L'anima buona di Sezuan

in scena dal 29 Ottobre al 10 Novembre al teatro Quirino

recensione di Lorenzo Simoniello

L’anima buona di Sezuan

di Bertolt Brecht


‘Tu di debolezze non ne avevi, io sì: ho amato’. Shen Te, la protagonista, ha amato.

La regia di Monica Guerritore, ispirata all’edizione di Giorgio Strehler del 1981 e a lui dedicata, mette in scena una società che appartiene tanto ai luoghi della vicenda quanto a quelli di tutto il mondo. Tre divinità, in cerca di un’anima buona disposta ad ospitarli, ne trovano una in una realtà in cui quanto più cerchi di fare del bene, tante più cattiverie e soprusi ricevi, dove chi è colpevole non fa altro che costringere i buoni a travagliarsi ancor di più. Shen Te lo sa, Shen Te ha amato.  

Ha inizio il tanto atteso spettacolo. D’improvviso la scenografia mostra la sua essenza, il suo ruolo. Le luci cadono su un palco il cui centro gira su sé stesso come il mondo, le voci di chi poco prima era preso in chiacchiere si spengono in un secondo, l’atmosfera creata tira verso il palco lo sguardo di noi spettatori. Il modo in cui gli attori interpretano è stupefacente, l’impegno e la passione sono riflessi nelle loro parole. Non possiamo sapere in quale epoca siamo stati portati, ma non importa, poiché quella mostrata è una realtà che vive da sempre e che per sempre vivrà nella vita di ogni individuo. Shen Te viene ricambiata dagli dei con un’ingente somma di denaro grazie alla quale potrà aprire una tabaccheria, ma il compenso è accompagnato dall’arrivo di un branco di opportunisti pronti a tormentarla nonostante le sue buone azioni. Trascorriamo la nostra esistenza a raggiungere un obiettivo che si allontana sempre più e nel frattempo il mondo non sembra essere in grado di riconoscere i nostri sacrifici.

Lo spettacolo è iniziato da poco e già possiamo immedesimarci, non sembra essere così per gli attori: la loro è una recitazione straniante, che sia un uomo nelle vesti di una donna o viceversa non interessa, tant’è vero che la protagonista ha anche il ruolo di un personaggio maschile. Shen Te infatti interpreta allo stesso tempo suo cugino, una figura a lei opposta e inventata per poter sfuggire e cavarsela nei momenti della vita in cui sono in molti a sfoggiare maschere. Ogni singolo particolare della vicenda sembra creare un’unica grande e piacevole immagine umile e forse triste di chi ha un animo buono, il palco adesso è solo un grande schermo e i sentimenti dei protagonisti non sono necessariamente gli stessi di chi li sta interpretando muovendoli come marionette. Una di queste addirittura lascia per pochi minuti la scena, si siede in un angolo e come noi assiste, poi sente il bisogno di narrare e di descrivere comportamenti e sentimenti dei personaggi. L’opera ha carattere didascalico e forse didattico, è una grande metafora della vita.

Shen Te è travolta da poche luci che provano invano a starle vicino ma intorno tutto gira, tutto è buio e non rimane più nessuno, persino l’amore, unica risorsa che abbiamo, la abbandona. Un animo buono non rinuncerebbe mai a rendersi utile per gli altri, la protagonista così è stata lacerata da continue tragedie. Un’ immagine straziante che fa pensare e che quasi commuove ci traghetta verso la fine dello spettacolo. 

La dolente donna è distrutta dal tempo trascorso. Shen Te lo sa, Shen Te ha amato.