Umberto Gentiloni Silveri – 2 giugno – il Mulino
È il giorno in cui la vita politica ha ricominciato a pulsare, il primo passo verso la conquista di nuovi diritti. È ancora una data che guarda al futuro? Il 2 giugno 1946 è la data di fondazione della nostra Repubblica. Un giorno che segna al tempo stesso la fine della tempesta del conflitto mondiale e l’inizio di una nuova storia. Una svolta non priva di contraddizioni, tanto che il suo valore simbolico tende ad affievolirsi nel corso del tempo. La stessa festività viene ridimensionata, spesso relegata in secondo piano, quasi cancellata nel corso delle stagioni dell’Italia repubblicana. Quando è riscoperto e nuovamente inserito nel calendario civile, il 2 giugno assume un significato diverso, è una risposta alle ipotesi secessioniste, è una sfida a chi mette in questione le ragioni che tengono insieme una comunità nazionale. Sono trascorsi ottant’anni: le nuove generazioni vorranno ridare sostanza e vigore a quel giorno?
Federico Fornaro – 2 giugno 1946. Storia di un referendum – Bollati Boringhieri
IIl 2 e 3 giugno 1946 con il voto della maggioranza degli italiani nel referendum istituzionale l’Italia passò dalla Monarchia alla Repubblica, concludendo una lunga transizione dal fascismo alla democrazia, iniziata il 25 luglio del 43. Per la prima volta nella storia d’Italia le donne poterono votare al pari degli uomini e ventuno di loro furono elette all’Assemblea costituente. Come ha scritto Piero Calamandrei: “Mai nella storia è avvenuto, né mai ancora avverrà che una Repubblica sia stata proclamata per libera scelta di popolo mentre era ancora sul trono il re”. Dalla dittatura alla Repubblica: si tratta di una fase complessa e contraddittoria, che qui viene riletta alla luce del dibattito sulla questione istituzionale del controverso approdo alla scelta referendaria, oltre che analizzando la competizione tra gli alleati inglesi e americani per l’egemonia sul Mediterraneo. Regno del sud e resistenza convissero fino alla liberazione, in un dualismo destinato ad alimentare la tesi secondo cui si sarebbe potuto fare di più e meglio per garantire una reale discontinuità con gli apparati burocratici e amministrativi del vecchio regime fascista. Ma il radicale rinnovamento dello stato fu frenato dalle forze della conservazione, largamente compromesse con il fascismo e, soprattutto, dal delinearsi all’orizzonte della guerra fredda e della competizione globale tra Stati uniti e Unione Sovietica.
Andrea Morrone – La repubblica dei referendum. Una storia costituzionale e politica – il Mulino
Dal 1970 ad oggi i referendum previsti dalla Costituzione sono stati utilizzati ripetute volte e con obiettivi molto diversi: talvolta per pronunciarsi su questioni di grande rilevanza per la vita sociale e democratica del Paese (il divorzio, l’aborto, le leggi elettorali, la giustizia, le riforme costituzionali), talvolta per battaglie episodiche (si pensi alla raccolta firme contro il green-pass). Ma il ricorso al referendum è sempre intrecciato al contesto politico, alle scelte o alle non scelte del Parlamento e dei partiti la cui funzione di mediazione oggi si mostra in crisi, specie di fronte al consolidamento di forze antisistema e sovraniste. Qual è stato e come cambia il ruolo dei referendum nello svolgersi della democrazia italiana? Qual è la relazione che la politica italiana intrattiene con l’unico vero istituto di democrazia diretta che prevede la Costituzione? La chiave interpretativa della “repubblica dei partiti” mantiene ancora una validità o siamo (diventati) anche parallelamente una “repubblica dei referendum”? ora che la firma digitale ne espande le potenzialità politiche e apre il dibattito sulle possibili riforme, questo libro risponde all’urgenza di comprendere un fondamentale istituto del diritto costituzionale all’interno della storia politica italiana.
