Così parlò Bellavista

Così parlò Bellavista

recensione di Marianna Putelli 5D

Davanti al sipario chiuso, un taxi giallo che ci rimanda alla scena del film di Luciano De Crescenzo in cui l’ingegner milanese Cazzaniga, nuovo direttore dell’ Alpha Sud, si confronta con il traffico di Napoli in compagnia dell’eccentrico tassista. Ed è proprio con questa scena comica che il regista e interprete Geppy Gleijeses ci presenta il suo riadattamento teatrale di “Così parlò Bellavista”. Si apre il sipario, davanti a noi una scenografia che riproduce il celebre Palazzo dello Spagnolo di Napoli. E’ sul piazzale, dalle finestre, dalle porte d’accesso e tra la scala a doppia rampa che si articolano le ricche scene e i comici dialoghi. Persino tra il pubblico prenderà vita la commedia. L’aria di Napoli si respira tutta al teatro Quirino: eccezionali Nunzia Schiano e Salvatore Misticone, grandi caratteristi napoletani. Tra le risate e le tipiche vicende napoletane, il professor Bellavista (Gleijeses) ci fa riflettere. “Gli uomini si dividono in: uomini di libertà e uomini d’amore. A Napoli siamo uomini d’amore; ci svegliamo tardi al mattino, preferiamo fare il bagno e perderci nei pensieri. A Milano sono uomini di libertà; ci si sveglia presto per lavorare, e si preferisce la doccia per non perder tempo”. E ancora, “amare l’umanità è facile; amare il prossimo è difficile, poiché costituisce una minaccia per la tua libertà”. Il professore, però, confrontandosi nella scena finale con Cazzaniga (Gianluca Ferrato), scopre che a un milanese può anche piacer alzarsi tardi e gustarsi un buon caffè piuttosto che un tipico e nordico tè. Viceversa, un buon panettone artigianale non può esser rifiutato persino da un napoletano. Letteralmente sospesi in ascensore e a lume di candela, viene abbattuto ogni stereotipo. Una commedia brillante, colorata, movimentata ed attuale.