Fare memoria insieme

Composizione originale di don Paolo Iannaccone

Possiamo confermare, in questa ultima domenica di luglio, che da giovedì 10 ottobre a sabato 12 ottobre di quest’anno, a Trieste, presso la sede della Chiesa Metodista, si svolgerà una tregiorni dedicata sì ai 10 anni ed all’uscita del numero 500 del nostro giornale, ma dedicata in realtà, al di là della circostanza celebrativa, a capire in quale direzione possa andare la passione di molte e molti che, nel tempo – 10 anni non sono pochissimi –, hanno posto precise, anche se talvolta magari silenziose, domande a questo nostro settimanale.

Credo si debba ammettere che un tessuto amicale, di calda e intensa relazionalità, abbia progressivamente composto l’abito del nostro Rodafà più di altri materiali che possono dare identità ad una pubblicazione. Ci abita, ci ha abitato, ci abiterà una fortissima passione, talmente intensa da doverci talora anche schierare in modo netto non solo in nome delle grandi conquiste civili, sociali, politiche, ecclesiali, di storica affermazione, ma anche in nome di quest’essere amici, appunto, che decide delle opzioni da attuare, pur consapevoli di errori, sbagli, cadute, equivoci, travisamenti, incertezze.

C’è un nesso molto profondo tra amicizia e memoria. L’amicizia costruisce una memoria e la memoria setaccia la verità dell’amicizia.

Potremo dunque fare memoria insieme con chi vorrà (e potrà).

Raccogliamo da qualche tempo anche obiezioni e prese di distanza, ci auguriamo non inimicizie ed avversioni, ma pensiamo faccia parte della stessa calda relazionalità della vita – quando non presenta i suoi geli affettivi – assumere pure il conflitto, senza eccessive tristezze e senza eccessivi turbamenti. Il Qoelet insegna che c’è un tempo per ogni cosa sotto il sole.

Sicuramente l’amicizia, in tutte le sue declinazioni – nessuna esclusa -, dovrà essere posta a tema dei lavori della nostra tregiorni.

E durante quelle giornate si terrà anche la prima Assemblea ordinaria dell’Associazione culturale “Casa Alta” che con questo giornale condivide (almeno) il Presidente, trattandosi del sottoscritto direttore.

Anche attorno a “Casa Alta” stiamo raccogliendo lo stesso calore, la stessa intensificazione di rapporti, che ci investe di responsabilità, dovendo unire la consapevolezza alla fedeltà verso ciò che ci ha impegnati quantomeno ogni domenica qui.

E non vogliamo girare pudicamente intorno ad una delle costanti del nostro struggerci più o meno quotidiano in un approfondimento dapprima interiore, quasi intimo – anche di studio, lo ammettiamo con semplicità e modestia –, che poi diventa partecipazione domenicale. Una di queste costanti è l’amore, il senso dell’amore, il suo significato, il suo contenuto, il suo “ruolo”, il suo “codice”.

Con la parola “amicizia” il termine “amore” condivide le prime due lettere, non pensiamo sia per caso.

Però nell’amore, così come nell’amicizia, sono convocati i temi della reciprocità, del godimento, del piacere dello stare insieme, dell’elettività dei rapporti o della loro esclusività.

L’amore ha pure le sue memorie, così come la memoria – la comunanza di memorie anche inespresse ed anche inesprimibili – fa scaturire l’amore.

Però di amore non si può più parlare e ragionare con sussurri nelle orecchie, dietro separé e in ristrette conventicole molto rispettose d’ogni privacy.

Il tema dell’amore deve diventare una grande, fondamentale, imprescindibile questione pubblica.

Cosa è amore, insomma, e cosa no. Fare memoria interrogando la dialettica tra amore e legge punta proprio alla formulazione di tale domanda. Le risposte non sono anticipabili perché non le conosciamo. Potremo elaborarle insieme.

Sarebbe bello se per i prossimi dieci numeri del nostro giornale, dunque sino alla domenica precedente alla “Barcolana”, sino al numero 525, potesse avviarsi una specie di “laboratorio” – nelle forme comunicative più diverse – intorno alla questione dell’amore.

Nella prima lettura della liturgia romana di quest’oggi, dal Libro della Genesi, la stupefacente trattativa tra Abramo e Dio sul numero dei giusti a Sodoma e Gomorra sembra quasi presentare un Dio che si converte all’amore. Sembra quasi che Abramo insegni a Dio come si ama e che Dio si lasci educare. Una pagina che sarebbe al limite della blasfemia se non risultasse, al contrario, di totale tenerezza. Farci noi padri e madri di Dio.

Il convegno di ottobre a Trieste vedrà presenti teologi, teologhe, storiche, storici, poeti, giornalisti e giornaliste, artisti ed artiste, filosofi e filosofe. Proveremo a fare memoria insieme. Di che cosa? Di ciò che siamo.

E se siamo, siamo amore. Oggettivamente. Altrimenti non saremmo nulla. 

Vi aspettiamo, dunque, davvero di tutto cuore.

A Trieste, dal 10 al 12 ottobre.

Poi il 13 ci sono le vele, che fanno correre sul mare.

Buona domenica.

 

Stefano Sodaro