Andy Warhol

Recensioni di

 Martina Aluisi e Elisa Pizzini (IV D)

Mostre 2019

Amori, miti e altre storie. Ovidio (Scuderie del Quirinale)

Andy Warhol (Complesso del Vittoriano)

di Marta Remedio e Valentina Brancaccio 4A

Non dimenticarti di me

di Marta Rimedio (4 A)

“Ricordati di ricordare che vivo grazie alla tua memoria, ricordati che l’oblio è la mia più grande paura”.

Così urla il passato e il presente lo ascolta, e se ne prende cura celebrandone l’intramontabile magnificenza, prorogando all’infinito i “15 minuti di celebrità” di artisti immortali. Quest’anno nella Città Eterna riecheggiano i nomi del grande poeta latino Ovidio e dell’iconfondibile Andy Warhol. E in un attimo la distanza tra il classicismo augusteo e la pop art americana si risolve nell’universalità dei sentimenti umani, che ancora oggi, se ascoltati, hanno molto da trasmetterci.

Ma se credi che il passato sia morto, se credi che i classici siano morti, se credi che il mondo greco e latino sia defunto e che non serva a noi; se la tua mente è offuscata da luoghi comuni e pregiudizi, forse allora non andrai alla mostra di Ovidio allestita nelle Scuderie del Quirinale in occasione del suo bimillenario. Se potessi raccontartela, forse cambieresti idea.

Come al giorno d’oggi romanzi e serie di libri vengono trasformati in film e serie tv, questa mostra non è altro che la trasposizione in immagini dei versi del grande poeta della letteratura latina. Cosa meglio dell’arte visiva persuade dolcemente chi la osserva? E le parole che essa ci narra non sono ancor più efficacemente recepite? Chi ha ideato la mostra ha colto a piene mani questo metodo e vi ha costruito la struttura portante per esaltare il suo protagonista. "La poesia rende immortali" scrisse lo stesso Ovidio, ma le immagini la rendono indelebile nell’animo dell’uomo. Un concetto già diffuso tra gli antichi greci come tra i latini, i quali credevano nella potenza delle parole e delle immagini tanto da poter dire “Ut pictura poësis”, “Come nella pittura così nella poesia”. Il poeta greco Simonide descrive la poesia come pittura parlante, e la pittura come poesia muta. Così si sintetizza la straordinaria abilità delle immagini di riuscire a raccontare e ad emozionare al pari delle parole. Ed è stato questo l’impegno di pittori e scultori in un tempo sorprendentemente lontano dall’epoca in cui “Le metamorfosi” sono state scritte e che abbraccia quattro secoli a partire dal Rinascimento. Nella mostra sono state raccolte tutte queste testimonianze per creare un percorso iconografico vasto, ma consequenziale, che risolve il problema di raccontare al grande pubblico un argomento fondamentalmente elitario. È la grande sfida parzialmente vinta dai curatori che si sono fatti carico dell’oneroso e lodevole compito di divulgare la maestosità di un poeta che rischia di sopravvivere solo all’interno dei licei. Qui risiedono i punti di forza e insieme quelli di debolezza: essendo l’organizzatore della mostra un ente pubblico - il Ministero dei Beni culturali - gli standard sono particolarmente alti e per questo il carattere didattico e l’intento di massima fruibilità si scontrano con la forma complessa ed elaborata di una mostra di alto livello. Se ne apprezzano gli aspetti espositivi: il bianco dominante e la semplicità della disposizione conferiscono regale eleganza agli ambienti, che mantengono uno stile classicheggiante. Risulta suggestivo l'incontro tra mondo antico e moderno nella prima stanza, sala filtro e introduttiva, dominata da una struttura circolare, simile a quella di un tempio, che ospita pannelli, dipinti e manoscritti di epoca medievale per raccontare il contesto, la vita, le opere di Ovidio. Da qui lo sguardo si sposta rapido alle luci al neon sulle pareti ideate dall’artista americano Joseph Kosuth, nelle quali leggiamo frasi tratte dall’opera ovidiana, ma tradotte in lingua inglese, in un’installazione dove diventa reale l’azzardato connubio tra passato e presente così come nella Venere della locandina, portatrice di un forte messaggio che svanisce dietro sgargianti colori volutamente pubblicitari.

Se la vista di quegli stessi colori accostati ad una statua marmorea hanno suscitato in te anche solo un docile sentimento di curiosità, allora forse non rimarrai deluso dalla mostra e dal suo percorso iconografico che lentamente guida attraverso Ovidio e il suo contesto, il bagaglio mitologico e la concezione dell'amore, legato a Venere. E forse anche tu ti emozionerai quando vedrai una statua romana specchiarsi nel quadro di Botticelli, quando comprenderai che il timore di Ovidio di essere dimenticato ha superato coraggiosamente tempo, spazio e memoria.