Valentina Pazè – I non rappresentati. Esclusi, arrabbiati, disillusi – Edizioni Gruppo Abele
Se c’è una costante che si ripresenta a ogni appuntamento elettorale, è il dato sull’astensionismo. La scelta di non votare, che sia espressione di disillusione o di protesta, pone ineludibili interrogativi sulla tenuta democratica del paese. Perché non c’è democrazia senza rappresentanza. E non c’è rappresentanza senza la partecipazione dei cittadini alla vita politica. Nel saggio l’autrice si interroga su questo fenomeno, ma riflette anche su coloro a cui oggi sono negati i diritti politici come gli stranieri, e su chi risulta escluso dalla rappresentanza a causa delle storture di modelli elettorali e istituzionali falsamente democratici, perché piegati all’imperativo della governabilità. Che dire poi di soggetti come le generazioni future, gli animali, la natura, oggi per lo più privi di qualcuno che ne tuteli gli interessi nelle istituzioni? Essenziale nel ragionamento di Pazè la riflessione su quali possano essere i modelli di governo realmente in grado di garantire la rappresentanza e la partecipazione delle cittadine e dei cittadini, anche con riferimento alla discussa “madre di tutte le riforme”, il premierato.
Lea Ypi – Confini di classe. Diseguaglianze, migrazione e cittadinanza nello stato capitalista – Feltrinelli
La cittadinanza non è più una conquista universale ma uno strumento di esclusione. Lea Ypi smaschera le narrazioni identitarie e rivendica la giustizia di classe come bussola per ripensare la democrazia. Che cos’è la cittadinanza oggi? E in che modo la sinistra ha smarrito la propria bussola accettando il dilemma tra giustizia sociale e immigrazione come un dato di realtà e non come il frutto di rapporti di potere? Lea Ypi decostruisce qui, in modo radicale, i luoghi comuni del dibattito pubblico su migrazione, integrazione, sovranismo e cittadinanza, e dimostra che le politiche migratorie contemporanee rafforzano la divisione tra classi sociali, e che lo stato capitalista – lungi dall’essere un garante imparziale della giustizia – è spesso uno strumento di esclusione e di dominio. Il cuore della sua argomentazione è semplice quanto dirompente: la vera frattura non passa tra nativi e stranieri, ma tra chi ha diritti e risorse e chi ne è sistematicamente privato. Anche nelle società all’apparenza più democratiche, la cittadinanza si compra, si eredita, si concede: non è mai davvero accessibile a tutti. E mentre la sinistra insegue narrazioni identitarie e discorsi sulla cultura nazionale, perde di vista ciò che ha storicamente costituito il suo compito: organizzare la solidarietà di classe. “Confini di classe” raccoglie tre dei più importanti saggi politici di Lea Ypi e propone una nuova chiave di lettura per comprendere le crisi della democrazia contemporanea. Un invito urgente a ripensare i confini, non in termini di geografia, ma di giustizia.
Francesco Carnevale – La strage quotidiana del lavoro – Edizioni E/O
Ogni giorno dei lavoratori muoiono o sono mortificati nel proprio corpo come se si trattasse di un sacrificio dovuto, accettabile. I morti e i mutilati per il lavoro risultano “necessari”, diventano delle vittime sacrificali con diseconomie che ricadono sulla comunità, contraddicendo la previsione secondo la quale il costo della sicurezza, ed anche gli effetti della carenza di queste misure, debbano essere a carico di chi usa la forza lavoro. Per contrastare questo stato di cose occorre consentire che l’attenzione dei lavoratori, e quindi il loro antagonismo, possa indirizzarsi verso il riconoscimento delle cattive condizioni di lavoro. Un buon indicatore di una tale tendenza deve essere visto nella libertà che il singolo lavoratore deve possedere per autotutelarsi e nel potere che detiene nel far valere questa sua opzione. In sostanza chi lavora deve poter agire con propri strumenti di valutazione e quindi potersi rifiutare di svolgere dei lavori non sicuri. In questo modo il lavoratore può supplire alle carenze del datore di lavoro ed anche dei controlli, e intervenire sugli elementi che caratterizzano il rapporto tra benessere individuale e sfruttamento.
