La strana storia dell’elenco dei papi

Allegoria del Concilio di Pisa del 1409, di Michael Wolgemut (1434-1519)

- immagine tratta da commons.wikimedia.org

L’idea del primato petrino è talmente radicata nel mondo cattolico, che c’è chi dà per scontato anche il primo presupposto (che cioè Pietro sia stato veramente il primo vescovo romano: n. 85 Catechismo), tanto da non sentirsi in dovere di citare alcuna fonte [1] a sostegno di questa tesi. La maggioranza dei cattolici, indottrinata a senso unico, è realmente convinta di questo. Siamo probabilmente davanti a una tipica affermazione storicamente indimostrata che, essendo stata ripetuta e ripetuta nel corso dei secoli, è diventata verità indiscutibile, storica e teologica, contaminata di sacralità, e chi la contraddice si attira la maledizione divina.

Oggi, da noi, qualsiasi elenco ufficiale di papi comincia infatti con Pietro. La fonte utilizzata è l’Annuario Pontificio pubblicato annualmente dalla Libreria editrice Vaticana, la cui intestazione recita: “I Sommi Pontefici Romani secondo la cronotassi del Liber Pontificalis [2] (antesignano dell’annuario) e delle sue fonti.”

Escluso ormai dagli storici che il primo suo autore sia stato san Gerolamo, si propende per una prima stesura fra il IV e VI secolo ma, alla pari del Catalogo Liberiano [3] che ne costituisce la base, le informazioni che riporta sono ormai riconosciute di scarso valore storico; esse iniziano a essere di qualche utilità soltanto per il periodo che va da Atanasio II (496-498) in poi [4]. In altre parole, dei primi quattrocento e rotti anni della storia della Chiesa sappiamo veramente poco ancora oggi.

Per molti credenti, perciò, sarà un vera e propria sorpresa leggere che «secondo il primo computo dei papi, in uso fino alla fine del II secolo, quando invalse l’uso di iniziare a contare da San Pietro, Lino era considerato il primo vescovo di Roma» [5].

Che sant’Agostino d’Ippona [6] (354-430) cominci l’elenco dei papi da Pietro (poi Lino, Clemente, Anacleto, Evaristo e Alessandro), oppure che anche Ottato di Milevi (oggi in Algeria), della cui vita non si sa quasi nulla tranne che visse nel IV secolo d.C., abbia scritto che “nella città di Roma a Pietro, per primo, fu assegnata la cattedra principale sulla quale si assise lui, Pietro, il capo di tutti gli apostoli, da cui prese pure il nome di Cefa. In quell’unica cattedra doveva, da parte di tutti, essere assicurata l’unità, perché gli altri apostoli non pretendessero, ognuno per sé, singole cattedre” [7] si spiega col fatto che la loro idea era ormai conforme alla tradizione che si era venuta via via affermando. Sarebbe allora più giusto concludere che Pietro è solo per tradizione considerato il primo papa, soprattutto a causa (per come visto dal magistero) della sua nomina da parte di Gesù. Questa tradizione è giunta fino a noi; ma come si è detto nell’articolo La Tradizione al n. 463 di questo giornale (https://sites.google.com/site/numerigiugnoluglio2018/numero-463---29-luglio-2018/la-tradizione), che un fatto sia a noi giunto attraverso la tradizione non significa che sia anche vero, ma solo che è antico.

Se andiamo ad esaminare le fonti alle quali gli autori cristiani attingono per spiegare su quali concreti elementi ci si appoggi per affermare che Pietro fu il primo vescovo di Roma, troviamo subito una certa confusione. Ad esempio, il reverendo Parsons scrive nella sua monumentale opera [8] in sei volumi che il primo catalogo dei papi venne stilato da Hegesippus (Egesippo) verso il 170 d.C., come riportato da Eusebio di Cesarea (265-340 d.C.) nel suo libro IV, al cap. 11; il secondo elenco è quello di Ireneo di Lione morto nel 202 alla fine del II secolo, ed entrambi iniziano con Pietro [9]. Quindi, perché dovremmo dubitare?

In realtà Egesippo (110-180 d.C.), giunto a Roma, avrebbe stilato una lista di successione dei vescovi di quella città fino ad Anacleto [10]. Secondo il Liber Pontificalis questa sarebbe la prima lista in assoluto, ma sfortunatamente non ci è pervenuta, visto che della sua opera ci sono giunti solo alcuni minuscoli frammenti. Quindi Egesippo non può essere utilizzato. Comunque, si replica, la sua lista è stata ripresa da Eusebio di Cesarea [11].