Al Complesso del Vittoriano riecheggiano le aspirazioni del poeta latino Ovidio sotto una veste nuova dal gusto pop. Sempre attuale è l’ossessione per la fama, il ricordo di sé, la realizzazione personale attraverso il riconoscimento della propria grandezza da parte di altri. A 90 anni dalla nascita del grande Andy Warhol questa notorietà sopravvive, universalmente riconosciuta, e viene celebrata a Roma attraverso una mostra monografica che è un'immersione totale nell'America degli Anni ‘80. 

A sedurre l'attenzione del visitatore è l’ambiente dai colori sgargianti che lo trasporta in quello che era l'ambiente creativo del genio, la Silver Factory, luogo di intrighi e misteri, scandali e dissolutezza, ma senza il quale Andy non sarebbe stato tale.  Arte e tecnologia si fondono, tra luci psichedeliche, specchi e polaroid, strumenti con cui Warhol giocava per intrappolare la realtà, eternizzandola, e rendendola immune a qualsiasi mutazione. Lo stesso concept quadrato della polaroid è ricorrente in ogni sua opera, indifferentemente dal supporto o dalla tecnica pittorica. La stessa tecnica da lui adoperata fin dagli albori della carriera, caratterizzata da numerosi lavori pubblicitari, è origine di questa ripetitività, che è l’obiettivo primo della serigrafia. L’ossessivo desiderio di essere conosciuto e riconosciuto lo porta a sviluppare la soluzione al problema del copyright e del plagio, e ad assicurarsi una crescita esponenziale della sua fama e ricchezza: non un’opera originale e 99 copie, ma 100 lavori indistinguibili di pari valore e autenticità. Una mania attraverso la quale riecheggiano gli impulsi di una società capitalista che tende sempre più ad un consumismo deleterio, e che può essere intravisto nella sua produzione artistica, che non è altro che la produzione in serie di una fabbrica, ma pur sempre una fabbrica assolutamente geniale.

Chiunque si avventuri nello spazio espositivo si trova attratto e oniricamente avvolto dalle mille sfaccettature di questo moderno eroe multiforme, e i colori sono quelli della sua anima, i dipinti sono i meandri delle sue memorie, le luci sono i riflettori sotto i quali ha iniziato a brillare. Egli stesso sostiene come ad ognuno spetti infine il proprio quarto d’ora di celebrità, una previsione non troppo distante dalla realtà per un mondo senza filtri e profondamente interconnesso come quello che l’artista geniale intravedeva e dove noi oggi siamo immersi. E anche Warhol ha sperimentato sotto i riflettori i suoi “15 minuti”, estesi per l’eternità.

Ovidio. Amori, miti e altre storie

di Valentina Brancaccio 4A

Alle Scuderie del Quirinale si è svolta la mostra "Ovidio. Amori,miti e altre storie" dal 17 Ottobre 2018 al 20 Gennaio 2019. Una mostra complessa, curata da Francesca Ghedini, per celebrare il bimillenario dalla morte di uno dei poeti più celebri della lirica latina. La mostra è un vero e proprio viaggio tra 250 opere, prese in prestito dai più importanti musei europei come la Galleria degli Uffizi di Firenze, la National Gallery di Londra e il Louvre di Parigi. 

Sono le opere stesse, nella prima parte della mostra,  a parlarci e a raccontare la vita del poeta, del suo difficile rapporto con Augusto, l'imperatore della pax e dei mores, che lo portarono all'indigesto esilio sulle coste del Mar Nero, presso quei popoli barbari che lo tenevano lontano dalla sua unica passione, la poesia. Se i romani in primis rimasero colpiti dal poeta dell'ars amatoria, i posteri non fecero altro che attingere dalle sue opere infiniti spunti che fecero si che la sua risonanza fosse tale che la genialità e la delicatezza del poeta dell'amore arrivassero a noi invariate, come se Ovidio non se ne fosse mai andato, come se duemila anni non fossero mai passati. Infatti sopra ogni opera, nella seconda parte della mostra, vediamo piccoli estratti da una delle opere più celebri del poeta dell'amore "Le Metamorfosi", scritto che ha da sempre affascinato tutti i tempi, dove l'uomo a causa dell’amore, inteso nel senso più ampio del termine, o cade nel buio più profondo, la morte, o perde la propria umanità e si trasforma in un essere irrazionale, un animale. 

Possiamo ammirare opere classiche come l’Atteone sbranato dai cani dal Museo Nazionale Romano ( II sec. a.C), la Disfida tra Apollo e Marsia dalla Centrale Montemartini (II sec. a.C), o più recenti, che testimoniano quanto, soprattutto nel Rinascimento, i miti raccontati da Ovidio furono fonte di ispirazione per molti artisti, come la splendida tempera della Venere Pudica del Botticelli (1485-90) dalla Galleria degli Uffizi, o il  Ratto di Proserpina del Tintoretto dalla Galleria degli Estensi (1541-42). 

Con questa mostra è stata compiuta un'operazione grandissima: la fusione tra arte figurativa e poesia che finalmente si sono congiunte, sotto il nome di Ovidio. Si è riusciti ad esaltare un poeta immortale e ogni visitatore ha potuto perdersi nella "pittura parlante" e nelle magiche atmosfere di una mostra senza tempo.