Valle del Livrio

© by Vittorio Crapella - i2viu 

LA VALLE DEL LIVRIO - CAIOLO / ALBOSAGGIA                 Altri racconti

Una valle stretta e angusta che fino agli anni 60 è stata fonte di rendita agro-pastorale con ben 6 o 7 alpeggi estivi  (pag. 151-155) e una decina di maggenghi dove pascolavano complessivamente da giugno a settembre dalle 400 alle 600 bovine di cui almeno la metà produceva latte. 

Da quella valle tra Albosaggia e Caiolo veniva portato a casa, al piano, a fine stagione dai 50 ai 60 quintali di formaggio.   Già in questo periodo erano stati dismessi e abbandonati due piccoli alpeggi Pizzinversa e Grasselli.  

Questa valle fu una delle prime teste di ponte della diffusione del Cristianesimo in Valtellina, portato sul versante settentrionale orobico da quello bergamasco. 

Ne è testimonianza la chiesa di San Salvatore risalente al medio evo come emerge leggendo le pagine a questi indirizzi:

e in particolare la dove viene scritto "... importantissimo ed antichissimo nucleo di San Salvatore (m. 1311), solcato dalla valle della Chiesa e caratterizzato dalla presenza dell’omonima chiesetta che, a detta dello storico Quadrio, è la più antica della valle, risalente al 557: qui venivano portati, dal versante bergamasco, i morti cristiani."

A tal proposito ricordo quando i vecchi pastori di quando io ero poco più di un bambino anni 50/60, raccontavano del "sentiero dei morti" che era appunto il percorso che da Carona-Foppolo, dal versante bergamasco, percorrevano con le salme per dare una degna sepoltura a San Salvatore. 

Io ricordo che a fianco della chiesa è presente un ossario dove sono visibili molte ossa e teschi a testimonianza che un tempo San salvatore aveva un cimitero.

Merita di ricordare che questa chiesetta è forse l'unica in tutta la Valtellina ad avere l'entrata che guarda ad EST rispetto a tutte le altre che hanno l'entrata sul versante OVEST come previsto dal cristianesimo che entrando in chiesa da oriente si guarda verso levante fonte di luce.

Questo sentiero partiva da San Salvatore si abbassava leggermente per arrivare in zona "Valene " ( bollino verde chiaro subito dopo il maggengo Zappello ) per proseguire verso il piccolo maggengo Crocetta per arrivare subito dopo al Forno per proseguire a fianco del fiume Livrio dove sulle sue rive si incontrano i due alpeggi delle Piane e in fine la salita per arrivare al Passo del Publino dove inizia la discesa sul fronte bergamasco.

se ne parla anche qui     ed anche qui

Proprio nella zona "Valene" è da ricordare l'esistenza di due curiosi massi con degli incavi uno a forma di culla indicata come "culla del Signore" e uno più profondo e arrotondato tanto da chiamarlo "buco della testa del diavolo" o anche "cul del diaöl". 

Ricordo che negli anni '80 mentre passavo di li con mia figlia avevamo, scherzando, coniato un detto che suona così: "..un buco così profondo e ben levigato che solo il diavolo con la sua potente testa poteva averlo scavato ed ironia della sorte poco sopra ecco la culla del signore.."

Per chi si dovesse trovare a transitare da quelle parti il buco è proprio a fianco della mulattiera appena prima di una massiccia croce di acciaio messa a ricordo del boscaiolo Segalada di Caiolo che precipitò e morì nel versante opposto della valle, di fronte alla croce mentre attraversava l'affluente "Pessol". 

(Ho appreso dal signor Nello Carnazzola che ha piazzato una targa a memoria e riconoscimento di questo luogo.)

La culla invece rimane sui massi soprastanti raggiungibile solo girando attorno all'intero gruppo roccioso quasi come se fosse sul retro della strada.

