Definizione della Trinità

Disputa sulla Trinità, Andrea del Sarto, 1517-1518, Palazzo Pitti

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E oggi arriviamo al nocciolo della questione. Quelle che, con una terminologia tradizionale, chiamiamo le tre virtù teologali (la fede, la speranza, la carità) esprimono dunque il rapporto con Dio vissuto nel tempo, sempre tenendo fisso lo sguardo su Gesù. In tal modo Gesù diventa l’icona, l’immagine di Dio (2Cor 4, 4), l’immagine della realtà divina che noi cogliamo vivendo le tre dimensioni del tempo. Ma l’immagine di Dio non è Dio, come l’effigie di una persona non è quella persona. Il Dio che si manifesta in Gesù è il compiuto (l’alfa e l’omega), ma è anche il trinitario: il Dio che era, che è, e che viene (chiaramente, questa sì, è una definizione trinitaria richiamata nel Nuovo testamento - Ap 1, 8) [1]. Da qui, appunto, la formula trinitaria. Il che significa che potremmo farci il segno della croce, sostituendo le parole “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” anche con le parole “nel nome del Dio che è, che era e che viene”. Anzi, in questi ultimi tre termini c’è vera uguaglianza, perché anche invertendoli (nel nome del Dio che era, che è e che viene) nulla cambia; ma pensate invece a come striderebbe dire: “nel nome dello Spirito, del Figlio e del Padre”, a dimostrazione che in questa formula trinitaria non si sente una vera uguaglianza.

Scioccati? Perplessi? Guardate che non sto inventando nulla. Nella tradizione teologica questa fede in Dio - come colui che era, che è e che viene ( Ap 1, 8) - si è sempre chiamata la Trinità economica. Si parla di “economia” nel senso di “storia della salvezza” [2]. Quindi le formule trinitarie sono sorte precisamente per descrivere questa storia (o economia) di salvezza [3]. È stato ben sottolineato come il simbolo niceneo-costantinopolitano, cioè il Credo che ancora oggi si recita a messa, metta in primo piano proprio la Trinità economica (la sua rivelazione e azione nella storia), mentre non chiarisce come veramente si articolano unità e trinità [4] in sé (cd. Trinità immanente [5]). Occorre però far notare che anche la parola economia oggi ha assunto un significato del tutto nuovo e diverso, mentre solo nella tradizione teologica è rimasta questo significato antico di “storia della salvezza,” [6] ovvero il modo e il processo di azione di Dio nella salvezza degli uomini. Non è che Dio si presenta davanti a noi, nelle nostre menti, con tre vesti diverse (modalismo); è che noi, essendo immersi nel tempo e a causa della nostra limitatezza lo percepiamo con tre modalità temporali diverse. È la nostra limitatezza che ci impedisce di percepirlo nella sua unicità e completezza (perché in Dio c’è unicità), e lo percepiamo trinitario. Dunque la Trinità economica, presto passata in secondo piano quasi fosse un concetto eretico, non può essere tacciata di modalismo, visto che la distinzione del tempo e quindi nella storia è reale ed assoluta [7], mentre l’eresia c’è quando si afferma che l’unico Dio si presenta a volte come Padre, a volte come Figlio, a volte come Spirito, tre travestimenti (modi di presentarsi) della stessa persona. Nel modalismo, cioè, le tre persone della Trinità vengono intese come tre differenti maschere di un unico essere in sé. Nelle Trinità economica, Dio, completo dall’alfa all’omega, si presenta costantemente come tale, ma per la nostra limitatezza non lo possiamo afferrare come in realtà è.

Per chi è rimasto quanto meno perplesso, pensando che io stia dicendo eresie e che si deve credere solo all’insegnamento del magistero ufficiale, oltre al richiamo del n. 236 del Catechismo, riporto qui di seguito parte del §  della Dichiarazione riguardante gli errori circa i misteri dell’Incarnazione e della Trinità - Mysterium Filii Dei del 21 febbraio 1972 della Congregazione per la dottrina della Fede [8]: «È vero che il mistero della Santissima Trinità ci è stato rivelato nell’economia della salvezza, soprattutto in Cristo, che è stato mandato nel mondo dal Padre e che insieme al Padre manda al popolo di Dio lo Spirito che vivifica [9]. Ma da questa Rivelazione è stata data ai credenti anche una certa conoscenza della vita intima di Dio». I grassetti sono miei e non si trovano nel testo, ma servono a sottolineare:

a) che anche per il magistero ufficiale la Trinità è innanzitutto economica, anche se questo non l’avevo mai sentito dire da piccolo al Catechismo, e credo che pochi ne abbiano sentito parlare anche da grandi.

