Il filo rosso dell’amore

Abbiamo chiuso ieri il nostro Convegno – e l’Associazione culturale “Casa Alta” ha proceduto subito dopo alla celebrazione della sua prima assemblea – con il cuore gonfio di emozioni, possiamo dirlo e riconoscerlo.

Sono convenute – già, proprio “con-venute” – a Trieste persone dalle più diverse provenienze, da Napoli a Milano, da Pisa a Vicenza, da Roma a Gorizia, da Siena ad Asti, passando per Ferrara. E sono venute in aereo, in treno, in macchina e pure in bus.

Sono convenute perché?

La risposta sembra di una banalità sconcertante ma è vera in quanto semplice: perché a Trieste, da giovedì a ieri, abbiamo festeggiato il volerci bene. Punto e basta.

Non era un convegno di studi, non era un corso di formazione, non era neppure un incontro informale, era la polifonia policromatica dell’amore tradotta in gusto per la parola e per il ragionamento critico.

Andrea Grillo ha agitato il mio sonno tra venerdì e sabato con quella frase di Armido Rizzi che ha voluto condividere con noi nel corso della sua comunicazione di venerdì scorso: “Solo l’amore può essere comandato, l’amore può essere solo comandato.”

Ci ha spiegato che si tratta di “obbedienza” a qualcosa cui non si può fare a meno di obbedire e tuttavia il paradosso di un rapporto quasi obbligato tra amore e legge permane.

Un po’ come le parole di Lc 7, 47: “Colui cui si perdona poco, ama poco”. Per amare c’è bisogno di trasgredire la legge, l’amore ha i suoi comandamenti, potremmo addirittura ricorrere a Gianni Morandi senza celia.

A breve saranno disponibili i video di tutti gli interventi che saranno anche caricati su youtube.

In questo numero del nostro giornale rendiamo da subito disponibili – in modalità audio e “open”, senza bisogno di password – l’intervento di Andrea Grillo, del Presidente di Caritas Italia, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli Arcivescovo di Gorizia e di Marco Politi, noto vaticanista.

Andrea Grillo si è chiesto se le nostre comunità non siano ancora ridotte ad una pastorale di particole tonde e veglie pasquali a mezzogiorno. Abbiamo voluto “fare memoria” per cogliere una complessità che nessun abitudine devozionale può districare.

Questa è stata l’unica edizione di “Fare memoria” o la prima (o la zero)? Oggi, a caldo, nella domenica della Barcolana, non lo sappiamo ancora. Molte idee sono fiorite e le identità sono state tutte messe in gioco. Non si può infatti andare alla Risiera di San Sabba e poi alla Foiba di Basovizza e rimanere gli stessi di prima. Trieste va continuamente all’un luogo e all’altro e ci va perché non può farne a meno, perché la carne viva è ancora ferita dal Novecento che qui non passerà mai.

Mi viene in mente una suggestione, non so quanto fondata. Chi ha partecipato al Convegno “Fare memoria: l’amore, la legge” ha avvertito come intensamente presenti coloro che non c’erano ma avrebbero voluto. La presenza degli assenti, come quando i monaci recitano al termine di Compieta la preghiera “et cum fratribus nostris absentibus”, che è tutto fuorché formalismo.

Due esponenti del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI) erano con noi: niente poco di meno che la cattolica Adriana Valerio e la protestante Letizia Tomassone.

C’era con noi, subito, giovedì, il canonista ed ecclesiasticista Pierluigi Consorti, venuto appositamente da Pisa anche solo – come ci ha detto – “per un momento di saluto” e l’emozione, nostra e sua, ha valorizzato le sue parole, non le ha illanguidite.

Ha aperto il Convegno la lezione magistrale di Raoul Pupo, storico insigne della nostra Università.

La perizia straordinaria di Giovanni Minnucci ha saputo rapire i presenti all’ascolto di che cosa il giurista del Cinquecento Alberico Gentili avesse voluto dire con il suo “silete theologi in munere alieno”. E tutto questo nella Sala della Chiesa Metodista di Trieste.

E Paolo Benedetti, prima di recarci alla Risiera e alla Foiba, ci ha parlato di Gerusalemme, città simbolo e città fatta utopia.

Avevamo tra noi il delegato vescovile all’Ecumenismo della Diocesi di Asti, don Carlo Pertusati, e il poeta bancario Domenico Petraroli. E il poeta – mio fratello gemello per motivi non anagrafici – Stefano Talamini.

E ieri mattina ha parlato, dopo mons. Redaelli, il vaticanista Gianni Di Santo e poi la vaticanista Emanuela Provera e, dopo Politi, il Presidente della Cooperativa Adista Valerio Gigante.

Pietro Piro ha fatto giungere per iscritto il suo intervento – non potendo presenziare di persona – che è stato letto e distribuito; Mariachiara Tirinzoni ha attratto a sé gli interessi di tanti, sapendo unire rigore metodologico e sapienza evangelica, e ha corrisposto con il suo interesse per la nostra città. Stefano Agnelli ci ha appassionatamente coinvolti nel turbinio di apparente follia proprio dell’arte di Hyeronimus Bosch.

Ora il filo rosso è stato snodato: chi lo trae ancora? Chi lo tesse? Chi lo raccoglie? Chi lo sa.

Pensare ad una cosa del tipo “Fare memoria: il gioco, la musica” per una seconda edizione 2020 – i giorni sarebbero già dettati: 8, 9 e 10 ottobre, cadendo la Barcolana l’11 (del 2020) – forse non è una cosa da pazzi. O forse sì. E per questo ci piace tanto.

Buona domenica sera.

 

Stefano Sodaro