Riferite alla valle del Livrio vanno ricordate ancora altre cose risalenti a 100/200 anni fa anche perché quasi nessuno ne parla più.

verso il fondo al quart'ultimo capoverso si legge quanto segue:

"Ornella Forza, autrice di un articolo sulla Comunità di Albosaggia apparso negli anni 80 sulla Rassegna della Provincia, così ci parla della val del Liri: " Anche in territorio del comune di Albosaggia, e precisamente nella valle di S. Salvatore, esistevano una miniera e dei forni fusori dove si svolgeva una certa attività. 

Detta miniera sfruttava una cava in verticale, che sul principio del secolo, arrivò a una profondità di trenta metri con uno spessore di minerale di circa otto.......

Nella valle del Liri si fondeva anche il ferro proveniente dalle vene della Val Venina o dalla Bergamasca portato attraverso il passo della Vena (oggi passo dello Scoltador....(F.S.Quadrio-1755 ndr).. Qui si trova un piccolo maggengo denominato "Il Forno", (ricordato anche nel 1873 dal Bonadei in occasione di una gita del CAI al Corno Stella) dove si trovava un antico forno fusorio di proprietà della famiglia Motta, distrutto poi da una valanga (Saffratti ndr) e fatto definitivamente sparire da un'altra valanga nel 1977(Guicciardi ndr). 

Il Guicciardi fa notare la presenza di una galleria anche allo sbocco della val del Liri: "Scendiamo a Caiolo: in sinistra del torrente Livrio, nello sbocco della gola montana, poco oltre una grossa cava di pietrame, con difficoltà si riesce a trovare oggi una galleria, appena sopra il livello del torrente." 

La miniera e i forni fusori citati sono tutte da ricondurre alla zona del maggengo Il Forno che ha preso il nome proprio perché li esistevano forni e gallerie per l'estrazione del ferro (precedentemente nel 1800 veniva chiamato "La Valle" come indicato sulla 2a immagine della mappa del 1815). 

Sulla  mappa è indicato anche l'esistenza, in riva al fiume tra la Crocetta e il Forno, uno stabile indicato come "La Rasega" forse ad indicare che con l'acqua del fiume Livrio alimentassero una segheria.

Sempre nella valle del Livrio, per alimentare i forni ma anche per utilizzarlo al piano per altre attività, veniva prodotto il carbone con la metodologia qui riportata (presa da questo documento 

"Si doveva trovare una radura pianeggiante, nel cui mezzo si costruiva la camera del forno, con tronchi di piante fogliate (cioè non secche), al cui interno veniva lasciata una cavità di circa mezzo metro. 

Intorno al forno si appoggiavano, poi, in posizione verticale, pezzi di legno lunghi non più di un metro, avvolgendolo con due o tre giri e circondandolo interamente, sopra e sotto, in modo da formare una specie di cupola. 

Al suo centro doveva essere assicurata un’apertura, una sorta di caminetto, collegata con la camera centrale. 

La cupola veniva, quindi, ricoperta di terra e fogliame umido, in maniera tale che rimanessero alcuni piccoli canali di sfiato.

Terminata la carbonaia (il “puiàt”), si accendeva il fuoco al suo interno, introducendo dal camino piccoli rami secchi incendiati. 

Lo scopo era quello di produrre una lenta e costante combustione, che andava sempre sorvegliata, per evitare che il fuoco ardesse troppo, bruciando la carbonaia, o si spegnesse. 

Se necessario, si interveniva anche con l’acqua per moderare la combustione: per questo i puiàt venivano costruiti non lontano da corsi d’acqua. 

Quando tutto andava bene, la lenta combustione, che durava giorni, produceva il carbone. 

Al termine della combustione, annunciato dal fumo più chiaro, il carbone era pronto e veniva estratto disfando la carbonaia."