b) che anche il magistero attuale riconosce - come aveva fatto il Concilio Lateranense IV richiamato sopra alla nota 5 - che Dio resta incomprensibile e ineffabile, e che a partire da questa storia della salvezza si può sbirciare, ma solo velocemente e confusamente come nella nebbia, nella sua vita intima, cioè per intravvedere qualcosa della sua vera essenza. Trasformare però questa visione oggettivamente offuscata (“una certa conoscenza”) in un dogma chiaro e inequivocabile su come Dio è in sé stesso, e pretendere che tutti poi ci credano, mi sembra un passo piuttosto azzardato. La Trinità resta un mistero (n .234-237-1066 Catechismo) anche per il magistero [10], e allora mi sembra illogico imporre dogmi di fede sui misteri: giustamente la gente oggi non si lascia infiammare il cuore da imposizioni non persuasive, che non privilegiano affatto la chiarezza dei concetti, e si basano invece più su disquisizioni teologiche contorte e complicate, tanto da richiedere centinaia e centinaia di pagine di spiegazione. Se servono volumi e volumi per chiarire il concetto, che alla fine non rimane affatto chiaro, significa che la prova di quanto si afferma non è affatto evidente. Quindi si può mettere in discussione una spiegazione ufficiale che resta sempre nebulosa. Chi ha provato cosa vuol dire essere innamorati non ha bisogno di leggere centinaia e centinaia di pagine sull’essenza dell’amore; e chi non ha mai provato l’innamoramento non sarà aiutato in questo se leggerà centinaia e centinaia di pagine sull’essenza dell’amore; men che meno capirà cosa è l’amore se uno gli imporrà di credere che quello che ha letto è il vero amore. Quello che voglio far capire è passando da una formulazione dottrinale a un’altra non si trasmette più niente; forse si potrà trasmettere qualcosa passando da esperienza ad esperienza, nella forma del contatto, da persona a persona, come una fiamma si accende da un’altra fiamma (Enciclica Lumen Fidei, § 37 di Papa Francesco, in www.vatican.va).

In sintesi, le formule trinitarie descrivono questa economia (organizzazione, modo reale di operare nella storia) di salvezza: la Trinità di cui possiamo parlare con sicurezza è solo quella economica. Oggi viene riconosciuto da buona parte dei teologi che non abbiamo più la pretesa di dire cos’è Dio (per cui non possiamo dire nulla con certezza sulla Trinità immanente; non abbiamo verità da dire su Dio; al più riflessioni di uomini che non possono essere imposte come verità assolute agli altri); però possiamo dire qualcosa circa l’esperienza di Dio vissuta nel tempo. Solo questo esprime la formula trinitaria, cioè la Trinità economica [11], o dell’economia della salvezza [12].

Dunque, le formule triadiche tratte dal Nuovo Testamento configurano una teologia trinitaria non “immanente,” ma “economica” [13]. Non siamo in presenza di un’unità-trinità circa l’essenza di Dio, il modo nel quale Dio sussiste (= ciò che Dio è); ma di un’unità-trinitaria in funzione della storia della salvezza (dunque economica, perché della nostra salvezza), di un Padre, un Figlio e uno Spirito che s’incontrano con noi nel tempo. Siamo davanti al modo in cui Dio viene incontro all’essere umano (= ciò che Dio fa per noi). Parlando perciò di un Dio trinitario noi non diciamo cose su Dio, ma parliamo dell'esperienza nostra di Dio vissuta nel tempo. Se il tempo ha queste tre dimensioni reali, riflette una realtà divina (per l’appunto, solo “una certa conoscenza”). Se Dio appare come Trinità (economica) può darsi anche che in sé stesso sia Trinità (immanente), ma mentre il tempo rientra sicuramente nelle nostre possibilità di esperienza, Dio in sé non rientra nelle stesse possibilità, per cui va ribadito fino alla nausea che non dobbiamo avere la pretesa di dire cosa è Dio in sé, perché non lo sapremo mai in questo mondo. Siamo semplicemente davanti a delle modalità (non a delle persone) con cui noi, vivendo nel tempo, descriviamo il nostro rapporto con Dio.

