Un maestro di vita, un coerente comunista italiano
Questo è stato Carlo Santagostino per me e per la mia generazione.
Ricordo, ancora oggi, come iniziò la nostra amicizia.
Io ero, giovane ventenne, reduce da una delusione politica per un incarico, affidatomi dal partito, per il quale avevo lavorato duramente e che a mio parere non era stato adeguatamente apprezzato e quindi avevo deciso di abbandonare la militanza professionale, appena iniziata, dimettendomi dall’apparato della Federazione giovanile.
Carlo, quella sera, terminata la riunione nella quale io mi ero dimesso dal mio incarico di segretario dei giovani, mi caricò in auto ed iniziammo a discutere e ragionare, girando per la città, sul futuro dell’Italia, sulla nostra città, sul Partito, sul suo rinnovamento, che stava iniziando anche nel Partito vigevanese e del quale Carlo stava diventando un protagonista.
Mi convinse che io e gli altri giovani compagni che con me erano entrati nel PCI non potevamo sottrarci ad un processo che avrebbe portato, come allora si diceva, “ad un livello più avanzato la democrazia in Italia”
Da quella notte è iniziato, con lui, un rapporto che , per oltre 50 anni, con lunghi periodi di frequentazione quotidiana, ritengo di poter definire di tipo filiale e che ha sempre influito sulle mie scelte di vita.
Da qui iniziò il rapporto che Carlo seppe instaurare con tutti noi giovani militanti, di fronte alle difficoltà e agli snodi politici di quegli anni noi ci domandavamo sempre:
“Carlo cosa ne pensa, Carlo cosa ne dice, Carlo come la vede”. Lui fu sempre, per noi, per lunghi anni, una fonte sicura d’ispirazione, e di forte orientamento politico e morale.
Tutto questo in un processo politico di rinnovamento del partito che non fu sempre lineare e senza battaglie.
Ricordo che quando Luigi Bertone, che era stato il sindaco emblema del rinnovamento politico amministrativo della città, si dimise, e Carlo ne era il naturale successore, ci fu una consultazione e un voto di tutte le sezioni, allora ben 7, delle sezioni cittadine del PCI, e non fu un voto scontato, non dimentichiamo che il voto amministrativo del 1980, penalizzò, in parte, il partito che aveva fatto alcune scelte, in particolare nel PRG, non completamente comprese dalla città.
Ma quella battaglia, che vide Carlo oggettivamente protagonista, e che segnò un ulteriore avanzamento del processo di democratizzazione del partito, fu vinta e si continuò nel lavoro di modernizzazione della città (realizzazione del parco Parri, primi concreti atti amministrativi sul castello, attuazione del PRG di Campos Venuti).
Ma voglio ricordare quello che ritengo sia stato l’ultimo fecondo periodo che Carlo ha dato alla nostra città.
Quando, convinto anche da lui a candidarmi a sindaco, barattai la mia disponibilità a candidarmi con il suo impegno ad aiutarmi ad affrontare questo oneroso impegno.
Anche in questa occasione non mancò il suo prezioso consiglio, che rimane ancora oggi una valida indicazione per ogni amministratore: “nei 5 anni di una consigliatura ti puoi porre, al massimo 2 o 3 obiettivi strategici, devi averli ben chiari e ti devi impegnare e concentrare su quelli, senza farti distrarre e soffocare dalla miriade di impegni quotidiani che un sindaco si trova ad affrontare”.
Questo fu il metodo di lavoro che adottammo e infatti affrontammo il risanamento del quartiere URSUS che era irrisolto da 11 anni, terminammo il restauro integrale del teatro CAGNONI, terminammo l’impianto sportivo di SANTA MARIA, ma soprattutto restituimmo alla città la piena fruizione del CASTELLO con l’apertura del cortile, l’apertura delle scuderie, l’apertura della strada coperta e della strada sotterranea e la piena funzionalità della cavallerizza che divenne una grande sala pubblica a disposizione della città.
Tutto questo fu reso possibile dall’ ACCORDO DI PROGRAMMA sul castello fra il comune, la regione e lo stato.
Quel documento politico amministrativo è, ancora oggi, a distanza di oltre 25 anni, la “pietra angolare” che regola i rapporti tra il comune e lo stato sul castello.
Il regista primo di quell’operazione, che la città aveva perseguito, per anni senza successo, fu Carlo Santagostino, che, senza alcun onere per l’amministrazione, mise a disposizione le sue competenze professionali con dedizione, impegno e fatica unicamente come “atto d’amore e di servizio” per la sua città.
Una città troppo spesso ingrata, che non sa riconoscere, comprendere e valorizzare il lavoro che suoi figli illustri hanno compiuto.
Negli ultimi anni Carlo, pur sofferente per la sua malattia, si è dedicato a quello che è sempre stato un suo impegno primario: parlare con i giovani, tenere lezioni sulla nostra amata carta costituzionale, forgiare cittadini consapevoli dei valori della democrazia e della libertà, onorando così tutto l’impegno della sua vita.
Quando ci lasciano persone come Carlo Santagostino si dice che diventiamo tutti spiritualmente più poveri, che subiamo una grave perdita, è certamente vero, ma per quanto mi riguarda e per quanto Carlo ha rappresentato nella mia vita io mi sento anche un po' orfano.
Grazie di tutto Carlo.
Valerio Bonecchi