Rinaldo Evangelista, Lia Pacelli (cura) – Lavoro e salari in Italia – Carocci
Il declino di lungo periodo dei salari reali e il deterioramento delle condizioni lavorative a cui abbiamo assistito in Italia negli ultimi decenni, si configurano come una vera e propria emergenza sociale che si materializza nella presenza di fasce sempre più ampie di popolazione spinte in una condizione di precarietà e incertezza sul futuro. Il volume fornisce un quadro empiricamente e metodologicamente fondato, ma di facile lettura e comprensione sui diversi elementi di fragilità della struttura occupazionale e delle condizioni del lavoro nel nostro paese. Si mettono in evidenza le principali cause dei bassi salari e dell’aumento del lavoro povero, riconducibili a tre decenni di bassa crescita economica e stagnazione della produttività, alle debolezze strutturali del comparto produttivo italiano, agli effetti prodotti da una lunga stagione di deregolamentazione del mercato lavoro, all’assenza di mirate politiche industriali. Si indicano strade possibili per iniziare a invertire la rotta: ridare slancio alla produttività connettendola a un innalzamento della qualità delle produzioni, ridurre il nanismo e la forte frammentazione del tessuto produttivo, innescare cambiamenti nel quadro politico-istituzionale capaci di restituire diritti, tutele, voce e forza contrattuale al mondo del lavoro.
Cinzia Meraviglia, Monica Santoro – Donne che lavorano di più e guadagnano meno – Vanda Edizioni
Non è un mistero che siano le donne, in tutto il mondo, a svolgere la maggior parte del lavoro non retribuito, fondamentale perché una comunità continui ad esistere. Così ogni donna lavora, ma non ogni donna viene pagata per il proprio lavoro. Una delle ragioni per cui le donne guadagnano di meno rispetto agli uomini è che svolgono più lavoro non retribuito di loro, e quindi lavorano meno ore retribuite. È alla diseguale divisione del lavoro domestico e di cura nella coppia che dobbiamo guardare per capire perché non tutte le donne hanno un lavoro retribuito, e perché, quando ce l’hanno, vengono pagate di meno. Come sanare questa cronica e stereotipata diseguaglianza di genere? Se cambiare le aspettative sul ruolo delle donne nella società appare ancora un’impresa titanica, è certo che per cambiare la cultura occorre la collaborazione di entrambi i generi.
Roberto Saviano – Solo è il coraggio – Bompiani
Roberto Saviano, pagina dopo pagina, ci immerge nella storia di Giovanni Falcone, il magistrato che insieme a pochi altri intuisce la complessità di un’organizzazione criminale pervasiva, ne segue le piste finanziarie, ne penetra la psicologia e ne scardina la proverbiale omertà. La narrazione ha gli stigmi delle antiche tragedie: sul proscenio un uomo determinato a ottenere giustizia, assediato dai presagi più cupi, circondato dal coro dei colleghi che prima di lui sono caduti sotto il fuoco mafioso.
L’autore ha voluto così onorare la memoria del giudice palermitano strappandolo alla fissità dell’icona e ripercorrendone i passi, senza limitarsi a una ricostruzione fondata su uno studio attentissimo delle fonti, ma spingendo la narrazione fino a quello “spazio intimo dove le scelte cruciali maturano prima di accadere”. Un romanzo che racconta una pagina fatidica della nostra storia illumina la vita di un uomo che, nel pieno della carriera, fu in realtà al culmine del suo isolamento. E leva il canto altissimo della sua solitudine e del suo coraggio.