Inaspettatamente, però, altri teologi – pur confermando che le prime liste dei vescovi romani ci sono giunte sostanzialmente attraverso Ireneo ed Eusebio (nel quale confluirono Egesippo e anche Giulio Africano),- affermano esattamente il contrario: che cioè nella più antica lista romana dei vescovi curata da Ireneo viene nominato Lino come primo vescovo di Roma, e nessun Pietro [12].

Qualcosa evidentemente non quadra, per cui non ci resta che andar a controllare di persona le fonti citate (cosa che possano fare tutti i lettori autonomamente, ormai normalmente anche su internet).

C’è subito da confermare che effettivamente gli antichi documenti mostrano grande incertezza. Comunque, il capitolo 11 di Eusebio, indicato dal Parsons, parla del martirio di Policarpo [13], ma non parla assolutamente dei vescovi di Roma. Siamo davanti a una citazione imprecisa. Altrettanto imprecisa mi sembra anche l’opposta attribuzione a Sesto Giulio Africano di una lista di vescovi. Neanche questa cronografia dell’Africano ci è pervenuta, anche se sarebbe stata recepita da Eusebio di Cesarea. Però, pur avendo cercato, non sono riuscito a trovare alcun riscontro né nel suo Chronicon, né nella Historia Ecclesiae [14]. 

Men che meno decisivo appare sant’Ippolito (170-235 d.C.) [15], il quale mette Pietro al primo posto nell’elenco dei 12 apostoli, non dicendo che fu vescovo di Roma ma semplicemente che predicò in Italia; nel successivo elenco dei 70 apostoli, mette al primo posto Giacomo, fratello del Signore, come vescovo di Gerusalemme; al 39 posto mette Lino, indicandolo espressamente come vescovo di Roma. È vero che nessun altro viene indicato come vescovo di Roma prima di Lino, ma neanche si afferma che Lino fu il secondo vescovo di questa città. Il testo dunque resta ambiguo. Altrettanto ambiguo è il Carmen adversus Marcionites [16] di autore ignoto, risalente fra il 420 e il 520 d.C.: qui si dice che Pietro aveva occupato la cattedra di Roma, per poi cederla, come primo, a Lino; seguono Cleto, Anacleto [17] e Clemente. Se fosse detto che la cattedra era stata ceduta a Lino come secondo, non ci sarebbe dubbio che anche Pietro debba essere considerato come vescovo, ma così sembra che Pietro debba essere tenuto fuori della lista.

Stando a Tertulliano, che scriveva intorno al 199, la Chiesa di Roma sosteneva che Clemente fosse stato ordinato da  Pietro [18], e anche san Gerolamo (347-420 d.C.) affermava che, ai suoi tempi,  la maggior parte dei latini era convinta che Clemente fosse stato l’immediato successore dell’apostolo, anche se egli, personalmente compila questa lista: Pietro, Lino, Anacleto, Clemente [19]. Ritenendo oggi che Pietro sia stato martirizzato fra il 64 e il 67, ed essendo Clemente stato papa dall’88 o 92 d.C., c’è un evidente buco di quasi un quarto di secolo: ci devono essere stati per forza altri vescovi a Roma. Questo lo si era capito, del resto, già nel lontano passato, quando si obbiettò che se Lino e Cleto furono vescovi di Roma prima di Clemente, come poteva dirsi che quest’ultimo aveva avuto l’investitura direttamente da Pietro? L’affermazione venne in allora spiegata in questi termini: Lino e Cleto furono veramente vescovi di Roma prima di Clemente, ma quando Pietro era ancora in vita, per cui essi avrebbero avuto l’incarico di vescovi, mentre Pietro sarebbe rimasto apostolo  [20]. Poi Pietro avrebbe fatto ancora in tempo a nominare Clemente. Si è visto però che gli anni non combaciano essendo Pietro morto una ventina d’anni prima dell’elezione di Clemente.