Il grande teologo tedesco Karl Rahner ha sostenuto che la Trinità economica è la Tri­nità immanente, e viceversa. Sul punto sono fioccate le interpretazioni. Dicendo che la Trinità immanente è la Trinità economica (nella citata formula di Rahner ciò è espresso con il termine ‘viceversa’) s'intende dire in realtà che, quando la formula trinitaria assume figura ‘teologica’ in virtù di quella che i padri chiamavano la ‘comunicazione degli idiomi’ [14], anche allora continuiamo a parlare propriamente solo e sempre della economia salvifica e non di Dio in sé [15]. Infatti, a che cosa poi tutto questo corrisponda in Dio in sé, l’uomo non è in grado di dirlo perché la realtà divina resta designata nella ‘economia’, cioè nel suo agire sto­rico, e non in sé. La Trinità cd. immanente resta un mistero assoluto che rimane essenzialmente incomprensibile [16] perché non possiamo sapere nulla di com'è Dio in sé, perché Dio è trascendente e quindi il suo essere e la sua natura sono fuori della nostra comprensione. Perciò i termini utilizzati nelle for­mule di fede trinitaria sono nomi metaforici e non propri: essi non designano direttamente realtà divine, ma esperienze umane [17].

Ecco perché fin dall’inizio si è detto che la Trinità è una “costruzione teologica” umana che cerca di esprimere, sempre con parole umane imperfette, come c’è un rapporto reale tra Dio e la sua azione salvifica, come Dio agisce in rapporto al mondo, come opera la sua salvezza. È un concetto che sintetizza in una “formula breve” l’esperienza della salvezza nella storia, derivante dall’incontro con Dio. Ma lo stesso Rahner, e anche altri teologi, hanno anche messo in guardia: “se non si fa attenzione a questo radicamento dell’esperienza, la speculazione sulla Trinità può degenerare in selvagge e vacue acrobazie concettuali” [18].

La dottrina trinitaria allude all’azione con cui il Dio della salvezza ci viene incontro. Dio, l’unico Dio, fonte della vita, non è chiuso in sé, ma è un Dio di amore e di relazione. Egli riversa il Suo amore e ci viene incontro, si mette al nostro fianco, come Gesù con i discepoli di Emmaus (Lc 24, 15), senza aspettarci seduto  lontano; si rivela storicamente per noi in modo eminente in Gesù di Nazareth (“soprattutto in Cristo” dice la Dichiarazione Mysterium fidei), presentatosi in forma corporea umana in un determinato momento storico. Ma Dio non solo origina la vita, non solo si manifesta nell’uomo Gesù, ma è anche una forza che sostiene il nostro cammino, è un vento (= spirito) che ci sospinge al bene, un consolatore-sostegno-difensore (il cd. Paraclito) nel nostro cammino terreno (“è stato mandato al popolo di Dio lo Spirito che vivifica” dice la Dichiarazione Mysterium fidei). Lo Spirito costituisce la forza attiva di Dio nella storia [19]. Dunque Dio incontra misteriosamente gli uomini non solo nella persona e nella missione di Gesù. Anche dopo la morte di Gesù, gli uomini hanno continuato a sperimentare l’attiva presenza di Dio attraverso l’energia dello Spirito santo che si dona. Si tratta sempre dello stesso unico Dio che si manifesta nella creazione, poi si autoesprime in Gesù (Mc 1, 12; Mt 3, 16; 4, 1; Lc 4, 1) e allora si parla di Figlio di Dio; e poi si dà nella vita della comunità dei credenti e in tutta la creazione, e allora si parla di dono dello Spirito santo. È sempre lo stesso Dio: Dio in Gesù Cristo, Dio nello Spirito Santo, ma sono modi con cui noi vediamo Dio entrare nella storia umana: si tratta di tre diverse relazioni tra Dio e la realtà umana terrena [20]. Questo concetto è stato ben puntualizzato da un autore americano, il quale ha affermato che non si tratta di un triteismo sperimentato dagli uomini alla disperata ricerca di un’espressione monoteistica, ma di una fede monoteistica che cerca il modo di conservare un’esperienza secolare triadica [21]. Diciamo che il tempo è triadico perché ha queste tre dimensioni reali: è pacifico infatti che altro è il passato, altro è il futuro, altro è il presente. Quindi, la nostra esperienza di Dio, nel tempo, è per forza triadica. Torniamo a ripetere: se il tempo nella creazione ha queste tre dimensioni, questo riflette certamente una realtà divina (per l’appunto, solo “una certa conoscenza” come ha detto la Congregazione per la dottrina della fede), anche se cosa sia veramente Dio noi non lo possiamo sapere.

