In un tempo in cui la politica sembra sempre più un esercizio di slogan e promesse elettorali che non si concretizzano neanche a lungo termine, Vigevano diventa il simbolo di un modello amministrativo che ignora il confronto e soffoca la partecipazione. Qui, il Consiglio comunale è diventato il teatro di una strategia che privilegia il potere sulla collaborazione, il silenzio sull’ascolto, e la propaganda sulla concretezza.
Negli ultimi anni, i consiglieri PD spesso in sinergia con le forze di opposizione – Polo Laico e Movimento 5 Stelle – hanno presentato numerose mozioni su temi cruciali come sicurezza urbana, trasparenza amministrativa e lotta alle infiltrazioni mafiose. Tutte sistematicamente bocciate dalla maggioranza, spesso senza nemmeno una discussione. Un esempio emblematico? La mozione urgente per chiedere un presidio fisso delle forze dell’ordine al Pronto Soccorso, respinta ancor prima di essere discussa nonostante i precedenti fatti di cronaca. Un altro esempio? In Consiglio Comunale a fine settembre, i consiglieri del Partito Democratico hanno presentato una mozione semplice e giusta: garantire un salario minimo dignitoso alle lavoratrici e ai lavoratori impiegati negli appalti del Comune. Non si parlava di cifre inventate, ma di applicare quanto già previsto dai Contratti Collettivi Nazionali più rappresentativi, come indicato dalle nuove linee guida nazionali. La maggioranza dei consiglieri con spregio ha bocciato la proposta. Senza argomentazioni. Senza alternative. Senza rispetto. E cosa dire del Consiglio comunale di maggio? il 15 maggio 2025, i consiglieri del Partito Democratico hanno portato all’attenzione dell’aula una mozione di forte valore politico e simbolico: la proposta di istituire una Commissione speciale antimafia, anticorruzione, trasparenza e legalità. Un’iniziativa che puntava a rafforzare gli strumenti di controllo democratico e a promuovere una cultura amministrativa fondata sull’etica pubblica e sulla partecipazione consapevole. La mozione ha suscitato un acceso dibattito in aula. Se da un lato ha raccolto l’interesse di alcune forze di minoranza, dall’altro ha incontrato la freddezza – se non l’ostilità – di parte della maggioranza, che ha preferito concentrare l’attenzione su temi più simbolici, come l’intitolazione di un giardino pubblico o la piantumazione di un gelso dedicato a Ludovico il Moro. E questi sono solo gli esempi recenti, potremmo riportare qui una lunga lista che risale agli ultimi anni.
La logica sembra chiara: la maggioranza deve dire “no” a prescindere, non per il merito delle proposte, ma per la provenienza politica. Nessuna buona idea può venire dalla minoranza. Ma è davvero questa la democrazia? O è solo una strategia per blindare il potere e impedire che altri possano contribuire al bene comune?
La sicurezza è stata il cavallo di battaglia della destra vigevanese, al governo da oltre 25 anni. Eppure, le promesse elettorali si sono dissolte nel tempo. Le zone intorno alla stazione e al Pronto Soccorso continuano a essere luoghi di degrado e pericolo, mentre i progetti di riqualificazione e inclusione sociale sono rimasti sulla carta. Anche su altri fronti, come la pianificazione urbanistica, la maggioranza ha preferito soluzioni imposte dall’alto, ignorando cittadini e categorie produttive.
In netto contrasto con questa chiusura, il Partito Democratico e le altre forze di opposizione hanno scelto un percorso diverso: quello della politica partecipata. Un modello che mette al centro il cittadino, il confronto e la costruzione condivisa delle soluzioni.
Ecco alcuni risultati concreti:
unità politica e programma condiviso: incontri mensili aperti ai cittadini per raccogliere idee e costruire insieme un programma amministrativo
mobilitazione civica: cortei e manifestazioni con centinaia di partecipanti, firme raccolte per chiedere sostegno e sensibilizzazione su temi politici e civici
coinvolgimento dei giovani: attraverso i “Pensatoi” e le assemblee tematiche, i giovani sono stati protagonisti nel discutere sicurezza, decoro urbano e spazi di aggregazione
dibattito pubblico su temi chiave: salute, ambiente, cultura e servizi sono stati al centro di incontri aperti e partecipati.
Iniziative come i “Vigevano Partecipa Days”, organizzati in sinergia con altre forze politiche, hanno dimostrato che un altro modo di fare politica è possibile. Un modo che parte dal basso, che ascolta, che costruisce.
Il caso Vigevano ci insegna che una politica basata sul comando e sugli slogan produce solo consenso effimero. Al contrario, una politica partecipata, fondata sul dialogo e sulla corresponsabilità, è l’unica via per affrontare davvero le sfide della città.
Vigevano ha bisogno di una svolta. Meno slogan, più ascolto. Meno propaganda, più partecipazione. Solo così la politica può tornare a essere credibile, efficace e capace di trasformare le promesse in fatti.