È poi curioso notare come Ignazio di Antiochia (35-107) scrivendo all’inizio del II secolo la sua lettera alla comunità romana mentre veniva portato al martirio, non menzioni mai un vescovo di quella sede, pur facendo cenno a Pietro e Paolo come apostoli (non come vescovi) [21]. Si rivolge a tutta la comunità romana come a dei fratelli, ma neanche accenna al fatto che a Roma possa esservi, non dico il vescovo dei vescovi, ma neanche un solo vescovo. Nessun singolo individuo sembra detenere il governo episcopale nella città eterna, e se lo detiene resta confuso in mezzo agli altri fratelli della comunità, che sembra una comunità di eguali, nella quale chi occupa un posto o l’altro perde importanza di fronte a questa comune dignità [22]. Anzi, nel saluto introduttivo si rivolge “alla chiesa che ha la presidenza sulla regione dei Romani”: di sicuro non si può trarne la conclusione che una sola persona, il vescovo di Roma (che neanche si sa se esiste), abbia il controllo su tutte le chiese d’Occidente.

Ireneo di Lione (130-202 d.C.), che ha fatto un elenco di papi, afferma che furono Pietro e Paolo a gettare le fondamenta della Chiesa a Roma [23], ma questa tesi, che in passato era data per certa, viene oggi messa in dubbio perfino nel mondo cattolico [24]. Qualche autore afferma addirittura che, se si segue Ireneo, Pietro e Paolo sarebbero stati i primi vescovi di Roma [25], senza però citare la fonte da cui ricava la notizia, che quindi diventa incontrollabile. Invece è documentato che questa tesi venne sostenuta non da Ireneo, ma da Epifanio di Salamina (310?-403 d.C.), in seguito denominata Famagosta (di Cipro), il quale dice espressamente [26]: «i vescovi di Roma erano, per primi, Pietro e Paolo (nda: cioè gli stessi apostoli sarebbero stati pure vescovi), poi Lino, poi Cleto, poi Clemente, un contemporaneo di Pietro e Paolo, che Paolo menziona nella sua Lettera ai Romani». È stato giustamente obiettato che simile tesi appare quanto mai improbabile perché è contrario ad ogni regola e tradizione avere in funzione due vescovi legittimi nella stessa sede in contemporanea [27]. Dunque, se si volesse basare il primato sul fatto che Roma ebbe all’inizio come vescovi due fra i più autorevoli apostoli, la tesi appare traballante, ed è stato correttamente osservato che purtroppo l’apologetica si fonda sul terreno franoso e insidioso delle leggende, o su fatti che hanno ben poco di storico [28].

Controllabile, invece, è ciò che Ireneo sicuramente ha scritto: «gli apostoli Pietro e Paolo, dopo aver fondato e consolidato la chiesa, rimisero nelle mani di Lino l’ufficio di vescovo» [29]. Saremmo dunque davanti a una nomina congiunta. Ma se Pietro (e Paolo) fossero stati effettivamente vescovi di Roma, avrebbero dovuto rinunciare alla loro carica prima di cederla a Lino, sempre perché non ci possono essere più vescovi nella stessa sede [30]. Inoltre, se la fondazione della comunità romana fu fatta veramente da entrambi gli apostoli, si dovrebbe spiegare il perché si dà preferenza a Pietro anziché a Paolo. Se infine la preferenza si giustifica col fatto che Paolo non fu mai vescovo [31], occorrerebbe pur sempre dimostrare in maniera certa che Pietro fu vescovo di Roma.

Vari autori cattolici vedono una chiara conferma che Pietro fu vescovo di Roma in Eusebio di Cesarea, (265-340) [32], il biografo ufficiale di Costantino e storico della Chiesa, che ha fornito un elenco dei primi papi giunto fino a noi. Nella sua Historia ecclesiae IV, 8 si afferma che «Lino fu successore di Pietro nell’episcopato»; un’ulteriore conferma si troverebbe poi nel libro V, 28, dove (parlando di papa Vittore) si cominciano a contare i papi da Pietro. Ma se si consulta con calma l’intera corposa opera, è proprio lo stesso autore a smentire questa affrettata interpretazione, perché Pietro è un “fuori ruolo,” conteggiato solo come punto di partenza. Infatti, nel libro III, 2 si afferma che «dopo il martirio di Pietro e Paolo, Lino fu il primo ad ottenere l’episcopato a Roma», e lo stesso concetto viene ribadito nel libro V, al cap.6 (intitolato per l’appunto “catalogo dei vescovi di Roma”) dove si legge che: «gli apostoli incaricarono Lino come primo vescovo. Anacleto gli succedette; e al terzo posto, sempre a partire dagli apostoli, fu Clemente a ricevere l’episcopato» (il neretto è mio). Ora, visto che si parla di apostoli al plurale e non di apostolo al singolare, se Pietro fosse da considerare vescovo, lo dovrebbe essere anche Paolo, stante l’abbinamento “Pietro e Paolo”; quest’idea, del resto, si è vista sopra affermata espressamente da Epifanio di Salamina, ma è altrettanto evidente che anche se Pietro fosse stato unico e primo vescovo, oppure lo fosse stato insieme a Paolo, Lino avrebbe dovuto essere il secondo, Anacleto il terzo e Clemente il quarto. Nel libro III, al cap. 13 (intitolato “Anacleto il secondo vescovo di Roma”) si afferma invece espressamente che Anacleto fu il secondo vescovo dopo Lino. Al cap.15 dello stesso III libro (intitolato “Clemente il terzo vescovo di Roma”) si ribadisce lo stesso conteggio: dunque, se Clemente fu il terzo, Lino fu il primo e dopo di lui venne Anacleto, e se la matematica non è un’opinione, non c’è spazio per l’episcopato di Pietro e/o di Paolo. Al successivo cap. 33 dello stesso libro III, si afferma che Evaristo fu il quarto vescovo di Roma, e nel libro IV al cap.1.2. che Alessandro fu il quinto in linea di successione sempre a partire sempre da Pietro e Paolo.