E questo lo dobbiamo sempre, sempre ricordare. Dunque, non stanchiamoci di ripetere che parlando della Trinità non abbiamo la pretesa di dire cosa è Dio in sé. Guai se avessimo la presunzione di tradurre la realtà di Dio con le nostre parole. Sarebbe un Dio meschino, povero, tanto limitato da poter essere rinchiuso nelle nostre ristrette categorie mentali da cui derivano tutte le nostre parole. Quindi abbandoniamo la pretesa di dire cosa è Dio, com’è fatto Dio. Quando diciamo che Dio è Padre, Verbo e Spirito ci riferiamo alla modalità con cui, vivendo il rapporto con Dio nel tempo, riusciamo a descrivere quello che noi viviamo: il riferimento, cioè, a una Parola che ci viene dal passato, a uno Spirito che irrompe dal futuro, a un Principio, un Padre/una Madre di fronte al/alla quale noi oggi accogliamo il dono di vita che ci fa crescere come figli. Ecco come esprimiamo con le parole questa esperienza del rapporto con Dio trinitario vissuto nel tempo.

E in questo modo cade completamente anche l’accusa musulmana di non essere monoteisti.

                                                                                                                                 (continua)

Dario Culot

1 Qui mi richiamo sempre alla tesi espressa da Molari Carlo, Trinità, perché?, conferenza tenuta a Trieste nella chiesa del bambino Gesù il 28.2.2016.

2 La Dominus Iesus al § 13 (in

http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20000806_dominus-iesus_it.html - Dichiarazione sull’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa - Dominus Iesus del 6.8.2000) afferma che bisogna fermamente credere all’unicità e universalità salvifica del mistero di Gesù Cristo.

Sempre la Dominus Iesus al §9, afferma che non ci può essere un'economia del Verbo e un'altra economia del Verbo incarnato di diversa valenza: non ci possono cioè essere due economie di salvezza. E perché mai? Se su un altro pianeta esistesse la vita, non ci potrebbe essere un'altra economia? Non è una domanda peregrina. Pensiamo a quando sono state scoperte le Americhe, e la nostra civiltà ha scoperto che esistevano sulla terra altri individui, non bianchi, non neri, non gialli; e ha così dovuto affrontare il problema se questi altri erano veri uomini.

Perché Dio non potrebbe mettere in atto più strategie, convergenti tutte nel fine unico di salvezza? Perché il progetto di Dio non può essere più complesso di quanto immagina il magistero cattolico? I teologi ortodossi, ad esempio, ammettono che c'è un'economia del Figlio e una dello Spirito, perché un cristomonismo limiterebbe indebitamente l'azione salvifica dello Spirito Santo, riducendolo a vicario di Cristo (Dupuis J., Perché non sono eretico, ed. Emi, Bologna, 2014,143 richiama, ad es. Pavel Evdokimov). La Chiesa orientale espone così un altro dubbio sulla perfetta uguaglianza trinitaria così come invece seguita dai cattolici.

