Il violinista pazzo

Non fluì dalla strada del nord

né dalla via del sud

la sua musica selvaggia per la prima volta

nel villaggio quel giorno.

Egli apparve all'improvviso nel sentiero,

tutti uscirono ad ascoltarlo,

all'improvviso se ne andò, e invano

sperarono di rivederlo.

La sua strana musica infuse

in ogni cuore un desiderio di libertà.

Non era una melodia,

e neppure una non melodia.

In un luogo molto lontano,

in un luogo assai remoto,

costretti a vivere, essi

sentirono una risposta a questo suono.

Risposta a quel desiderio

che ognuno ha nel proprio seno,

il senso perduto che appartiene

alla ricerca dimenticata.

La sposa felice capì

d’ essere malmaritata,

L’ appassionato e contento amante

si stancò di amare ancora,

la fanciulla e il ragazzo furono felici

d’ aver solo sognato,

i cuori solitari che erano tristi

si sentirono meno soli in qualche luogo.

In ogni anima sbocciava il fiore

che al tatto lascia polvere senza terra,

la prima ora dell’ anima gemella,

quella parte che ci completa,

l’ ombra che viene a benedire

dalle inespresse profondità lambite

la luminosa inquietudine

migliore del riposo.

Così come venne andò via.

Lo sentirono come un mezzo-essere.

Poi, dolcemente, si confuse

con il silenzio e il ricordo.

Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,

morì la loro estatica speranza,

e poco dopo dimenticarono

che era passato.

Tuttavia, quando la tristezza di vivere,

poiché la vita non è voluta,

ritorna nell'ora dei sogni,

col senso della sua freddezza,

improvvisamente ciascuno ricorda –

risplendente come la luna nuova

dove il sogno-vita diventa cenere –

la melodia del violinista pazzo.

Fernando Pessoa, Il violinista pazzo