Luigi Garlando - Per questo mi chiamo Giovanni - BUR
Giovanni è un bambino di Palermo. Per il suo decimo compleanno il papà gli regala una giornata speciale da trascorrere insieme per spiegargli come mai, di tutti i nomi possibili, per lui è stato scelto proprio Giovanni. Tappa dopo tappa, mentre prende vita il racconto, padre e figlio esplorano Palermo, e la storia di Giovanni Falcone rievocata nei suoi momenti chiave s’intreccia al presente di una città che lotta per cambiare. Giovanni scopre che il papà non parla di cose astratte: la mafia c’è anche a scuola, nelle piccole prepotenze dei compagni di classe, ed è una nemica da combattere subito, senza aspettare di diventare grandi. Anche se ti chiede di fare delle scelte e di subirne le conseguenze. Con un’intervista a Maria Falcone. (età di lettura: dagli 8 anni).
Sabrina Pisu – Il mio silenzio è una stella. Vita di Francesca Morvillo. Giudice innamorata di giustizia – Einaudi
Dal 23 maggio del 1992, strage di Capaci, Francesca Morvillo è stata ingabbiata e resa invisibile nella definizione di moglie di Giovanni Falcone. Invece è stata una magistrata di estremo valore, per oltre sedici anni sostituto procuratore al tribunale minorile di Palermo dove, con un approccio all’avanguardia, ha cercato di recuperare i bambini finiti in carcere. Successivamente, al tribunale di appello ha seguito processi cruciali contro la mafia, tra cui quello a carico di Vito Ciancimino. Servendosi di testimonianze esclusive, come quella del fratello Alfredo, e di documenti inediti, Sabrina Pisu delinea un ritratto profondo di Francesca Morvillo: una donna libera e riservata, innamorata di un’ideale di giustizia, che alle parole ha preferito un impegno silenzioso e il dovere quotidiano. Una storia che, lontano dalle retoriche celebrazioni, continua a brillare e a segnare la strada come una stella.
Giovanni Falcone, Paolo Borsellino – Ostinati e contrari – Melampo
Quella di Falcone e Borsellino è senz’altro una moderna leggenda popolare. Le due stragi, la terra che si solleva a Capaci come per un terremoto, il fuoco che in Via D’Amelio si leva fino al cielo. Sullo sfondo l’Italia corrotta, da Milano a Palermo, e una lunga catena di martiri che si materializza in quei due scenari d’inferno. Ma quando torniamo a quei fatti di trent’anni fa occorre innanzi tutto chiedersi se siano scomparse o almeno diminuite le ragioni di quel senso di tradimento che portò i due giudici a denunciare la latitanza dello Stato nella lotta contro la mafia. E il modo migliore per farlo è rileggere le loro parole, gli interventi che ci hanno lasciato, pronunciati quando ancora erano enunciazioni isolate, tra la reazione degli ambienti vicini a Cosa Nostra, la diffidenza del CSM e l’indifferenza di molti. Impressiona purtroppo la loro attualità: i ritardi, le colpe e i silenzi di una Sicilia e soprattutto di una Nazione che, forse, non sono cambiati abbastanza, il rapporto tra mafia ed economia, le responsabilità della politica, i temporeggiamenti della Magistratura, i tratti etici, culturali e organizzativi necessari per affrontare seriamente la criminalità organizzata. Ostinati e contrari è il manifesto di due uomini ostinatamente contrari alla banalità del male. Una lettura indispensabile per ogni cittadino di questo Paese.
Giovanni Falcone con Marcelle Padovani – Cose di cosa nostra – BUR
La penna è quella della giornalista francese Marcelle Padovani ma la voce narrante è quella di Giovanni Falcone. Le venti interviste diventano materiale per dettagliare narrazioni in prima persona che si articolano in sei capitoli disposti come altrettanti cerchi concentrici attorno al cuore del problema-mafia: lo Stato. Un’analisi che parte dalla violenza, dai messaggi e messaggeri, per arrivare agli innumerevoli intrecci tra vita siciliana e mafia, all’organizzazione in quanto tale, al profitto – sua vera ragione d’essere – e, infine, alla sua essenza: il potere. Una testimonianza resa da Falcone dopo aver lasciato Palermo nel 1991.