CONSAPEVOLEZZA
Di Francesca Busceti | 28 marzo 2021
Certe volte
sentiva un vortice burrascoso inghiottirla
sdradicarla con veemenza, come un albero dalle sue radici
da quelli che erano e sono i suoi principi, ricordi, relazioni, interessi, attitudini
si sentiva attaccata da qualcuno, qualcosa, ma chi?
Guardava alle sue spalle, nessuno
solo un'oscura ombra
ormai quasi famigliare
che la seguiva da tanto tempo.
Aveva provato a combatterci e conviverci
ma mai era riuscita ad avere la meglio contro quel mostro parassita
sentiva crollare sulle sue spalle il peso delle responsabilità di una vita
e la mera consapevolezza di non avere niente, non essere niente
se non un granulo di sabbia in mezzo al deserto
un frammento di stella di una galassia
un orrido, insignificante, infimo, e al tempo stesso codardo e invidioso sassolino sotto una scarpa
che si credeva un monolite.
Aveva bisogno di una piccola, anche solo una traccia
di consapevolezza a cui aggrapparsi,
come sull'orlo di un burrone in procinto di morte.
Sapeva poi di non meritarselo, che sarebbe diventata lei il parassita di qualcun altro,
attaccandosi a quel qualcuno come un pidocchio con la cute, una viscida sanguisuga salassa sangue.
Ciononostante continuava a fremere in lei l'ardore di un'ultima fioca luce in fondo al tunnel
l'ardore di una speranza, che quella consapevolezza, quel qualcuno, arrivasse.
Riguardandosi ora, si rimproverava:
non avrebbe dovuto scaricare il peso dei suoi problemi su un'altra persona
eppure, le sembrava di aver ritrovato una speranza,
seppur vaga e nebulosa, la sentiva
come la fiaca consapevolezza del termine di un'agonia, un supplizio che sembrava senza fine.
Non se ne capacitava, ma aveva trovato quell'appiglio
nella persona che era diventata per lei e per lei all'altra
indispensabile.