3 Boff L., Trinità e società, ed. Cittadella, Assisi, 1992, 68: Sant’Ireneo fu il primo ad approfondire il discorso trinitario insistendo sulla dimensione salvifica della Trinità. Ireneo ha sostenuto la novità del Dio cristiano che, all’inverso del dio delle religioni pagane, si prendeva cura della creatura da lui plasmata, si preoccupava di ciò che passa dalla vita alla morte al punto di unirvisi lui stesso, facendosi conoscere intimamente per mezzo del Figlio. Ireneo dissuadeva però dallo speculare su ciò che avveniva nel segreto della divinità, sulle sue processioni o generazioni, e suggeriva di limitarsi a ciò che Dio rivela nella ‘economia’ storica delle sue relazioni con gli uomini, per mezzo del Figlio e dello Spirito. I teologi, in seguito, non hanno imitato la sua prudenza, e si sono interessati più ai misteri dell'eternità che alle realtà della storia, e così l'idea di Dio ha finito per oscurarsi nelle speculazioni della metafisica. Il compito della teologia oggi - e numerosi teologi si sono impegnati su questa strada - è quella di riconciliare l’in-sé di Dio e il suo per-noi, la sua eternità e la sua presenza nel tempo (così Moingt J., Dio che viene all'uomo, 1. Dal lutto allo svelamento di Dio, ed. Queriniana, Brescia, 2005, p. 463).

4 Boff L., Trinità e società, ed. Cittadella, Assisi, 1992, 89s. È stato osservato che la Trinità è stata collocata dai teologi in cielo, dimenticandosi di riportarla sulla terra; solo la teologia di Karl Rahner, identificando Trinità economica e Trinità immanente ha rimesso i piedi sulla terra (Moingt J., I tre visitatori, ed. Queriniana, Brescia, 2000,  34, 54 e 63).

5 Il Concilio Lateranense  IV del 1215 con i suoi decreti (riportati da Boff L., Trinità e società, ed. Cittadella, Assisi, 1992, 95ss.) affermò che Dio è incomprensibile e ineffabile, che comunque la santissima Trinità, indivisa secondo l'essenza comune (unica è cioè la natura), ma distinta secondo la proprietà delle persone stabilita a partire dalla loro origine consegnò al genere umano la dottrina della salvezza. L’autore ricava da questi decreti che il Concilio equilibra meravigliosamente la Trinità immanente (le Persone in sé) con la Trinità economica (la sua azione nella storia).

6 O’Collins G., The Tripersonal God, ed. Paulist Press, New York/Mahwah, N.J. (USA), 2014, p. 141: economia di salvezza significa storia della salvezza.

7 Molari Carlo, La fede nel Dio di Gesù, ed. Camaldoli, 1991, 40s.

8 In http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20000806_dominus-iesus_it.html, alla “Lista completa dei documenti”.

9 Cioè attualizza l’opera di Cristo rendendola presente e operante anche oggi.

10 Boff L., Trinità e società, ed. Cittadella, Assisi, 1992, 125s.

11 I cristiani, col tempo, sono passati dalla Trinità economica a quella immanente (O’Collins G., The Tripersonal God, ed. Paulist Press, New York/Mahwah, N.J. (USA), 2014, 142).

12 Küng H., Essere cristiani, Mondadori, Milano, 1974, 537 ss.

È un ritorno alle origini perché - è stato fatto notare - dal Medioevo la teologia speculativa ha finito per prevalere sulla storia della salvezza, mentre la stessa Rivelazione è legata all’economica della salvezza, per cui la teologia deve essere economica (funzionale) (Benedetti G. nella prefazione a De Lubac H., Il mistero del soprannaturale, ed. Jaca Book, MI, 1978, 15s., ove richiama autori vari fra cui Daniélou Jean e Congar Yves).

13 Küng H., Essere cristiani, Mondadori, Milano, 1974, 537ss.

14 Come si è visto nell’articolo Gesù non è il Verbo, al n.447 di questo giornale, la “comunicazione degli idiomi” (CdI) è il mutuo scambio degli attributi (= idioma) fra quelle che sono state chiamate le due nature di Cristo, cioè fra la storia salvifica e l’azione eterna di Dio. Quando si dice che Dio soffre o che Gesù ha creato il mondo, si utilizza la CdI, perché in senso proprio non possiamo parlare di sofferenza in Dio, né si può attribuire a Gesù l’azione creatrice. La CdI in Cristo avviene per “traslato”, per un passaggio di proprietà fondato su un rapporto detto ipostatico (o personale) ed ha applicazioni anche nella mariologia per le formule che coinvolgono il rapporto di Maria con Cristo come quando la si chiama “Madre di Dio” o “corredentrice”.