Per poter trasportare il carbone al piano esisteva una carreggiabile (segnata in viola sulla cartina) che arrivava in corrispondenza dell'affluente del Livrio chiamato "Pessol" nei pressi della località "Fontanii" (sorgente d'acqua che sgorga direttamente dal terreno, fonte d'acqua per il maggengo Zappello privo di altre fonti sicure).

La carreggiabile era rimasta attiva fino a fine 1800 circa e alcuni tratti ancora percorribili a piedi negli anni 1960 e i muri di sostegno erano ancora a tratti ben visibili e in alcuni punti perfettamente efficienti. L'ultimo tratto di questa carreggiabile proseguiva pressoché pianeggiante poche centinaia di metri dopo l'attraversamento del luogo chiamato "Valle della chiesa" in quanto vi scorre l'acqua che scende da S. Salvatore passando nei pressi della chiesa. 

Questo ultimo pezzo di strada passava anche in posti impervi e pericolosi situati esattamente sotto le case di Zappello (detto Saltöcc, praticamente un lastrone di roccia che scende a precipizio sino al torrente Livrio).    Ricordo nel 1960 quando delle nostre mucche sono transitate a nostra insaputa su questo tratto e mio padre ne parlava meravigliato che quei muri avessero miracolosamente tenuto.

La strada carreggiabile non solo serviva per portare al piano il carbone con i carri trainati dai cavalli e muli ma anche per portare la neve ghiacciata che giaceva nei pressi del Pessol ammassata sotto forma di valanga che scendeva durante l'inverno (in dialetto si chiama "vendul").  Riforniva le celle frigorifere di quei tempi per conservare le carni delle macellerie della città di Sondrio.

Dopo l'alluvione del 1987 che ha colpito un po' tutta la Valtellina, anche il vecchio ponte sul fiume Livrio nei pressi della località  Forno è stato spazzato via dalla piena del fiume.  Gi amministratori del comune di Caiolo di allora ebbero dei cospicui fondi (circa 500 milioni di lire) per provvedere alla bonifica dei danni causati  da questa piena tra cui la costruzione di un nuovo ponte.

Nel frattempo iniziarono a pensare anche ad una strada rotabile che potesse arrivare partendo da quella di S. Salvatore, al Formo

e gli alpeggi delle Piane e Sasso Chiaro.  (alpeggi Caiolo e Albosaggia pag.151-155

Non presero in considerazione un progetto per una strada che seguisse il vecchio tracciato della mulattiera che dalla loc. "Cantone" passando per la "Valle della Chiesa" servisse anche "Zappello" e Crocetta ma optarono per la soluzione più breve escludendo quasi mezza vallata.

A tal proposito  nel 1996 venne scritto a firma di molti contrari a quel tracciato la seguente lettera:

 30/05/1996 

- Al Sindaco e alla Giunta del Comune di CAIOLO 

- Alla Regione Lombardia Agricoltura e Foreste S.P.A.F.A. Via Trieste, 8 SONDRIO 

- Alla Comunità Montana Via Nazzario Sauro, 33 SONDRIO 

- All'Amministrazione Provinciale di SONDRIO Via V. Vento, 28 SONDRIO 

OGGETTO: Strada in valle del Livrio, comune di Caiolo. 

I sottoscritti firmatari proprietari dei fondi dislocati nelle varie località lungo la valle del Livrio fra cui Zappello, Crocetta, Forno e Costa, 

- considerata la proposta di realizzare una strada per mezzi agricoli avente un tracciato che da S. Salvatore (comune di Albosaggia), passando per le località Teggia, arriva in località Forno per poi giungere alla Costa, 

- considerato altresì che le località Zappello e Crocetta, con i relativi fondi, cioè praticamente mezza vallata, rimarrebbero fortemente penalizzate non potendo usufruire di una strada con simile tracciato; 

