Un nuovo libro sul Cascame: Un borgo operaio. Genti e fabbriche del Cascame di Vigevano. Ce n’era bisogno? Tutti conoscono il volume “Cascamin. Retrocronaca di cent'anni di storia al rione Cascame”, firmato da più autori (Betassa, De Marchi, Giavazzi, Marchetti e altri). Un testo che sembra un volume di enciclopedia, illustrato da disegni firmati dal pittore vigevanese Cesare Giardini, composto da tanti contributi sugli aspetti più vari del Cascame, da personaggi famosi, a eventi memorabili, ad aneddoti drammatici o comici. Un puzzle, che forse mancava di una visione unitaria. Aspetto a cui il libro presentato sabato 25 ottobre al Salone d’Onore del Credit Agricole cerca di rimediare. Anche questo è un libro collegiale, nel senso che è stato scritto a dieci mani, quelle dello storico Adriano Ballone, del giornalista Filippo Caserio, delle docenti Laura Nizzoli ed Elena Gorini e del presidente del circolo Acli “Dalmazio Verlich” Giuseppe Vullo. I saggi sono diversi ma la regia è unica nel senso che l’obiettivo del libro è quello di fare una ricostruzione rigorosa degli eventi che hanno fatto la storia del Cascame nel quadro del sistema produttivo vigevanese, e non solo, dalla seconda metà dell’800 al secondo ‘900.
Nella prima parte Ballone fa un quadro ampio e articolato del processo di industrializzazione di Vigevano e del comprensorio, indagando la storia di personaggi illustri, come il conte Giuseppe Bonacossa, i fratelli Gianoli, i Crespi, imprenditori artefici delle fortune e della decadenza del settore tessile nel mentre in cui Vigevano diventava la città “scarpara” per cui è diventata famosa grazie alla parodia deformante di Lucio Mastronardi.
L’intervento di Laura Nizzoli esce dai confini vigevanesi per presentare una serie di case histories sui villaggi operai nel resto d’Italia, la loro nascita, evoluzione e decadenza quando i cambiamenti in atto a livello globale li resero superati. Schio, Crespi d’Adda, Dalmine, Venaria Reale, nonché il villaggio Leumann di Torino sono esempi simili ma non uguali, in quanto l’indagine storica ha dimostrato che il borgo del Cascame aveva caratteristiche di spontaneità e autonomia che altrove non si riscontravano.
Elena Gorini si è cimentata nella lettura e interpretazione di un prezioso documento conservato presso la parrocchia di San Giuseppe, ovvero il registro parrocchiale tenuto dal primo parroco, don Carlo Perotti, dall’anno dell’insediamento, 1935, all’anno della morte, 1958. Lo scritto fu proseguito per alcuni anni dal successore don Carlo Maragnani, in modo più sintetico, meno dettagliato. Da queste pagine emerge uno spaccato della vita sociale, economica e culturale sia del Cascame, inteso come comunità che gravitava attorno alla fabbrica, sia della città e, in alcuni passaggi, dell’intero Paese.
Filippo Caserio, con approccio giornalistico, mettendo a frutto ricerche decennali, ha delineato personaggi, fatti, aneddoti seri e faceti, che appartengono alla memoria collettiva, soprattutto a quella degli anziani e di chi vive da decenni nel rione, conservandone l’identità a dispetto di tutti i cambiamenti che sono avvenuti negli anni. Figure come i tre sindaci cascamini del dopoguerra – Bonomi, Boselli, Morselli -, il sindacalista ed esponente di spicco della sezione di corso Milano del PCI, Aguzzi, l’avvocato Betassa, l’ingegner Giavazzi, e tutta una serie di figure “minori” per chi del Cascame non è, delineano un mondo legato al passato ma ancora vivo nei discorsi e nei ricordi della gente di lì.
Da ultimo le interviste, fatte da Giuseppe Vullo, a chi ancora abita al Cascame, quartiere oggi fortemente degradato, caratterizzato da negozi chiusi e invecchiamento della popolazione; dove però esistono ancora dei luoghi di aggregazione sociale e culturale, come la parrocchia di San Giuseppe, l’Istituto Comprensivo di Viale Libertà, la scuola di danza di Paola Zatti. Dalle interviste e dalla riflessione sono nate anche alcune idee per recuperare la fabbrica dismessa e restituire vita al quartiere, come farne un polo culturale (per esempio sede dell’ecomuseo). Gli autori sono consapevoli della complessità e onerosità di un’operazione di questo tipo; il loro obiettivo era almeno quello di lanciare un sasso nello stagno.
Elena Gorini