Il Concilio di Calcedonia (451 d.C.) ha posto le premesse di un uso corretto della CdI quando ha stabilito che nell’unione non vi è alcuna mutazione o confusione. La CdI perciò si pone nel piano delle attribuzioni e non implica alcuna confusione o cambiamento di nature (vedi l’articolo Gesù e Calcedonia al n. 449 di questo giornale, https://sites.google.com/site/numeriarchiviati2/numeri-dal-26-al-68/1999992---aprile-2018/numero-449---22-aprile-2018/gesu-e-calcedonia).

15 Possiamo conoscere qualcosa della Trinità immanente solo sperimentando una Trinità economico-salvifica (Rahner K., Corso fondamentale sulla fede. Introduzione al concetto di cristianesimo, ed. Paoline, 1990, 88). Altre volte lo stesso autore ha affermato che si può parlare d’identità reciproca fra Trinità immanente e Trinità economica (Rahner K., A proposito del mistero della Trinità, in Teologia dell'esperienza dello Spirito, Nuovi Saggi, VI, ed. Paoline, Roma, 1978, 396). La formula come tale può essere interpretata in senso esclusivamente economico, anche se - occorre onestamente sottolinearlo, a conferma di quanto l'argomento sia ostico anche fra grandi teologi, - non c’è affatto concordanza di opinioni. Alcuni, come Y. Congar (Credo nello Spirito santo, 3°,ed. Queriniana, Brescia, 1983,25; B. Forte, Trinità come storia, ed. Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1985, 21-22, 128-130), ne accettano la prima parte e negano il ‘viceversa’ «in nome della inconosci­bilità e della trascendenza divina». Altri (Boff L., Trinità e società, ed. Cittadella, Assisi, 1992, 121s.) affermano decisamente che il modo in cui Dio viene incontro all'essere umano nel tempo è anche il modo in cui Dio sussiste: se Dio a noi appare come Trinità, è perché Egli stesso è Trinità; ma lo stesso autore (pp. 144, 250 e 289s.) riconosce che ogni riflessione deve partire dalla Trinità economica, che precede quella immanente, perché la Trinità non è stata rivelata come dottrina; ed aggiunge (a p.269) che La Trinità è molto di più di quello che si manifesta, per cui dobbiamo dire che la Trinità economica è la Trinità immanente, ma non tutta la Trinità immanente. Altri ancora, come Walter Kasper, accettano la formula dubitativamente (Il Dio di Gesù Cristo, ed. Queriniana, Brescia 1984, 367: «potrebbe prestare il fianco a certe ambiguità ed interpretazioni sbagliate»); egli ricorda tra gli altri P. Schoonenberg secondo cui «le differenze fra le tre persone sarebbero tutt’al più modali, mentre sarebbero reali soltanto nella storia». Invece Hans Küng  tende a «relegare più o meno nell’ombra la dottrina della Trinità immanente, concen­trandosi sulla Trinità storico-salvifica». Molari Carlo si associa a quest’ultima tendenza ritenendo sia la più coerente (La fede nel Dio di Gesù, ed. Camaldoli, 1991, in nota a 32), ed è questa anche la tesi che si  propone anche in questo articolo, perché sembra la più accettabile dal punto di vista razionale.

16 Rahner K., La Trinità, ed. Queriniana, Brescia, 1998, 52 e 56.

17 Molari Carlo, La fede nel Dio di Gesù, ed. Camaldoli, 1991, 32.

18 Così Rahner, riportato in Johnson E.A., Colei che è, ed. Queriniana, Brescia, 1999, 386. Anche O’Collins G., The Tripersonal God, ed. Paulist Press, New York/Mahwah, N.J. (USA), 2014, 200, che pur parla in tutto il suo libro della Trinità immanente,  alla fine riconosce – con poche scarne parole - che il nostro linguaggio a proposito della Trinità non deve perdere di vista il collegamento con l’esperienza della salvezza:«se dimentichiamo la presenza divina nella storia e nelle nostre vite, stiamo semplicemente manipolando concetti nella nostra mente». Ecco il grande rischio per i teologi innamorati dell’astrattezza metafisica.

19 Boff L., Trinità e società, ed. Cittadella, Assisi, 1992, 48.

20 Houtepen A.W.J., Dio, una domanda aperta, ed. Queriniana, Brescia, 2001, 287.

21 Pittenger N., The Holy Spirit, ed. Pilgrim Press, Philadelphia (USA), 1974, 44.