In un tempo in cui la politica sembra sempre più un esercizio di slogan e promesse elettorali che non si concretizzano neanche a lungo termine, Vigevano diventa il simbolo di un modello amministrativo che ignora il confronto e soffoca la partecipazione. Qui, il Consiglio comunale è diventato il teatro di una strategia che privilegia il potere sulla collaborazione, il silenzio sull’ascolto, e la propaganda sulla concretezza.
Negli ultimi anni, le forze di opposizione – PD, Polo Laico e Movimento 5 Stelle – hanno presentato numerose mozioni su temi cruciali come sicurezza urbana, trasparenza amministrativa e lotta alle infiltrazioni mafiose. Tutte sistematicamente bocciate dalla maggioranza, spesso senza nemmeno una discussione. Un esempio emblematico? La mozione urgente per chiedere un presidio fisso delle forze dell’ordine al Pronto Soccorso, respinta nonostante i ripetuti episodi di violenza.
La logica sembra chiara: dire “no” a prescindere, non per il merito delle proposte, ma per la provenienza politica. Nessuna buona idea può venire dalla minoranza. Ma è davvero questa la democrazia? O è solo una strategia per blindare il potere e impedire che altri possano contribuire al bene comune?
La sicurezza è stata il cavallo di battaglia della destra vigevanese, al governo da oltre 25 anni. Eppure, le promesse elettorali si sono dissolte nel tempo. Le zone intorno alla stazione e al Pronto Soccorso continuano a essere luoghi di degrado e pericolo, mentre i progetti di riqualificazione e inclusione sociale sono rimasti sulla carta.
Anche su altri fronti, come la gestione delle aziende partecipate e la pianificazione urbanistica, la maggioranza ha preferito soluzioni imposte dall’alto, ignorando cittadini e categorie produttive.
In netto contrasto con questa chiusura, il Partito Democratico e le altre forze di opposizione hanno scelto un percorso diverso: quello della politica partecipata. Un modello che mette al centro il cittadino, il confronto e la costruzione condivisa delle soluzioni.
Ecco alcuni risultati concreti:
Unità politica e programma condiviso: incontri mensili aperti ai cittadini per raccogliere idee e costruire insieme un programma amministrativo.
Mobilitazione civica: cortei e manifestazioni con centinaia di partecipanti, oltre 350 firme raccolte per chiedere le dimissioni della giunta.
Coinvolgimento dei giovani: attraverso i “Pensatoi” e le assemblee tematiche, i giovani sono stati protagonisti nel discutere sicurezza, decoro urbano e spazi di aggregazione.
Dibattito pubblico su temi chiave: salute, ambiente, cultura e servizi sono stati al centro di incontri aperti e partecipati.
Iniziative come i “Vigevano Partecipa Days”, organizzati in sinergia con Polo Laico e Movimento 5 Stelle, hanno dimostrato che un altro modo di fare politica è possibile. Un modo che parte dal basso, che ascolta, che costruisce.
Il caso Vigevano ci insegna che una politica basata sul comando e sugli slogan produce solo consenso effimero. Al contrario, una politica partecipata, fondata sul dialogo e sulla corresponsabilità, è l’unica via per affrontare davvero le sfide della città.
Vigevano ha bisogno di una svolta. Meno slogan, più ascolto. Meno propaganda, più partecipazione. Solo così la politica può tornare a essere credibile, efficace e capace di trasformare le promesse in fatti.