Sul nostro canale YouTube è disponibile una sintesi in video dell'intervento di Massimo Balzarini sui quesiti referendari. Clicca sul video per vederlo.
L’8 e il 9 giugno 2025, le cittadine e i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su cinque quesiti referendari di grande rilevanza sociale: quattro riguardano il lavoro, uno la cittadinanza. Promossi da sindacati e associazioni, questi referendum mirano a modificare normative che incidono sulla tutela dei lavoratori e sul riconoscimento della cittadinanza italiana.
Affinché la consultazione referendaria abbia valore e possa produrre effetti concreti, è essenziale raggiungere il quorum. Ma cosa significa, esattamente? Il quorum è il numero minimo di votanti necessario per rendere valido il referendum: affinché il risultato sia vincolante, è indispensabile che almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto si rechino alle urne. Se questa soglia non viene raggiunta, il referendum decade e non potrà determinare alcuna modifica legislativa.
Partecipare al voto non è solo un diritto, ma anche un dovere civico. Ogni referendum rappresenta un’opportunità per i cittadini di incidere direttamente sulle leggi che regolano la vita del Paese. In questo caso, si parla di temi cruciali come la sicurezza sul lavoro, la stabilità occupazionale, i diritti dei lavoratori e l’accesso alla cittadinanza italiana. Lasciare che il quorum non venga raggiunto significa rinunciare alla possibilità di migliorare le condizioni lavorative e sociali di milioni di persone.
Per questo, è fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della partecipazione. Nell’ambito delle iniziative del circolo PD di Vigevano, abbiamo realizzato un incontro informativo online con Massimo Balzarini, referente CGIL Vigevano per i referendum, che ha illustrato nel dettaglio i quesiti referendari e spiegato perché è essenziale recarsi alle urne e votare 5 sì per abrogare le leggi e i decreti oggetto dei quesiti referendari. Un estratto degli interventi di Massimo Balzarini durante l’incontro informativo svoltosi online il 13 maggio è visibile sul nostro canale YouTube al link inserito nell’articolo. Un’occasione preziosa per approfondire le ragioni alla base della consultazione e comprendere l’impatto concreto che le modifiche proposte potrebbero avere sulla vita di milioni di lavoratrici e lavoratori.
L’8 e il 9 giugno, recarsi alle urne non sarà solo un gesto di democrazia, ma un atto concreto per determinare il futuro dei diritti e delle tutele nel nostro Paese.
QUALI SONO I REFERENDUM e PERCHE’ VOTARE SI’ PER L’ABROGAZIONE PROPOSTA DA CIASCUN QUESITO REFERENDARIO
I REFERENDUM SUL LAVORO
1. STOP AI LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI - Scheda verde.
Referendum sul lavoro: un passo verso la tutela dei lavoratori
Il primo dei quattro referendum sul lavoro si concentra su un tema importante per milioni di lavoratori e lavoratrici in Italia: l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti prevista dal contratto a tutele crescenti del Jobs Act.
Introdotta nel 2015, questa norma stabilisce che, nelle imprese con più di 15 dipendenti, i lavoratori assunti dal 7 marzo di quell’anno in poi non possano ottenere il reintegro nel proprio posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo. In altre parole, anche qualora un giudice dovesse dichiarare ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto di lavoro, il dipendente non avrebbe diritto a tornare alla propria occupazione, subendo così una grave penalizzazione.
Ad oggi, sono oltre 3 milioni e 500mila i lavoratori interessati da questa normativa, un numero destinato a crescere nei prossimi anni. La sua abrogazione rappresenterebbe un cambiamento significativo nel panorama giuridico del lavoro, riportando maggiore equità e garantendo una reale protezione contro i licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo.
La questione solleva un importante dibattito sul diritto al lavoro e sulla necessità di tutelare i lavoratori da decisioni arbitrarie. Eliminare questa norma equivarrebbe a riaffermare un principio fondamentale: chi viene licenziato ingiustamente deve avere la possibilità di essere reintegrato, riconoscendo la dignità e la sicurezza professionale di ogni lavoratore.
