SCHINDLER'S LIST

Di Francesca Busceti | 27/01/2022








Regia: Steven Spielberg

Anno di produzione: 4 marzo 1994

Lingua originale: inglese

Paese di produzione: Stati Uniti d’America

Genere: drammatico, storico, biografico, guerra

Qual è il reale valore, il costo di una vita umana?

“Avrei potuto comprarne di più, uno almeno, un’altra vita… Non ho fatto abbastanza, avrei potuto comprarne di più…”.

Schindler's List è uno dei più celebri film dedicati al tema dell’Olocausto, prodotto nel 1993 e diretto da Steven Spielberg. Ha ricevuto 12 nomination agli Oscar, di cui ne ha vinti 7.

Il film è ambientato nella Cracovia del 1939, poco dopo l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. La Polonia è invasa da Hitler e le restrizioni per gli ebrei diventano sempre più opprimenti.

Inizialmente viene vietato loro di possedere oggetti di valore, poi sono costretti a vivere in un ghetto. Successivamente cominciano le deportazioni e i viaggi sui treni della morte.

Agli ebrei viene impedito di condurre attività commerciali, e di questo divieto approfitta l’imprenditore Oskar Schindler, che vuole assumere manodopera a basso costo nella sua fabbrica. La più grande abilità di Schindler è la comunicazione con le persone. Grazie a questa, conosce e ottiene la simpatia di importanti membri delle SS, nonché di Itzhak Stern, ex-contabile ebreo che sarà indispensabile per l’amministrazione delle finanze dell'industria.

Itzhak e Oskar costruiranno, con il tempo, un profondo rapporto di amicizia e reciproca fiducia.

L’azienda di Oskar, chiamata DEF, gode inizialmente di apparente benessere economico; ma la situazione viene ribaltata quando il capo delle SS Amon Göth decide di costruire un nuovo campo di concentramento a Cracovia. Con una retata, tutti gli abitanti del ghetto vengono o deportati o uccisi: l’inizio del massacro costituisce la fine dell’attività di Schindler. Perciò, decide di convertire la produzione di pentole in munizioni e granate per l’esercito. In questo modo, non perde i suoi lavoratori e offre loro una speranza di vita. Con il tempo, infatti, aveva cominciato ad affezionarsi ai suoi operai, per lui a tutti gli effetti persone.

Un altro ordine tedesco rivoluziona di nuovo la quotidianità: la traccia di speranza data agli operai nella fabbrica di Oskar, gli viene strappata via. Tutti i prigionieri del campo di concentramento di Cracovia vengono trasferiti nell’ancor più tremenda Auschwitz, dove sono destinati alla “soluzione finale”: la morte nelle camere a gas.

Così, Oskar Schindler si convince a compiere un atto di umanità, qualcosa che nessuno sembra possedere. Decide di pagare una somma di denaro per “comprare” ogni suo dipendente e sottrarlo all’orrore di Auschwitz. Insieme a Itzhak Stern, Oskar Schindler scriverà la Schindler List, la lista di chi verrà salvato.

Quando la guerra è in procinto della fine e con la resa della Germania, Oskar è costretto a fuggire, in quanto ufficialmente membro del partito nazista. Prima della sua partenza, gli operai gli consegnano un anello d’oro su cui è incisa la frase della Bibbia: “chi salva una vita, salva il mondo intero” e una lettera firmata dai più di 1100 dipendenti in cui viene spiegato che Schindler è innocente.

Davanti alla folla dei suoi lavoratori, le stesse a cui aveva salvato la vita, Oskar Schindler piange e si dispera sulla spalla di Stern. “Avrei potuto comprarne di più, uno almeno, un’altra vita… Non ho fatto abbastanza, avrei potuto comprarne di più…”. Ma qual è il reale valore, il costo di una vita umana?

L’atrocità dell’Olocausto, del periodo più crudele e terribile della storia contemporanea, viene nel film narrato magistralmente. Il livello che può raggiungere la follia umana è spaventoso e incredibile.

Com’è possibile che sia realmente accaduto, com’è possibile che l’umano possa essere disumano? È il sadico divertimento che la crudeltà e violenza immotivata stimola? No, sono atti compiuti nella più totale indifferenza… È l’appagante sensazione di possedere il potere?

Non è un caso se Spielberg sceglie di girare la pellicola quasi interamente in bianco e nero: la monocromia è la rappresentazione della cupezza e del dramma della Shoah, ed esalta l’uguaglianza tra gli esseri umani. Citando Spielberg stesso: «L'Olocausto fu vita senza luce. Per me il simbolo della vita è il colore. Per questo un film che parla dell'Olocausto deve essere in bianco e nero».

Sono tre le scene in cui l’uso ne viene abbandonato: la prima è quella iniziale, dove si vede l’accensione di due candele e la celebrazione dello Shabbat, la seconda riguarda il solo particolare del cappotto rosso di una bambina, la terza è la scena finale.

Le candele sono come una luce che brilla nelle tenebre, simboleggiano un barlume di speranza.

Il colore rosso emerge ancor di più tra il circostante bianco e nero. Nell’orrore assoluto, lo strazio, la devastazione, appare una tenera bambina vestita di rosso: questa è la personificazione dell’innocenza degli ebrei, il cui sangue è stato ingiustamente versato. La sua figura ritorna, poi, come cadavere tra una pila di cadaveri: ecco la morte dell’innocenza.

Infine, il colore riappae completamente. Arriva di nuovo la vita, la felicità, l’umanità. I dipendenti di Oskar Schindler appoggiano un sasso sulla sua tomba.

Ritengo questo film tanto straziante quanto impressionante. Essenziale, pulito, eccezionale… Ci sarebbe una lunga lista di aggettivi.

Con la ricorrenza della giornata della Memoria del 27 Gennaio, ne consiglio ancor più caldamente la visione.

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