E S P R I M O N O 

il loro fermo disappunto per una simile realizzazione e invitano codesta amministrazione comunale a tenere in debito conto tale disapprovazione. Ritengono che l'unica proposta valida sia quella di mantenere il tracciato della mulattiera attuale, perché serve la vallata in maniera razionale, permettendo lo sfruttamento di tutti quei fondi boschivi che altrimenti rimarrebbero esclusi. E` pur vero che seguire l'attuale mulattiera comporterebbe dei problemi per quanto concerne l'attraversamento del tratto in località Valle della Chiesa, per le questioni orografiche che tutti ben conoscono, ma è altrettanto vero che tale strada fu carreggiabile per decenni a fine ottocento. Viene pertanto spontaneo chiedersi se oggi, con a disposizione mezzi e tecnologie avanzate, non si possa proprio riuscire a rimetterla in sesto anche solo per il transito di mezzi agricoli. In alternativa è auspicabile che il nuovo tracciato, da San Salvatore in poi, miri al ricongiungimento del vecchio tracciato in località "Valene" (fra Zappello e loc. Crocette) permettendo cosi di servire subito anche la località Crocette ed in un secondo tempo anche "Zappello", ritornando all'indietro sull'attuale tracciato. 

Fiduciosi che il vostro operato sarà per l'interesse di tutti e per la rivalutazione della valle del Livrio tutta e non solo per una parte, si porgono distinti saluti. 

F I R M E   L E G G I B I L I     (.. parole e tempo sprecato fecero comunque quanto avevano già deciso).

Proseguendo con i ricordi è da citare l'esistenza di un mulino, risalente non so a quale data, (indicato con pallino arancione) sempre nel circondario di dove finiva la carreggiabile praticamente sotto la direttiva della località "Teggia" nelle vicinanze del fiume, poco più avanti della sorgente "Fontanii".  Ho avuto modo di vedere i resti compreso la macina in sasso a testimonianza che li vi era stato un mulino.   Sulle cartine del 1815 viene indicato uno stabile anche sotto Zappello a ridosso del fiume imputabile ad un altro mulino.  Credo che va ricondotto a dei Monaci che con ogni probabilità avevano insediamenti anche a San Salvatore come anche a Carona secondo quanto indicato anche qui 

l'ultimo capoverso di "Un po' di storia"

Altra curiosità della valle riguarda la roccia chiamata "corna rossa" visibile da "Zappello" e S. Salvatore e mi pare di ricordare anche dal "Cantone" e "Ca di Gianoli".   Questa roccia durante i mesi d'estate veniva spesso usata  come orologio, in base a quanta superficie era in ombra si poteva risalire all'orario.  Andava completamente in ombra alle ore approssimative delle 13:00.

Dalla località Tra "Crocetta" e "Forno" negli anni 1950/60 partiva una teleferica (come questa) che attraversava tutta la valle per poi arrivare al piano di Caiolo a fianco del fiume Livrio nei pressi dell'attuale "Ca Comarina". 

La teleferica era composta da due funi portanti fisse e la doppia fune di andata e ritorno con i cavalletti portanti di legno e serviva per portare a valle tronchi di legname di pino e larici.  (Teleferica detta "tipo Valtellina")

Io lo vista funzionare quando andavo da bambino sul maggengo "Zappello",  era bene in vista perché passava appena sotto i prati.  Aveva delle tratte in certi punti molto lunghe tra un cavalletto e l'altro e le funi erano in questi punti assai alte rispetto al terreno, le tratte più lunghe erano tra loc. "Zapello" e "Ca di Gianoli" e da qui a S. Antonio.   La signora Ines (nonna di Nello C.) raccontava che mentre nel bosco stava raccogliendo il fogliame sentiva la voce di qualcuno che imprecava e non riusciva a darsi spiegazione di chi poteva essere fino a quando alzando gli occhi vide meravigliata un uomo (coraggioso) seduto a cavallo sui tronchi della teleferica che nel frattempo si era fermata per qualche inconveniente.     

 I póm de Zapèl           Borelèer              mi ol càa eli vachi