In conclusione, Sant'Ireneo di Lione ed Eusebio di Cesarea concordano che l’elenco dei papi comincia da Lino (poi: Anacleto come secondo, Clemente terzo, Evaristo quarto, e Alessandro quinto), mentre Pietro, al pari di Paolo, non viene affatto computato nel numero dei vescovi di Roma perché sta fuori elenco: è un apostolo, non un vescovo, come si è già detto altre volte.

Né avrebbe senso parlare di episcopato honoris causa perché il titolo di vescovo sarebbe stato comunque inferiore a quello di apostolo, e honoris causa si ricevono solo titoli superiori che ancora non si hanno. Ancora oggi un diplomato può ricevere honoris causa una laurea universitaria, ma non una licenza di scuola media.

A differenza di Eusebio, san Gerolamo, quello della Vulgata e amico di Papa Damaso (379-420), al cap.XV della sua opera effettivamente scriveva [33]: «…Clemente, il quarto vescovo di Roma dopo Pietro, mentre il secondo fu Lino e il terzo Anacleto, anche se la maggior parte dei Latini [34] pensa che Clemente fu il secondo dopo l’apostolo». Qui effettivamente Pietro viene indicato come primo vescovo di Roma.

Ma per saggiare l’attendibilità storica (scarsa) di san Gerolamo, basta ricordare che fu egli a sostenere che Pietro restò a Roma per 25 anni e, sempre al cap.I della sua opera, ad affermare che Pietro scrisse due lettere (tesi sempre accolta nel Liber Pontificalis), e al cap. V che Paolo scrisse 9 lettere, escludendo solo l’attribuibilità a Paolo della lettera agli Ebrei. Anche su questi punti la moderna storiografia lo ha ormai completamente smentito, essendosi ormai appurato che non vi è prova storica di una permanenza di Pietro a Roma per ben un quarto di secolo, e avendo ormai la critica dimostrato che molte delle lettere attribuite ai due apostoli non sono affatto di loro pugno, ma della loro scuola. Dunque, è da prendere con le pinze quanto afferma San Girolamo come storico, preso invece come oro colato dalla Chiesa ufficiale.

In conclusione, più ragionevole appare condividere l’idea di chi afferma, ormai anche dentro alla Chiesa cattolica, che fu solo una tradizione non verificabile ad affermare che fu Pietro ad organizzare la Chiesa di Roma [35], a identificare Pietro come il primo vescovo di Roma: questa tradizione cominciò a formarsi fra la fine del II inizio del III secolo [36], ed è giunta fino a noi, ma solo qui  in Occidente, mentre in Oriente è da sempre fortemente confutata.

I cattolici pensano che i greci ortodossi si siano separati dal vero cristianesimo, che è rimasto integro solo fra i seguaci di Pietro a Roma; gli ortodossi, al contrario, pensano che sono stati i latini romani a separarsi dal vero cristianesimo, che è rimasto integro in Oriente con gli altri undici apostoli.

Il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso [37] ha da tempo (ben prima di papa Francesco) affermato che la pienezza della verità ricevuta da Cristo non dà ai singoli cristiani la garanzia di aver assimilato pienamente tale verità. Bisognerebbe far buon uso di questa affermazione e rifiutare l’idea che quello che c’insegna il magistero di Roma sia sempre la Verità unica e Assoluta.

