Nerone

Lo spirito vuole costantemente erompere ma non trova un passaggio, egli lo tradisce costantemente e gli vuole offrire invece la sazietà del piacere. Allora lo spirito s'addensa in lui come una nube oscura, l'ira cova nel suo spirito e diventa un'angoscia che non cessa nemmeno nell'istante del piacere. Ecco, per questo il suo occhio è così cupo che nessuno può sopportarne la vista, il suo sguardo tanto lampeggiante che spaventa, perché dietro all'occhio sta in agguato l'anima come una oscurità. Questo è il famoso sguardo da imperatore, e tutto il mondo trema davanti a esso; eppure il suo essere più intimo è angoscia. Un fanciullo che lo guardi in modo diverso dal solito, un'occhiata casuale lo terrorizzano; si sente come stregato. Lo spirito in lui vuole erompere, vuole che egli possieda se stesso nella sua coscienza, ma egli non può, e lo spirito è scacciato indietro e una nuova tempesta d'ira s'accumula in lui. Egli non possiede se stesso, solo quando il mondo trema davanti a lui egli diventa tranquillo, perché solo allora non vi è nessuno che ardisca affrontarlo. Di qui quel terrore degli uomini che Nerone ha in comune con ogni personalità a lui simile. Egli è come ossessionato, non è libero in sé, perciò è come se ogni sguardo lo volesse incatenare. Egli, l'imperatore di Roma, teme lo sguardo del più misero schiavo. Quando uno sguardo come quello lo incontra, il suo occhio divora l'uomo che ardisce guardarlo così. I miserabili che gli stanno attorno comprendono questo sguardo selvaggio e quell'uomo sparisce. Nerone non ha alcun assassinio sulla coscienza, ma il suo spirito una nuova angoscia. Solo nell'istante del piacere egli trova distrazione. Incendia mezza Roma, ma il suo tormento rimane. Presto queste cose non lo divertono più. Vi è un piacere ancora più alto, quello di terrorizzare la gente. Egli è misterioso a se stesso, e il suo essere è terrore. Da ciò il suo imperiale sorriso che nessuno sa comprendere. Si avvicinano al suo trono; egli sorride cortese, eppure un orribile terrore si impadronisce di loro, forse questo sorriso stesso è la loro condanna a morte, forse il pavimento si aprirà sotto i loro piedi e precipiteranno nell'abisso. Una donna si avvicina al suo trono, egli le sorride clemente; eppure essa diviene quasi impotente dal terrore, forse con questo sorriso egli l'ha scelta come vittima del suo piacere. E questo terrore lo diverte. Egli non vuole impressionare colla sua grandezza, vuole terrorizzare. Non procede altero in tutta la sua imperiale dignità: debole, impotente, avanza furtivo, poiché questa impotenza inquieta ancora più. Somiglia a un moribondo, il suo respiro è affannoso, eppure è l'imperatore di Roma, e tiene le vite umane nelle sue mani. Il suo animo è sfinito, solo le facezie e i giochi di spirito sono in grado di dargli per un attimo un po' di vita. Ogni cosa si svuota di senso, eppure non sopporta il silenzio. Egli avrebbe permesso che un bambino fosse trucidato davanti agli occhi della madre, per vedere se essa, colla sua disperazione, riuscisse a dare una nuova espressione al dolore. Questo lo divertiva. Se non fosse stato l'imperatore di Roma avrebbe forse finito la sua vita nel suicidio, poiché, quando un uomo si toglie la vita, in verità è assai simile a Caligola, il quale desiderava che tutte le teste degli uomini stessero su di un collo solo per poter distruggere contemporaneamente l'intero mondo.

Se sia stato così anche per Nerone non so, ma a volte in queste persone si trova una certa bonomia, e, qualora Nerone l'avesse avuta, non dubito che quanti lo circondavano saranno stati pronti a chiamarla amabilità. Questo è un fatto ben strano, ma esprime un nuovo e caratteristico aspetto della malinconia, che sorge quando lo spirito non riesce a erompere. Accade così che mentre tutti i tesori e le magnificenze del mondo non arrivano a divertire questi uomini, una sola parola, una piccola curiosità, l'apparenza di una persona o un'altra piccola cosa, di per sé insignificante, può procurar loro una gioia straordinaria. Un Nerone può divertirsi di queste cose come un bambino. Come un bambino, questa è proprio l'espressione esatta, perché è qui che si mostra inalterata, inspiegata, tutta l'mmediatezza del bambino. Una personalità completa non può divertirsi così, poiché anche se ha mantenuto in sé l'infantilità, ha cessato di essere un bambino. Perciò Nerone, di solito, è un vecchio; qualche rara volta un bambino.

Søren Kierkegaard , Enten-Eller