IL 15 MARZO, ALLA SALA PERTINI, IL GIORNALISTA ERSILIO MATTIONI HA PRESENTATO IL SUO LIBRO SULLE MAFIE IN LOMBARDIA.
Ersilio Mattioni, autore del libro “La corruzione elettorale politico-mafiosa in Lombardia”, ha fatto un ampio excursus sulle “aderenze” tra il mondo della politica e quello di alcune famiglie mafiose a partire dal livello regionale, per toccare il caso di Sedriano, primo Comune sciolto per mafia nella nostra regione, per arrivare infine a Pavia, Abbiategrasso e Vigevano. In primo luogo, ha illustrato il caso dell’assessore regionale Domenico Zambetti, che ai tempi della giunta Formigoni pagò 200 mila euro alle cosche mafiose per ottenere i 4 mila voti che gli servivano per essere rieletto in Consiglio Regionale. L’affare si trasformò in una totale dipendenza e sottomissione alla logica mafiosa, con continue richieste di favori e privilegi, tanto da indurre l’esponente del Polo delle Libertà a piangere e maledire il giorno in cui aveva stretto quel patto scellerato, come emerge da una intercettazione telefonica. Zambetti fu condannato per voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa.
Il secondo punto trattato da Mattioni è stato il caso del Comune di Sedriano, dove il sindaco arrivava al punto di intimidire la giornalista che lavorava per il giornale “Libera Stampa l’Altomilanese”, fondato dallo stesso Mattioni, e persino gli edicolanti, per impedire loro di esporre la locandina del giornale.
Passando a Pavia, Mattioni ha raccontato un episodio che vide come protagonista Angelo Ciocca che, allora consigliere provinciale, incontrò nel capoluogo pavese Pino Neri, reggente della Ndrangheta in Lombardia. Il ROS dei Carabinieri, che stava pedinando il boss, lo vide in compagnia di Ciocca, ma la Procura di Pavia non aprì nessuna indagine e il politico potè cavalcare la carriera fino al Parlamento Europeo.
Un altro capitolo si apre in tempi più recenti con Hydra, inchiesta sul consorzio delle mafie in Lombardia, che mise allo stesso tavolo per la prima volta ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra. Il progetto nacque in Sicilia, Campania, Calabria, passò per Roma, arrivò a Milano e poi in Lomellina ed espanse i suoi tentacoli fino in Inghilterra e America. Dopo una serie di indagini, il 23 ottobre 2023, la Procura chiese 153 arresti, il GIP ne concesse solo 11, sostenendo che l’esistenza del consorzio non era provata, benché la Procura avesse documento 21 incontri degli esponenti delle consorterie criminali in due anni; il GIP li definì sporadici, non sufficienti per arrivare a incriminare con quel capo d’accusa. Quindi l’ordinanza venne eseguita con 11 arresti e 142 indagati a piede libero. La Procura fece ricorso al Tribunale del Riesame e ottenne in totale una settantina di arresti.
Negli atti su Vigevano c’è un capitolo definito dai magistrati “aderenze politico-amministrative” tra la famiglia Crea, in particolare Demetrio Tripodi e Filippo Crea, e alcuni amministratori della giunta eletta nel 2020 allo scopo di agevolare e far crescere la consorteria criminale. Che la famiglia Crea, originaria della Calabria, sia una nota famiglia di ‘ndrangheta è provato da una sentenza del processo “Infinito”, degli anni attorno al 2010. La sua attività criminale consisteva in spaccio di stupefacenti, riciclaggio di denaro, traffico di armi, appalti pubblici. Dalle carte dell’inchiesta Hydra risulta che la famiglia avesse allacciato rapporti sistematici con esponenti della politica vigevanese. È un dato acclarato che il Tripodi finanziò la campagna elettorale di un candidato del centro-destra, oggi non più in carica: esistono perfino le fatture che lo dimostrano. Si instaurò un rapporto abbastanza stabile tra i due, che portò a scambi di favori e vantaggi economici.
L’altro caso riguarda un amministratore tuttora in carica, che favorì la concessione di appalti per lavori in carcere e, durante un pedinamento effettuato il 29 settembre 2021, venne ritratto dal ROS dei Carabinieri mentre accoglieva in casa propria il Tripodi insieme a un’altra persona. Esistono le foto di quell’incontro.
I due esponenti sono l’ex vice-sindaco e attuale coordinatore pavese di Forza Italia Antonello Galliani e l’assessore in carica Nicola Scardillo.
Elena Gorini
ALCUNE IMPORTANTI PRECISAZIONI
Quando l’ordinanza del GIP viene eseguita, gli atti vengono consegnati a imputati, avvocati, giornalisti, ovvero smettono di essere segreti. Infatti, le vicende relative ai rapporti tra il boss siciliano Paolo Errante Parrino e il sindaco di Abbiategrasso sono state raccontate sulla base delle carte dell’inchiesta, anche se il GIP le ha escluse dall’ordinanza (che per legge accoglie in tutto o in parte quello che è stato raccolto dal magistrato inquirente e dalle forze dell’ordine). La stessa cosa vale per i politici vigevanesi: i loro nomi sono presenti nell’inchiesta ma non nell’ordinanza emessa dal GIP. Mattioni ha più volte sottolineato che i politici locali, sia di Abbiategrasso che di Vigevano, non sono indagati; restano però fatti e comportamenti documentati da un’inchiesta, che comprovano “aderenze” con il mondo della criminalità organizzata. Sta al cittadino giudicare e decidere se politici di questo tipo siano degni di ricoprire cariche pubbliche.
I consiglieri comunali del Partito Democratico presenteranno una mozione importante con l’obiettivo di istituire una commissione speciale antimafia, anticorruzione, trasparenza e legalità.
Questa commissione avrà il compito di:
•Monitorare mafia e corruzione per garantire trasparenza e legalità.
•Promuovere iniziative per rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
•Utilizzare i fondi statali per sensibilizzare i giovani nelle scuole sui temi della legalità e dell'antimafia.
La lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione è un passo fondamentale per tutelare il futuro della nostra città e costruire una comunità più forte e consapevole.