtutes exsequandas votum potius quam historiam commmodasti, cum diceres, non qualis esset, sed qualis esse deberet[9]”. E’ palese come entrambi gli autori denigrino la parte storica, ma allo stesso tempo lodino l’opera per la sua funzione paideutica, infatti nell’opera di Senofonte si trovano molti errori dal punto di vista etnografico, ovvero vengono attribuiti ai persiani costumi di stampo greco, perlopiù spartani. Inoltre analizzando il carattere storiografico dell’opera risalta la narrazione di molti eventi fittizi o accomodati, un esempio potrebbe essere l’affermazione della conquista dell’Egitto da parte di Ciro il grande, ma in realtà avvenuta per mano di Cambise II, figlio di Ciro il grande. Nonostante la presenza di numerosi errori che annullano la valenza storiografica, invece dal punto di vista politico risulta essere il capolavoro di Senofonte, e probabilmente fu l’opera alla quale lavorò maggiormente. 

La messa a punto dell’opera risale all’incirca al 361, in quanto nell’epilogo vengono narrati fatti avvenuti proprio in quel periodo e inseriti per mostrare la corruzione dei costumi persiani, anche se la presenza di tale affermazione ha fatto dubitare i filologi moderni Valckenaer, David Schulz, Schneider, Heindorff riguardo all’autenticità dell’epilogo, in quanto ritenuta l’aggiunta di qualche falsario; ma non si vede perché tale scritto non possa essere di Senofonte stesso: non sembra impossibile che abbia voluto prevenire l’obiezione dedotta dal contrasto fra il quadro che aveva delineato dei costumi e delle virtù dei Persiani sotto il regno di Ciro, e lo stato in cui si mostravano i Greci. Del resto la figura leggendaria di Ciro è solo un pretesto usato da Senofonte per delineare la struttura di uno stato ideale. Alla base della Ciropedia, al di sotto del vasto affresco di imprese militari, gesta eroiche ed esempi di virtù c’è infatti uno dei temi centrali della riflessione politica dei Greci: la questione della migliore forma di governo e delle condizioni della sua realizzazione, questione già dibattuta da altri autori come Erodoto, Euripide e soprattutto da Platone e in età più tarda da autori come Aristotele e Polibio. Questo è precisamente il tema che Senofonte propone all’inizio dell’opera come oggetto di riflessione e di ricerca, con l’intento di indagarlo per mezzo della biografia di Ciro. Intorno alla figura storico-militare di Ciro, Senofonte disegna la struttura e gli ordinamenti, di chiara impronta pre-ellenistica, costituiti da una ristretta classe dominante di “uguali” e retta da un sovrano virtuoso e paterno, capace di governare un gran numero di popoli con la sola forza dell’autorità morale. Il fondamento di questo stato, di cui non è difficile cogliere i numerosi tratti in comune con quello spartano, è la paideia, che viene esemplificata attraverso la figura di Ciro, modello, come la nobiltà persiana, di perfetta educazione morale, politica e militare. L’esaltazione delle discipline e delle virtù messe in luce dal sistema educativo persiano, che gestito completamene dallo stato includeva sia un addestramento ginnico-militare sia una speciale formazione della giustizia e anche la partecipazione alla vita comunitaria, era contrapposto a quello ateniese continuamente, ma non totalmente, poiché nell’ultimo capitolo Senofonte ammette la decadenza dei costumi persiani del suo tempo.

L’enorme quantità di contenuti presenti nell’opera di Senofonte è dovuto all’impiego di strategie proprie di generi letterari diversi: storiografia, dialogo filosofico, encomio, trattato tecnico. Ma non basta. Essendo incentrata su quel tema di riflessione politica che è la questione della migliore forma di governo e dell’educazione dei suoi reggitori, la Ciropedia rientra anche nel genere letterario delle Politeiai[10],tra gli esempi più significativi del quale sono da annoverare la pseudo-senofontea costituzione degli Ateniesi e la costituzione degli Spartani. 

Molto simile alla Ciropedia è l’Encomio di Agesilao, scritto in onore della morte del sovrano spartano nel 360 a.C. L’opera si riferisce al defunto sovrano non come un compianto funebre, ma bensì come se tessesse le lodi del sovrano ancora vivente; nonostante nell’opera predomini il tono encomiastico è difficile stabilire con certezza a quale genere appartenga. Anche in questo scritto Senofonte narrandoci le imprese di Agesilao, dilatate o ristrette a secondo dell’occorrenza, vuole presentare la sua idea di sovrano ideale, anticipando l’idea di sovrano ellenistico, che con la realtà del re spartano aveva poco in comune.

