«La poesia – scriveva Charles Bukowski – dice troppo in poco tempo; la prosa dice poco e ci mette un bel po’». In questo ‘troppo’ è contenuta l’essenza dell’arte poetica: il senso della parola come scaturigine di significato, come simbolo che dischiude dimensioni arcane e che connette il lettore all’autore, in modi che quest’ultimo non aveva nemmeno preventivato – come ci ha insegnato Giorgio Manganelli – in una connessione che trascende tempi e luoghi e svela, in un istante, tanto quanto dura la percezione, tutta la verità del mondo. Scrivendo nel 1946, sulle macerie di una Germania che aveva scelto la via dell’abisso, Martin Heidegger – che dell’abisso in parte aveva scorto qualcosa – si chiedeva quale ruolo potessero ancora avere i poeti «nel destino della notte del mondo». I suoi erano tempi indigenti, e lo sono anche i nostri. Prevale la superiorità dell’elenco, dell’enumerazione, della giustapposizione. L’essenza sfugge. Quale compito rimarrà alla nostra società, alla nostra scuola se non siamo in grado di generare e accudire nuovi poeti? Per due anni consecutivi – nel 2018 e nel 2019 –, la giovanissima Cloe Buralli, iscritta attualmente al quarto anno del Liceo Classico, si è classificata al secondo posto nel concorso nazionale Il Fiore, patrocinato dal Comune di Chiesina Uzzanese, ultimo di una cospicua serie di successi. La premiazione è avvenuta lo scorso due agosto e come spesso accade ai poeti la sua voce non ha urlato, ha semplicemente sussurrato e in molti non l’hanno udita.
Dopo aver raggiunto il primo posto nel concorso Lord Byron ed essere stata premiata nella categoria giovani promesse del premio Michelangelo, il 14 dicembre Cloe ha vinto per il nostro liceo, con la poesia Ossimoro, il primo premio del concorso nazionale di poesia Maria Maddalena Morelli, nella sezione Scuole Superiori. La giuria, composta da italianisti e scrittori, e presieduta da Matteo Mazzone ha elogiato lo stile personale e maturo, nonostante la giovane età, di Cloe, ormai veterana di concorsi letterari, e soprattutto la sua capacità di dialogare con i modelli classici, evidenti nelle sue composizioni, senza tuttavia cedere alla tentazione di un gusto antiquario. Il premio, alla sua terza edizione, è stato istituito nel 2017, quando Pistoia era capitale della cultura italiana. Prende il nome dalla poetessa di corte Maria Maddalena Morelli, membro dell’Accademia dell’Arcadia, stimata da Metastasio e da Madame de Staël, che si ispirò a lei per la sua Corinne. Una donna, la Morelli, protagonista della vita culturale e mondana dell’Italia illuminista che come molte altre donne è ingiustamente finita nell’oblio. Tanto più significativo, allora, che il premio in sua memoria sia stato vinto da una donna. Se viene meno la visione poetica, lo sguardo penetrante e sincero, lo sguardo che tutto comprende; se viene meno il misticismo sacrale della parola, allora tutto è perduto e la notte del mondo è inevitabile. Cosa sono, in fondo, le poesie se non «Fiori di giardini interiori, di arcani sentieri, che sboccano ai Campi Elisi o, forse, al crepuscolo dell'universo» (Cloe Buralli)?
GS