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Mirò realizza le Costellazioni tra il 1939 e il 1941, una serie di 23 tempere. Il pittore, dopo aver guardato il foglio che aveva usato per pulire i pennelli utilizzati per i dipinti ad olio, con una procedura tipicamente surrealista, lo trasformò nel fondo per un dipinto a tempera.
Dopo aver lavorato ai dipinti intingevo i pennelli nella trementina e li pulivo sui fogli di carta bianca dell’album, senza alcuna intenzione premeditata. La superficie assorbente della carta mi metteva in uno stato d’animo positivo e suscitava la nascita di forme, figure umane, animali, stelle, il cielo, la luna, il sole. Le disegnavo a carboncino con tratti vigorosi… Avevo dato ai miei dipinti dei titoli molto poetici perché così avevo deciso e perché tutto ciò che mi restava, allora al mondo era la poesia (Joan Mirò).
processo
Analoga operazione viene proposta agli studenti partendo da una poco conosciuta composizione di Theo Van Doesburg: Composition XIII del 1928 (olio su tela, 29 x 30 cm, Stedelijk Museum, Amsterdam, Netherlands). Il dipinto presenta solo tre colori con una composizione organizzata su un reticolo rigidamente cartesiano.
We speak of concrete and not abstract painting because nothing is more concrete, more real than a line, a colour, a surface. Theo Van Doesburg, 1925
Per svolgere il lavoro ogni classe dispone di tre cartoncini 50x50 cm di colore bianco, nero e grigio. La prima classe sceglie alcune linee del reticolo e le usa per scomporre le forme del dipinto ritagliando il foglio nero. Passa i ritagli alla classe successiva che li adopera per realizzare una composizione nero su bianco. Poi ritaglia secondo nuovi criteri il cartoncino grigio sovrapponendolo al lavoro appena realizzato. Così via fino all'ultima classe che passa i sui ritagli alla prima per concludere il ciclo. Il risultato finale è costituito da nove composizioni collegate fra loro.
Il progetto è stato ri-tarato sulla base della contingente modalità della didattica a distanza in conseguenza dell'emergenza covid 19. Si è proposto un workshop on line di una settimana portando avanti lo stesso tema, ma con necessarie semplificazioni e accorgimenti. Il riferimento per la nuova declinazione dell'esperienza progettuale sono i Telephone Pictures di László Moholy-Nagy (EM1, EM2, EM3, 1923) a proposito dei quali l'autore, collega dello stesso Theo Van Doesburg alla Bauhaus, racconta: nel 1922 ho ordinato per telefono a una ditta di pubblicità cinque dipinti in porcellana smaltata. Davanti a me avevo il catalogo dei colori della ditta e intanto schizzavo i miei quadri sulla carta millimetrata. All’altro capo del telefono un dirigente della fabbrica aveva lo stesso tipo di carta, divisa in quadretti. Egli ha trascritto nella giusta posizione le forme dettate per telefono.
Le scelte compositive sono state effettuate dalle nove classi in videoconferenza, condividendo lo schermo del dispositivo. Una griglia quadrettata ha aiutato a collocare nel punto prescelto le sagome ottenute. I risultati (vettoriali) sono stati esportati in un formato adeguato per essere trasmessi ad una macchina da taglio a controllo numerico alla quale delegare tutto il lavoro esecutivo. Il risultato finale è costituito da 9 immagini stratificate derivate dall'opera di Theo Van Doesburg, frutto del lavoro collettivo di 183 studenti, riportate nei tre colori primari sotto forma di stampa digitale.
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