Dario Culot                                                                                                           

[1] Rev. Johnson G., The story of the Church, ed. Tan Books, Charlotte (North Carolina USA), 1980, 37; Sr. Loyola M., Visualized Church History, Oxford Book Company, New York (USA) 1942; Father Fox R., A Catechism of Church History, ed. Family Fatima Apostolate, Alexandria (South Dakota Usa) 1979, 14; McSorley J., Outline History of the Church by centuries, ed.Vail-Ballou Press, Binghamtonn and New York, 1954, 15. Bargellini P., Mille santi del giorno, ed. Vallecchi, Firenze, 1978, 361 e 533.

[2] Il Liber pontificalis, titolo dato appena nel XV sec. a una raccolta di notizie relative ai vescovi di Roma, compilate in età diverse e di diverso valore, aggiornate con successive continuazioni fino al 1400, presenta numerosi problemi relativi agli autori, alle fonti e al periodo in cui fu compilato, pur restando una fonte di prima importanza per la storia della Chiesa (www.treccani.it). È assodato che per i primi secoli ci sono molte inesattezze.

[3] Trattasi di una lista dei primi papi della Chiesa, di provenienza romana e risalente al IV secolo, poi confluita nel Liber Pontificalis.

[4] Rinaldi G., Cristianesimi nell’antichità, ed. Gruppi biblici universitari, Chieti-Roma, 2008, 485.

[5] Pontificia Amministrazione della Patriarcale Basilica di San Paolo, I Papi – Venti secoli di storia, ed. Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2002, 6: Anche per la New Catholic Encyclopedia, ed.McGraw-Hill book Co., New York e al., 1967, vol.11, 204, “solo fra la fine del II e l’inizio del III secolo si consolidò la tradizione del soggiorno e del martirio di Pietro a Roma”.

[6] Sant'Agostino d'Ippona,  Epistula  n.LIII  ad Generosus, in A selected Library of Nicene and Post-Nicene Fathers of the Christian Church, ed. T&T Clark, Edimburgh (GB), 1989,  vol. I, 298.

[7] De schismate donatistum, II, 2, così come riportato in Bosio G. e al., Introduzione ai padri della Chiesa, ed. Società editrice internazionale, Torino, 1993, 46 s.

[8]  Rev. Parsons R., Studies in Church history, ed. Pustet & Co., New York e Cincinnati (USA), 1886, 13.

[9] In tal senso anche  McSorley J., Outline History of the Church by centuries, ed.Vail-Ballou Press, Binghamtonn and New York, 1954, 16.

[10] Hegesippus, Frammenti dai suoi cinque libri degli Atti della Chiesa, frammento del suo viaggio a Roma, in www.documentacatholicaomnia.eu.

[11] Schindler P., Petrus, ed. SAT, Vicenza, 1951, 544, il quale avrebbe ripreso un elenco di Giulio Africano.

[12] Levillan P., Dizionario storico del papato, ed. Bompiani-RCS. Milano, 1996, vol. II, 891. Küng H., La Chiesa, ed. Queriniana, Brescia, 1967, 533 s.

[13] Eusebio, Storia della Chiesa, IV, 11, testo inglese in www.documentacatholicaomnia.eu. Policarpo fu scelto come vescovo di Antiochia, secondo in successione a Pietro (Eusebio, Historia ecclesiae, III, 36, rigo5-6, in www.documentacatholicaomnia.eu).

[14] Nel Chronicon ci si richiama all’Africano ai §§ 22, 31, e 42; nella Historia Ecclesiae al libro I, 7 e VI, 31; in nessuno di questi passi c’è un riferimento ad una qualche lista episcopale.

[15] Hippolytus Romanus, Dubious and Spurious Pieces (trad. Scaff), in www.documentacatholicaomnia.eu.

[16] In www.tertullian.org; sotto voce “Spurious Works”: versione latina, Libro III, 277-280.

[17] C’è da aggiungere che oggi nessun critico dubita che Cleto, Anacleto o Anèncleto siano la stessa persona. Già dal 1947 l’annuario Pontificio ha ufficialmente stabilito che la figura di papa Anacletus coincide con quella di Cletus. Ma il Liber pontificalis, a dimostrazione della scarsa accuratezza storica,  riteneva trattarsi di due papi diversi e neanche consecutivi.

