Le parole si muovono, la musica si muove
Solo nel tempo; ma ciò che soltanto vive
Può soltanto morire. Le parole, dopo il discorso, giungono
Al silenzio. Solo per mezzo della forma, della trama,
Posson parole o musica raggiungere
La quiete, come un vaso cinese ancora
Perpetuamente si muove nella sua quiete.
Non la quiete del violino, fin che dura la nota.
Non quella soltanto, ma la coesistenza,
O diciamo che la fine precede il principio,
E la fine e il principio erano sempre lì
Prima del principio e dopo la fine.
E tutto è sempre ora. Le parole si sforzano
Si fendono e talora si spezzono, sotto il peso,
Per la tensione, incespicano, scivolano, si guastano,
Marciscono per imprecisione, non vogliono restare a posto,
Non vogliono star ferme. Voci stridule
Che sgridano, deridono, o soltanto chiaccherano,
Sempre le assalgono. Il Verbo nel deserto
È soprattutto attaccato da voci di tentazione,
L’ombra piangente nella danza funebre,
L’alto lamento della chimera sconsolata.
L’intrico della trama è movimento,
Come nella figura delle dieci scale.
Lo stesso desiderio è movimento,
Per se stesso non desiderabile;
L’amore è per se stesso immobile,
Soltanto causa e fine del movimento,
Fuori del tempo, e senza desiderio
Tranne che nell’aspetto del tempo
Rappreso in forma di limite
Tra l’essere e il non essere.
Improvviso in un raggio di sole
Mentre ancora la polvere muove
Ecco s’alza il riso nascosto
Di bimbi in mezzo alle foglie
Su, presto, qui, ora, sempre…
Ridicolo, squallido il tempo
Che prima e dopo si stende.
Thomas Stearns Eliot, Quattro quartetti