 

 

Le altre opere etico-politiche

La Costituzione degli Spartani è una breve opera nella quale Senofonte analizza le istituzioni spartane, tra le quali spicca il modello educativo di Licurgo, (a cui rende il merito di aver reso grande e potente Sparta), contrapposto a quello individualistico in uso ad Atene. Come nella Ciropedia, anche in quest’opera Senofonte evidenzia la funzione etica di un’educazione di tipo statale e collettivo, anche se ammette infine che le leggi di Licurgo nella sua epoca si sono ormai corrotte a causa della sostituzione della morigeratezza degli antichi costumi con i piaceri e il gusto per il lusso sfrenato, e di conseguenza hanno ormai perduto l’antica efficacia.

Lo Ierone è un discorso immaginario tra il tiranno Ierone di Siracusa e il poeta Simonide di Ceo. Nel discorso vengono enumerati sia gli aspetti negativi che quelli positivi della tirannide sia per il tiranno che per i cittadini a lui soggetti. Senofonte vi confronta la condizione del tiranno, circondato da falsi amici e adulatori e privato del piacere della serenità e della vera amicizia, con lo stato d’animo del privato cittadino. Simonide infine concluderà suggerendo altri nuovi metodi di governo, per mezzo dei quali lo stato potrà riscattare la sua posizione presso i cittadini con una gestione saggia e illuminata della città. Il dialogo, che presenta una caratterizzazione idealizzata della figura del monarca, testimonia l’interesse dell’ambiente socratico per la tirannide di Siracusa.

I Poroi/Entrate sono le ultime opere di Senofonte redatta nel 356 a.C., sono un breve trattatello di natura economico-politica o di economia finanziaria, nel quale Senofonte sfoggia tutta la sua conoscenza della politica economica interna di Atene. Venuti a mancare i tributi da parte delle città alleate, Atene si ritrovava in una grave crisi economica, quindi Senofonte, superata l’idea espressa nell’”Economico” dove sosteneva il lavoro agricolo, suggeriva un maggiore sfruttamento del suolo attico mediante l’utilizzo di schiavi pubblici e un incremento dei traffici marittimi attraverso agevolazioni concesse a stranieri e meteci. L’opera mostra un atteggiamento politico moderato, comune a diversi ambienti ateniesi dell’epoca.

Senofonte: Tecnico-didattico

Infine di Senofonte ci restano brevi trattatelli o manuali didattici, quasi guide o prontuari di informazioni e consigli intorno alle discipline e attività che lo scrittore predilesse e nelle quali ebbe una particolare competenza: la milizia a cavallo, l’equitazione e la caccia.

Nell’Ipparchico (Ἱππαρχικός) Senofonte si rivolge chiaramente a un comandante di cavalleria, e mostrando di conoscere la riforma della milizia a cavallo ateniese, vi espone le teorie militari proprie del suo tempo, volte a un impiego tattico della cavalleria superiore, data la sua mobilità, a quello della fanteria.

Invece nell’opera Sull‘equitazione, che risulta essere quasi un’appendice e un completamento dell’Ipparchico, Senofonte spiega come un cavaliere debba allevare ed addestrare il proprio cavallo. Per il suo carattere didascalico lo scritto si inserisce in un discorso più ampio, di origine socratica, dell’educazione del buon cittadino, benestante e aristocratico.

Il Cinegetico, letteralmente discorso intorno alla caccia, è di dubbia appartenenza al corpus Senofonteo a causa di alcune particolarità stilistiche che sembrano differenziarlo dagli altri scritti, quest’opera comprende una serie di dati tecnici e informazioni pratiche sulla caccia, definita dall’autore “invenzione divina” e indicata come fonte primaria di educazione del corpo e dell’anima dei giovani, maestra di virtù civili e militari nonché formatrice di valorosi soldati e ottimi comandanti.

Senofonte: Lingua e stile

Senofonte è stato generalmente considerato dai grammatici antichi uno scrittore esemplare per la purezza dell’attico usato e per la chiarezza e la semplicità dello stile. Proprio queste sue caratteristiche nello stile contribuirono alla nascita del suo mito come modello di atticismo, nella Suida alla voce Senofonte, lo scrittore viene definito “ape attica” e “Musa attica” da Diogene Laerzio (Vite dei filosofi II 57) per la dolcezza della sua lingua. Nonostante gli encomi per la limpidezza del suo stile, già alcuni atticisti della seconda Sofistica come Pollùce e Frìnico portarono alla luce numerose forme e vocaboli non attiche, come dorismi, ionismi, numerosi termini poetici o tecnici appartenenti ai più diversi campi semantici e termini della ormai prossima koinè diàlektos (lingua comune) ellenistica.

