«Non sono sicuro che io esista, in realtà. Sono tutti gli scrittori che ho letto, tutte le persone che ho incontrato, tutte le donne che ho amato; tutte le città che ho visitato, tutti i miei antenati». Così dichiarava Borges in un'intervista a El Pais. Noi la pensiamo allo stesso modo.
È meglio che ogni fibra si spezzi e vinca la furia, e il sangue vivo inzuppi divano, tappeto, pavimento e l’almanacco decorato con serpenti testimone che tu sei a un milione di verdi contee da qui, che sedere muti, con questi spasmi sotto stelle pungenti.
Una poesia è una città piena di strade e tombini piena di santi, eroi, mendicanti, pazzi, piena di banalità e roba da bere, piena di pioggia e di tuono e di periodi di siccità, una poesia è una città in guerra, una poesia è una città che chiede a una pendola perché, una poesia è una città che brucia.
Il mio arrivo nella città di N. è avvenuto puntualmente. eri stato avvertito con una lettera non spedita. Hai fatto in tempo a non venire all'ora prevista. Il treno è arrivato sul terzo binario. È scesa molta gente. L’assenza della mia persona si avviava verso l’uscita tra la folla.
Di nuovo dicendo se non mi insegni non imparerò, di nuovo dicendo anche per le ultime volte c’è un’ultima volta, ultime volte di mendicare, ultime volte di amare, di sapere di non sapere di fingere, un’ultima anche per le ultime volte di dire se non mi ami non sarò amato, se non ti amo non amerò.
Sulla grigia roccia di Cashel vidi improvvisamente una Sfinge con petto di donna e zampe leonine, e un Budda, una mano in riposo, una mano levata a benedire. E proprio in mezzo ai due danzava una fanciulla che, forse, aveva consumato tutta la vita danzando, perché ora, da morta, sembrava che sognasse di danzare.
Non era una melodia, e neppure una non melodia. In un luogo molto lontano, in un luogo assai remoto, costretti a vivere, essi sentirono una risposta a questo suono. Risposta a quel desiderio che ognuno ha nel proprio seno, il senso perduto che appartiene alla ricerca dimenticata.
La quiete, come un vaso cinese ancora perpetuamente si muove nella sua quiete. Non la quiete del violino, fin che dura la nota. Non quella soltanto, ma la coesistenza, o diciamo che la fine precede il principio, e la fine e il principio erano sempre lì prima del principio e dopo la fine. E tutto è sempre ora.
L’importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario, perché di per sé desidera aver successo, invece che fallire. Lo sperare, superiore all’aver paura, non è né passivo come questo sentimento, né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla.
La pallida Angoscia guarda il pesante cancello, e il secondino è Disperazione. Poiché essi affamano il bambinetto spaventato fino a farlo piangere notte e giorno, e battono il debole, e frustano il demente, e sbeffeggiano chi è vecchio e grigio, e alcuni impazziscono, e tutti diventano cattivi e nessuno può dire una parola.
Accade così che mentre tutti i tesori e le magnificenze del mondo non arrivano a divertire questi uomini, una sola parola, una piccola curiosità, l'apparenza di una persona o un'altra piccola cosa, di per sé insignificante, può procurar loro una gioia straordinaria. Un Nerone può divertirsi di queste cose come un bambino.
Un grande temporale per tutto il pomeriggio si è attorcigliato sui tetti prima di rompere in lampi, acqua. Fissavo versi di cemento e di vetro dov’erano grida e piaghe murate e membra anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando ora i tegoli battagliati ora la pagina secca, ascoltavo morire la parola d’un poeta o mutarsi in altra, non per noi più, voce.
Hurbinek era un nulla, un figlio della morte, un figlio di Auschwitz. Dimostrava tre anni circa, nessuno sapeva niente di lui, non sapeva parlare e non aveva nome: quel curioso nome, Hurbinek, gli era stato assegnato da noi, forse da una delle donne, che aveva interpretato con quelle sillabe una delle voci inarticolate che il piccolo ogni tanto emetteva.
E bisogna corrodere. E bisogna confondere. Confondere, soprattutto confondere tutto. Confondere il sonno con la veglia, la finzione con la realtà, la verità con il falso; confondere tutto in una sola nebbia. La beffa che non è corrosiva e convincente, non serve a nulla. Il bambino ride alla tragedia, il vecchio piange alla commedia.
Io sono verticale ma preferirei essere orizzontale. Non sono un albero con radici nel suolo succhiante minerali e amore materno così da poter brillare di foglie a ogni marzo, né sono la beltà di un'aiuola ultradipinta che susciti grida di meraviglia, senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Comprendere significa capire il punto di vista dell’artista. Si è detto che l’arte è figlia del suo tempo. Un’arte simile può solo riprodurre ciò che è già nettamente nell’aria. L’arte che non ha avvenire, che è solo figlia del suo tempo ma non diventerà mai madre del futuro, è un’arte sterile.
Là dove il malato va nella speranza di guarire. Là dove si leva un vento che aiuta la spulatura del grano e nello stesso momento spinge la nave in mare. Dove ognuno dichiara «Solo Dio è realtà». Il Dove oltre il Dove.
I soli nel tramonto rivestono campi, canali e tutta la città d’oro e giacinto; il mondo s’addormenta in una calda luce. Tutto laggiù è solo ordine e bellezza, lusso, calma e voluttà.
Solitario sotto la volta stellata va nella placida mezzanotte. Il fanciullo si sveglia confuso da sogni, il suo volto deperisce grigio nella luna. La pazza piange coi capelli sparsi alla finestra, di sbarre piena. Allo stagno, in dolce tragitto assai splendidi passano amanti.
Ti sto davanti, e non capisco. Sono della tua carne e del tuo sangue, ma non capisco. Sei venuta al mondo e non ti sei curata di sapere cos’è il mondo. Arrivi alla fine della vita e il mondo, per te, è ancora quel che era quando nascesti: un interrogativo, un mistero inaccessibile.