A CIASCUNO IL SUO di Leonardo Sciascia

Di Sabrina Attademo | 21 marzo 2021

Autore: Leonardo Sciascia


Genere: romanzo poliziesco


1a pubblicazione: 1966


Casa editrice: Gli Adelphi

"Il morto è morto, diamo aiuto al vivo".

Se lei dice questo proverbio al Nord, gli fa immaginare la scena di un incidente in cui c’è un morto e c’è un ferito. Il siciliano vede invece il morto ammazzato e l’assassino: e il vivo da aiutare è appunto l’assassino”.

La Sicilia descritta in “A ciascuno il suo” è un ambiente violento, in cui la mafia ha profonde radici. Assistere a omicidi è normale, un fatto di cronaca quotidiano e ripetitivo.

Il signor Manno è il farmacista del paese. È un uomo tranquillo, che non ha mai avuto screzi con nessuno. È una persona generosa che anticipa farmaci a chiunque si presenti al suo negozio. Non ha idee politiche estremiste e non si interessa alle elezioni. La sua unica passione è la caccia e ogni anno, insieme al dottor Roscio e i suoi fedeli cani, si inoltra nel bosco per portare a casa un bel bottino di selvaggina.

Una sera, all’orario di chiusura, il postino gli consegna una lettera anonima, un messaggio minatorio che recita “Questa è la tua condanna a morte, per quello che hai fatto morirai”. Manno ha la coscienza pulita e pensa che sia uno scherzo, al punto che non vorrebbe nemmeno sporgere denuncia. Il maresciallo insiste e, in presenza del professor Laurana, compilano il verbale.

Il professor Laurana insegna italiano e latino perciò, quando legge la lettera al rovescio, nota subito la scritta “UNICUIQUE”. Laurana è un tipo curioso, un po’ strano, non ha amici eccetto Rosci, il suo ex compagno del liceo. Perciò, quando il giorno seguente i due cacciatori vengono uccisi, rimane sconvolto.

Decide di scoprire la causa dell’assassinio e inizia la sua ricerca, in parallelo a quella della polizia. Cosa avrà fatto di così grave il povero Manna per meritare una fine così crudele? Il libro ci fa seguire i ragionamenti dell’improvvisato ispettore. L’impacciato Sherlock Holmes segue le tracce, analizza gli indizi, interpella i sospettati e nota tutti i dettagli. A guidarlo è solo il suo senso del pericolo, un istinto quasi animale sviluppato naturalmente a causa dell’ambiente in cui vive.

Durante la sue ricerche viene esaminata la società siciliana di metà degli anni ‘60.

La maggior parte della popolazione era profondamente religiosa; essere ateo come il padre di Roscio era una vera e propria umiliazione per la famiglia. Allo stesso tempo la Chiesa era un’istituzione di facciata per molti che, per accontentare la famiglia, prendevano i voti. Don Luigi Corvaia indossa la tunica solo per ottenere l’eredità dello zio e non si vergogna di mostrarsi come un prete diverso: libero e corrotto.

In questo ambiente il matrimonio era l’obiettivo a cui dover aspirare. Le giovani nubili erano viste come degli oggetti, da proteggere affinché rimangono pure fino al matrimonio. Se si sospettava che una ragazza avesse una relazione prima del matrimonio, doveva subire l’ira dei parenti, dei futuri suoceri e veniva segnata a vita come “la prostituta del paese”. Il matrimonio offriva anche un’occasione politica: per riappacificare le famiglie e per “sistemare la roba”.

L’appartenenza a un partito era un’informazione importante per identificare una persona, ma alla fine, tutti quanti erano accomunati dalla stessa visione della vita: sia che fossero di destra, sia che fossero di sinistra dovevano tenere la bocca chiusa davanti ai poteri forti.

Un giallo avvincente che coinvolge il lettore nella sua semplicità. Un racconto realistico che ci fa avvicinare a una realtà governata dalla paura dei potenti in cui l’unico scopo è quello di rimanere vivi, i morti vanno seppelliti senza fare troppe domande.

TI È PIACIUTO L'ARTICOLO? CONDIVIDILO!

LEGGI ANCHE O maè-storia di judo e di camorra