Vennero dal mare su navi nere. Su navi di pece. Su navi di legno e funi verdi.
Dalle alture li videro, dalle alture dettero l’allarme. Risuonarono i corni.
Dalle porte uscirono con carri e cavalli, con lance e scudi.
Vennero gli stranieri dalle navi. Numerosi come insetti alati.
Le spiagge pescose di pesci divennero rosse.
Un uomo li guidava e il suo nome era rosso; come il sole al meriggio era il suo nome.
Aprì la bocca e la sua voce era la risacca; la sua voce era il suono dell’acqua graffiata.
L’uomo non era uomo e il sole non calava su di lui.
E la città si empì di sgomento quando il tempo giunse degli usci non più serrati
e delle pecore sperdute sui dirupi
Il tempo dei guerrieri insepolti e dei telai inoperosi
E nel sepolcro, lì ove sorgeva la città delle palme e delle lettere incise
città del bisso e del cartamo,
l’uomo che non era uomo affondò le mani nere nella nera sabbia
Come chirurgo sapiente nella carne della terra le affondò
E il tumore della terra era un’infante
Non la lama non i calzari delle armi in fuga non lo zoccolo duro del cavallo non il fango arrossato
l’avevano vinta protetta nell’utero di terra.
E l’uomo che non era uomo la prese con sé, figlia del giorno nuovo.
Rosso era il suo corpo e rossi i suoi capelli
e l’uomo che non era uomo le insegnò le vie degli astri e delle sfere celesti,
il volo degli uccelli e le lingue dell’uomo
e le incise il corpo di segni che ella non sapeva intendere.
Quando il tempo venne e il ciclo del mondo si chiuse
giunsero gli stranieri del mare, lì dove la costa cede alla roccia degli uomini
E l’uomo che non era uomo urlò ma le sue parole erano vecchie come l’acqua stagnante
stanca la sua carne e smussata la lama
e la marea si infranse e l’uomo che non era uomo guardò a oriente
E la donna rossa dalla scogliera gli sorrise, cullando in grembo il suo bambino.
Ghost