L’abrogazione proposta mira a ripristinare una tutela essenziale, evitando che migliaia di persone vedano compromessa la propria stabilità lavorativa senza una reale possibilità di difesa. È un momento decisivo per ridefinire i diritti occupazionali e rafforzare la giustizia sociale nel mondo del lavoro.
Resteranno invece in vigore le tutele per il reintegro nei casi di licenziamento discriminatorio, come quelli motivati da opinioni politiche o religiose, quelli effettuati durante la maternità, quelli comunicati oralmente e in alcune specifiche situazioni di licenziamento disciplinare ingiustificato.
2. PIÙ TUTELE PER LE LAVORATRICI E I LAVORATORI DELLE PICCOLE IMPRESE -Scheda arancione
Referendum sul lavoro: verso una maggiore tutela per i lavoratori delle piccole imprese
Tra i quattro quesiti referendari sul lavoro, il secondo affronta un'altra questione importante per milioni di lavoratrici e lavoratori italiani: la cancellazione del tetto massimo all’indennizzo per i licenziamenti nelle piccole imprese.
Attualmente, nelle aziende con meno di 16 dipendenti, chi subisce un licenziamento illegittimo può ottenere, al massimo, sei mensilità di risarcimento, anche se un giudice ritiene infondata la decisione del datore di lavoro. Questo limite rappresenta una condizione di forte precarietà per circa 3 milioni e 700mila dipendenti, che si trovano in una posizione di vulnerabilità senza un’adeguata tutela economica in caso di licenziamento ingiustificato.
L’obiettivo della proposta referendaria è eliminare il tetto massimo di sei mensilità, affidando ai giudici la possibilità di determinare il risarcimento in base alla gravità del caso, senza restrizioni. In questo modo, si garantirebbe una maggiore equità, riconoscendo il diritto a un indennizzo proporzionato alla perdita occupazionale e alle conseguenze subite.
Il referendum solleva un dibattito fondamentale sulla sicurezza lavorativa nelle piccole imprese, ponendo l’accento sulla necessità di proteggere i lavoratori da decisioni unilaterali che possono incidere profondamente sulla loro stabilità economica e professionale. L’eliminazione del tetto all’indennità rappresenterebbe un passo avanti verso una normativa più giusta e attenta alle esigenze di chi, ogni giorno, contribuisce alla crescita del tessuto produttivo nazionale.
Attraverso questa modifica, si rafforzerebbero le garanzie per i lavoratori, riducendo le disparità rispetto alle imprese di maggiori dimensioni e assicurando una tutela reale contro i licenziamenti arbitrari. Un’opportunità per ripensare le politiche occupazionali, restituendo dignità e sicurezza a chi lavora.
3. RIDUZIONE DEL LAVORO PRECARIO - Scheda grigia
Referendum sul lavoro: un passo contro la precarietà
Il terzo quesito referendario si concentra su un problema che incide profondamente sulla stabilità lavorativa di milioni di persone: l’utilizzo dei contratti a termine senza una giustificazione oggettiva.
Attualmente, in Italia, circa 2 milioni e 300mila lavoratori sono impiegati con contratti a tempo determinato. La normativa vigente consente l’instaurazione di questi rapporti per una durata massima di 12 mesi, senza necessità di indicare una motivazione specifica che giustifichi la temporaneità dell’impiego. Questo sistema ha alimentato una condizione di precarietà diffusa, limitando la possibilità di costruire una carriera stabile e programmare il proprio futuro con sicurezza.
La proposta referendaria mira a ripristinare l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato. Questo significa che un datore di lavoro, per assumere con questa formula, dovrà dimostrare l’effettiva necessità di un impiego temporaneo, garantendo così maggiore trasparenza e impedendo l’abuso di contratti a termine per mansioni che potrebbero essere svolte in modo continuativo.
L’introduzione di vincoli più stringenti nell’utilizzo di questi contratti rappresenterebbe un cambiamento significativo nel mercato del lavoro, favorendo la creazione di occupazioni più stabili e riducendo l’incertezza per milioni di lavoratori. L’obiettivo è restituire dignità e sicurezza a chi lavora, contrastando il fenomeno del precariato e promuovendo un sistema occupazionale più equo e sostenibile.
