Imparare a sperare

L’importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario, perché di per sé desidera aver successo, invece che fallire. Lo sperare, superiore all’aver paura, non è né passivo come questo sentimento, né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L’affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all’esterno può essere loro alleato. Il lavoro di quest’affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono. Non tollera una vita da cani, che si senta solo passivamente gettata in un’esistenza non capita nei suoi intenti o addirittura riconosciuta per miserabile. Il lavoro contro la paura della vita e le mene del terrore è lavoro contro coloro che impauriscono e terrorizzano, in gran parte additabilissimi, e cerca nel mondo stesso quel che può aiutare il mondo; e lo si può trovare. Quali grandi sogni si sono sempre fatti in proposito! Sogni di una vita migliore, che sarebbe possibile. La vita di tutti gli uomini è attraversata da sogni a occhi aperti, una parte dei quali è solo fuga insipida, anche snervante, anche bottino per imbroglioni; ma non permette che si faccia i rinunciatari. Quest’altra parte ha nel suo nocciolo la speranza, ed è insegnabile. Può essere ricavata dagli sregolati sogni a occhi aperti e anche dal loro astuto abuso; può essere attivata senza cortine fumogene. Non c’è mai stato uomo che abbia vissuto senza questi sogni […]. Pensare significa oltrepassare.

Ernst Bloch, Il principio speranza, 1954/9