[18] Tertulliano, De prescriptione Hereticorum, 32, in www.documentacatholicaomnia.eu.

[19] San Girolamo, De viris illustribus, XV, testo latino in link di wikipedia, sotto voce De viris illustribus.

[20] Vedasi Pseudo-Clemente-Recognitions, Lettera al vescovo Gaudenzio, in www.documentacatholicaomnia.eu: “Since Linus and Cletus were bishops in the city of Rome before this Clement, how could Clement himself, writing to James, say that the chair of teaching was handed over to him by Peter? Now of this we have heard this explanation, that Linus and Cletus were indeed bishops in the city of Rome before Clement, but during the lifetime of Peter: that is, that they undertook the care of the episcopate, and that he fulfilled the office of apostleship” [Siccome Lino e Cleto furono vescovi nella città di Roma prima di Clemente, com’è possible che Clemente, scrivendo a Georama, possa sostenere che la cattedra di Pietro gli fu consegnata da Pietro? Ora abbiamo sentito anche una spiegazione di questo tipo, che Lino e Cleto furono davvero vescovi nella città di Roma prima di Clemente, ma quando Pietro era in vita: cioè essi coprivano il ruolo di vescovi mentre Pietro rivestiva quello di apostolo].

[21] Ignatius Antiochensis, Episola ai Romani,§ 1.1.1.5., 3,in www.documentacatholicaomnia.eu.

[22] Un’anticipazione della Lumen Gentium?

[23] Ireneo, Adversus Haereses, Libro III, cap.I, 1, in www.documentacatholicaomnia.eu.

[24] O’Donnel C., Ecclesia, A theological Encycolpedia of the Church, ed. The Liturgical Press, Collegeville (Minnesota USA), 1996, 361.

[25] Kelly J.N.D., The Oxford Dictionary of Popes, ed.Oxford University Press, Oxford–New York, 1986, 6, indica semplicemente Ireneo come autore di questa notizia.

[26] Epiphanius, Panarion adversus omnes haereses, Libro I, sez.2, 27, 6.2., reperibile su internet in versione inglese nel sito www.masseiana.org/panarion.Vedasi anche Simonetti M., Letteratura cristiana antica, ed. Piemme, Casale Monferrato (AL), 1996, vol.2, 481.

[27] Kenrick F.P., The primacy of the Apostolic See, ed. Murphy J. & Co., Baltimore, 1855, 83.

[28] Papini C., Da vescovo di Roma a sovrano del mondo, ed. Claudiana, Torino, 2009, 27.

[29] Ireneo, Adversus Haereses, III, III, 3 in www.documentacatholicaomnia.eu.

[30] Vedasi, fin dall’inizio, Eusebio, Historia eccleasiae, VII, 36, 43, 11,  in www.documentacatholicaomnia.eu: ci deve essere un solo vescovo nella chiesa cattolica.

[31] Kenrick F.P., The primacy of the Apostolic See vindicated,  ed. Murphy J. & Co., Baltomore, 1855, 82 s.

[32] Kenrick F.P., The primacy of the Apostolic See vindicated,  ed. Murphy J. & Co., Baltimore, 1855, 82, il quale richiama un certo autore Palmer che avrebbe citato Cronicon n.44. Trattato sulla chiesa, vol II, parte VII, cap.1. p.463.

[33] San Girolamo, Vite di uomini illustri, in A selected Library of Nicene and Post-Nicene Fathers of the Christian Church, second series, vol.III, ed. T&T Clark, Edimburgh (GB), 1989, 366.

[34] Infatti Tertulliano, nel suo De Praescriptione Hereticorum, 32, in www.documentacatholicaomnia.eu afferma  che Clemente fu ordinato da Pietro.

[35] Rev. Laux J., Church History, ed. Berzinger Brothers, New York e al., 1945, 29. Theological Dictionary of the New Testament, a cura di Kittel G. e Friedrich G., ed. Edrdmans Publishing Company, Grand Rapids (USA), 1993, vol.VI, 111.

[36] Kelly J.N.D., The Oxford Dictionary of Popes, ed.Oxford University Press,  Oxford–New York, 1986, 6-7. Theological Dictionary of the New Testament, a cura di Kittel G. e Friedrich G., ed. Edrdmans Publishing Company, Grand Rapids (USA), 1993, vol.VI, 111.

[37] Dialogo e annuncio, n. 49, riportato in AA.VV., E se Dio rifiuta la religione, ed. Cittadella, Assisi, 2005,170 s.