Garantire contratti di lavoro basati su reali esigenze aziendali e non su mere strategie di flessibilità potrebbe essere il primo passo verso un miglioramento complessivo delle condizioni lavorative in Italia, rafforzando i diritti di chi, ogni giorno, contribuisce alla crescita economica e sociale del Paese.
4. PIÙ SICUREZZA SUL LAVORO - Scheda rosso rubino
Referendum sul lavoro: più sicurezza per i lavoratori
Il quarto quesito referendario affronta un tema di drammatica attualità: la sicurezza sul lavoro. In Italia, ogni anno, vengono denunciate fino a 500mila situazioni di infortunio sul luogo di lavoro, con quasi 1000 vittime—una media inquietante di tre morti al giorno.
L’iniziativa referendaria punta a modificare la normativa vigente, che oggi impedisce di estendere la responsabilità all’impresa appaltante in caso di infortunio nei contratti di appalto. Attualmente, molte aziende ricorrono a imprese appaltatrici prive di solidità finanziaria e, spesso, non in regola con le norme di sicurezza, con il rischio di esporre i lavoratori a gravi pericoli.
L’obiettivo è garantire un maggiore controllo, intervenendo su una legislazione che oggi consente il ricorso ad appaltatori con scarse garanzie per la sicurezza dei propri dipendenti. Abrogando le norme esistenti, si estenderebbe la responsabilità all’imprenditore committente, che non potrebbe più sottrarsi alle sue obbligazioni in caso di incidenti sul lavoro.
Questa modifica rappresenterebbe un significativo passo avanti nella tutela dei lavoratori, riducendo i rischi legati agli appalti e responsabilizzando maggiormente le aziende. In un contesto in cui le morti e gli infortuni sul lavoro continuano a essere numeri drammaticamente elevati, è necessario ripensare il sistema di garanzie e adottare misure concrete per prevenire tragedie evitabili.
La sicurezza non può essere un optional, e questo referendum offre l’opportunità di ridefinire le regole per proteggere chi lavora ogni giorno, contribuendo alla crescita del Paese con il proprio impegno e la propria professionalità.
REFERENDUM CITTADINANZA ITALIANA
5. PIÙ INTEGRAZIONE CON LA CITTADINANZA ITALIANA - Scheda gialla
Referendum sulla cittadinanza: verso una maggiore inclusione
Il quinto quesito referendario propone una modifica significativa alla normativa sulla concessione della cittadinanza italiana, riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale necessario per avanzare la richiesta. Questa proposta ripristina un requisito in vigore dal 1865 fino al 1992, andando a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992, che ha innalzato il termine di soggiorno ininterrotto richiesto ai cittadini stranieri maggiorenni.
Importante sottolineare che il referendum non interviene sugli altri requisiti previsti per ottenere la cittadinanza: restano necessari la conoscenza della lingua italiana, il possesso di un reddito adeguato negli ultimi anni, l’assenza di precedenti penali, l’adempimento degli obblighi fiscali e la conformità alle norme sulla sicurezza della Repubblica.
Questa modifica potrebbe rappresentare una svolta fondamentale per circa 2 milioni e 500mila persone di origine straniera che, pur essendo nate, cresciute, residenti e attive nel tessuto sociale e lavorativo italiano, devono attendere un periodo prolungato prima di poter ottenere il riconoscimento della cittadinanza.
La proposta si inserisce in un dibattito più ampio sulla necessità di allineare l’Italia agli standard dei principali Paesi europei, dove politiche più inclusive hanno dimostrato di favorire diritti, tutele e opportunità per tutti i cittadini. Garantire un accesso più equo alla cittadinanza significa rafforzare l’integrazione sociale e valorizzare il contributo di chi vive e lavora nel Paese, contribuendo alla sua crescita economica e culturale.
Il referendum offre l’opportunità di ripensare le politiche di cittadinanza con una prospettiva moderna, civile e inclusiva, rispondendo alle esigenze di una società in continua evoluzione e promuovendo un modello di comunità più aperto e solidale.