Per quanto concerne lo stile, furono la chiarezza e la semplicità a rendere piacevole la lettura delle sue opere, come scrive Dione di Prusa:” I suoi pensieri appaiono chiari e facili per chiunque, lo stile della sua esposizione piacevole, pieno di grazie e persuasivo, poiché possiede molta capacità suasoria e molta grazia, e forza a tal punto che il suo potere rassomiglia non solo alla veemenza retorica, ma anche alla malia. Nessuno che comprenda la lingua greca non si esalterebbe ascoltando i discorsi protettrici di Senofonte. Il mio pensiero è davvero scosso, e talune volte piango al leggere i racconti di fatti tanto grandi.” Tuttavia alle caratteristiche sopracitate bisogna aggiungere il suo inguaribile ottimismo, infatti nonostante la crisi in Grecia avesse raggiunto il suo apice con il tramonto dell’egemonia ateniese e spartana e la morte di Socrate, Senofonte ritiene che nulla è andato definitivamente perduto in quanto gli insegnamenti del maestro e i valori diffusi dagli antichi non sono stati dimenticati, ma continueranno a perdurare attraverso i secoli.

La semplicità e la chiarezza del suo stile che rendono gradevolmente piana la lettura, più che frutto di un’autentica lucidità di pensiero, sembrano dipendere piuttosto da quella certa superficialità e mancanza di vigore intellettuale che contraddistinguerebbero la personalità e l’opera di Senofonte, costituendo il contrappeso, forse inevitabile, della sua versatilità.

I giudizi attuali sull’opera di Senofonte, che partono dalla constatazione della varietà dei suoi interessi (fu il primo poligrafo a noi noto), sono per lo più viziati dal continuo confronto con Tucidide, di cui volle essere il continuatore, e con Platone, discepolo come lui di Socrate.

Senofonte: Fortuna

Benché le opere storiografiche di Senofonte fossero già note agli storici del IV secolo, è soprattutto nell’età ellenistica che gli scritti di Senofonte si affermano e raggiungono il loro culmine, favorite da alcuni elementi pre-ellenistici che le caratterizzarono sia dal punto di vista del pensiero( ad esempio, l’idea della monarchia universale presente nella Ciropedia), sia su quello formale (la novità e la varietà dei generi letterari esperiti: biografia, autobiografia, romanzo, novella erotica). Senofonte come autore socratico ebbe successo presso le correnti filosofiche come il Cinismo, la Stoa, assai ben disposte a ricevere l’immagine di Socrate saggio “autarchico” da lui fornita.

Proprio filosofi stoici come Panezio e Posidonio introdussero Senofonte nel mondo romano, che non potette che ammirare e sentire particolarmente congeniale questo soldato-scrittore con interessi filosofici, pratici, etici e politici. Infatti Senofonte venne usato come modello da Arriano per l’Anabasi di Alessandro e Cicerone lo usò come modello pratico quando fu governatore della Cilicia; tuttavia gli estimatori non finirono qui, Quintiliano, Dionigi di Alicarnasso e Dione Crisostomo (noto anche come Dione di Prusa, è già stata citata una sua frase di encomio per Senofonte) ne tesserono numerose lodi e l’Anonimo del Sublime, che lo apprezzò per l’impersonalità della narrazione, lo menziona più volte ponendolo tra gli “eroi” della letteratura accanto a Platone; Luciano(Sul come scrivere un’opera storiografica) lo pone accanto a Tucidide ed Erodoto quali storici per eccellenza.

La seconda sofistica lo apprezzò per la limpidezza e la naturalezza dello stile e le scuole di retorica studiarono i suoi ritratti di comandanti e i suoi discorsi, determinando quella canonizzazione di Senofonte quale scrittore esemplare, che farà di lui l’autore per eccellenza dei manuali e delle grammatiche scolastiche fino ai nostri giorni.

La sua fama continuò anche in epoca bizantina e si rinnovò nell’età umanistica anche in Italia. Leonardo Bruni tradusse in latino le Elleniche e Poggio Bracciolini la Ciropedia, più tardi tradotta in italiano dal Boiardo. “Dolcissimo e soavissimo scrittore” fu definito Senofonte da Leon Battista Alberti, che lo imitò nel Dialogo Della Famiglia, mentre Machiavelli modellò sulla Ciropedia la sua Vita di Castruccio Castracani. Nel Settecento Winckelmann ne apprezzò, oltre all’eleganza formale, le doti di storico, che suscitarono poi vivo interesse anche in Leopardi. Nell’arte lo possiamo ritrovare raffigurato nella scuola di Atene di Raffaello, affresco che attualmente risiede nella stanza della Segnatura, una delle quattro stanze vaticane.

 

Bibliografia

https://www.studenti.it/pensiero-3515.html

https://books.google.it/books?id=beHg9KQO3U4C&pg=PA254&lpg=PA254&dq=Senofonte+versione+critica+delle+elleniche&source=bl&ots=7RralXYo3T&sig=ACfU3U1ZQJOCh6AsULtb6nhrMRnuB94nOA&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwi6wYWG4b7iAhVQalAKHVrsCtEQ6AEwCHoECAcQAQ#v=onepage&q=Senofonte%20versione%20critica%20delle%20elleniche&f=false

https://iris.unito.it/retrieve/handle/2318/1507560/203892/BerardiSenofonteCultural_4aperto.pdf

http://www.rivistazetesis.it/Vita di Socrate.pdf

http://enricia.altervista.org/Agon_Alfieri/Senofonte.pdf

https://it.wikipedia.org/wiki/Senofonte

https://it.wikipedia.org/wiki/Anabasi_(Senofonte)

https://it.wikipedia.org/wiki/Caccia_con_i_cani

https://it.wikipedia.org/wiki/Ciropedia

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, Roma-Bari, Universale laterza,1976

Senofonte-Antonio Labriola, Memorabili, Milano, Rizzoli libri, 1989

Senofonte-Maristella Ceva, Elleniche, Milano, Oscar Mondadori, 1996

Luigi Enrico Rossi-Roberto Nicolai, Letteratura greca Storia, luoghi, occasioni L’età classica, Milano, Mondadori Education, 2015


[1] L’incontro tra Socrate e Senofonte (Diogene Laerzio, II 48) è considerato un semplice aneddoto riflettente il motivo topico dell’avvio alla filosofia.

[2] La battaglia di Delio, in Beozia, avvenne nel 424 a.C. Ora, dal momento che la data di nascita di Senofonte è collocata generalmente attorno al 430 a.C., come parecchi indizi fanno ritenere, all’epoca questi doveva essere poco più che un bambino. L’aneddoto risulta pertanto poco plausibile e sembra essere stato ricalcato su quello analogo riferito ad Alcibiade nel Simposio di Platone: ‹‹Quando avvenne quella battaglia, in cui i generali mi diedero il premio al valore, nessuno mi salvò se non costui, che non volle abbandonarmi ferito, ma salvò insieme alle mie armi anche me stesso›› (220d-e).

[3] Crizia, come misura cautelare per il regime dei Trenta, scelse tremila cittadini da associare al governo e ai quali non confiscò le armi.

[4] Era un magistrato, non necessariamente spartano inviato nelle città conquistate, o in qualche modo connesse a Sparta, alla testa di un presidio militare per difendere e sorvegliare le città alleate o sottomesse.

[5] La prossenia era il diritto all’ospitalità a pubbliche spese; tuttavia tale concessione era impossibile da ottenere in esilio.

[6] Suida o Suda: è un lessico ed enciclopedia dell'età bizantina; come lessico è il maggiore che ci è pervenuto, con circa trentamila voci, e fornisce anche termini geografici e storici. La parte che tratta della storia della letteratura classica è spesso l'unica fonte a nostra disposizione sugli autori e sulle opere del tempo.

[7] Antichi scrittori delle cronache locali ateniesi: esponevano la storia della città registrando gli avvenimenti secondo il succedersi degli arconti. Tra la metà del sec. 4° e la fine del 3° sec. a.C. si ebbe la massima fioritura di tale produzione storiografica con Androzione, Filocoro, Clidemo, Demone, Fanodemo, Istro e altri.

[8] Le cose scritte non sono per veridicità della storia, ma per la rappresentazione di un giusto governo.

[9] O Senofonte l’ateniese, […] tu mostrasti affinché si seguissero le virtù di Ciro qualche esempio piuttosto che la storia, dicendo, non quale esempio fosse, ma quale dovesse essere.

[10] Il genere delle Politeiai comprende due diversi tipi di opere: trattati di teoria politica, dal titolo Politeia o Perì politeias, nei quali si delinea il progetto di uno stato ideale additato come modello, e scritti di carattere storico-politico e storico-etnografico, nei quali il titolo Politeia è accompagnato da un nome di popolo al genitivo, dedicati all’illustrazione della forma di governo e anche di usanze e aspetti vari della vita sociale di uno stato reale. Gli autori più importanti di questo genere sono: Ippodamo di Mileto, Protagora, Fàlea di Calcedònia, Senocrate, Teofrasto, Diògene di Sinòpe, Zenone, Crisippo, lo stesso Senofonte e Platone con la sua opera la Repubblica.