Il singolare machismo di Mary Kahil

Coderno, Casa natale di David Maria Turoldo - foto del direttore

Oggi sarebbe stato l’onomastico di lui, non di lei. Non cioè di Mary Kahil, bensì di Louis Massignon, che era stato battezzato con il nome di “Ludovico” e non con quello di “Luigi” come si potrebbe pensare e secondo quanto riporta Anthony O’Mahony, dell’Università di Londra (per la sua ottima e approfondita ricostruzione si veda al link http://poj.peeters-leuven.be/secure/POJ/downloadpdf.php?ticket_id=5c8eb19b1338e).

Ma nello stesso giorno del suo onomastico, il 25 agosto 1949, di passaggio ad Aïn-Traz, in Libano, Massignon chiese al Patriarca cattolico greco-melkita Maximos IV Saigh la propria ordinazione presbiterale, ottenendone risposta positiva.

E tuttavia non fu Massignon - cattolico di rito latino e uomo sposato (con la cugina Marcelle Dansaert-Testelin), benché autorizzato da Pio XII a “passare di rito”, come si dice, quello melkita appunto - il reale artefice di una complessa operazione canonistica, tutta relativa a delicatissime questioni di giurisdizione ecclesiastica e che portò, il 28 gennaio 1950, alla sua ordinazione a Il Cairo, ma una sua amica, colei che, storiograficamente, compare come vera e propria sua compagna di vita spirituale, la cattolica egiziana melkita Mary Kahil, con la quale Massignon fondò un sodalizio di preghiera a favore dell’Islam, la Badaliya, sulle orme di Charles de Foucauld.

Mary Kahil non ebbe timore di entrare a piè pari, con tutta la sua personalità, in intricate vicende giuridiche proprie degli uomini di Chiesa. Si mise ripetutamente in contatto con il vescovo che avrebbe poi ordinato Massignon, mons. Kemal Medawar, vescovo ausiliare del Patriarca. Fu addirittura proprio la Kahil a scrivere direttamente al vescovo parole di persino inquietante intensità: «il nostro amico Louis Massignon arriva il 15 (dicembre 1949), determinato ad immolarsi al Signore nel modo che Lei sa e comunque soltanto Lei può assicurare la realizzazione di questo intendimento; Lei lo sa bene – Lei è l’unico che possa farlo.» (si veda a p. 289 dello studio citato).

La lettura di questo particolare interessamento di Mary Kahil verso l’ordinazione presbiterale di Massignon potrebbe non incontrare oggi molto favore intellettuale.

L’amica sembra non mettere minimamente in discussione, neanche per un momento, la rigida strutturazione gerarchica maschile propria della Chiesa Cattolica nella quale il suo amico diverrebbe prete, sapendone invece utilizzare con disinvoltura lessico e logiche organizzative interne.

L’accusa a Mary Kahil oggi potrebbe essere grave e seria: ha utilizzato lo stesso linguaggio proprio del potere ecclesiastico maschile a favore di quell’uomo che molto amava (dando pure a tale amore un significato non contrapposto al vincolo matrimoniale, che mai venne meno, del grande orientalista con la cugina; è un aspetto ulteriore della biografia massignoniana che abbiamo provato ad analizzare in altri momenti e contesti, ci permettiamo di rinviare a https://www.academia.edu/37654124/Su_Massignon_I e https://www.academia.edu/37654107/Su_Massignon_II).

La riserva ai soli uomini maschi dell’ordinazione presbiterale, ripetutamente confermata dal magistero pontificio (anche da Francesco), per alcune sensibilità sarebbe prova di una sorta di “machismo istituzionale” della Chiesa Cattolica, che andrebbe invece combattuto e sbaragliato.

Anche la discussione sui “viri probati” amazzonici prevista per la prossima Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi ha suscitato critiche alla luce di una presunta residualità geografica e di una, sempre presunta, sostanziale inefficacia di innovazione canonica a livello universale, che molto avrebbe a che fare con una specie di virilismo celibe, segretamente convinto della propria inanità.

Eppure l’utilizzo consapevole degli specifici linguaggi propri di organizzazioni che si vogliono abitare per riformarle appare, almeno a chi qui scrive, come l’unica effettiva strategia in grado di dare concretezza ad un cambio di processi culturali.

E la Chiesa non è semplicemente un’organizzazione e risulta dunque vieppiù bisognosa di essere conosciuta nella sua vita più intima, ivi compresa la sua vita canonistica (con tutti i suoi tecnicissimi risvolti), per riuscire ad interloquire efficacemente con i suoi Pastori e Rappresentanti (la dialettica tra ministero pastorale nella Chiesa e sua rappresentanza è tema che andrebbe pure bene approfondito).

Mary Kahil era una donna e Massignon un uomo maschio. Non solo due menti ma anche due corpi, due corpi differenti. Il corpo femminile è un enorme problema dentro la Chiesa Cattolica, ma se questo corpo – con la sua sola presenza, la sua “avvertenza”, la sua “differenza” non “essenziale”, ontologica, ma contestuale, storica, sociale – continua a rimanere esterna alla compagine ecclesiale, quest’ultima si avviluppa in un monologo maschilista che illude di autofecondarsi mentre si condanna all’estinzione.

Il corpo di Mary Kahil ha parlato del corpo di Louis Massignon all’Episcopato greco-melkita degli anni Quaranta e Cinquanta. Forse per questo la sua memoria non è così presente, benché la sua vicenda del tutto nota agli studiosi di Massignon. Manca una memoria ecclesiale della Kahil così come manca una attualizzazione memore del fatto che Louis fosse un prete sposato e non nato in un rito che tale condizione consentisse, anzi tutto al contrario.

Sì, Mary Kahil è scesa – se così si può dire – sul terreno proprio del “machismo ecclesiastico”, senza paura di esporsi, trovando accoglienza presso quella dimensione di donna che è propria pure di ogni maschio, sia anche patriarca o vescovo. Il ricordo di David Maria Turoldo viene facile al riguardo. 

La stessa articolazione sacramentale del gesto di ordinazione, il toccare, e non con un breve contatto, oppure il prostrarsi bocconi a terra dell’ordinando, rivoluziona l’asciuttezza, la compostezza dei rigidi cerimoniali tutti maschili e dice qualcosa di diverso.

È una diversità contaminante, non nivea nella sua purezza astratta che pure sia propria di un’auspicabile ma assai ideale alternativa, magari un poco (o tanto) avulsa dalla storia concreta. È una diversità, quella del corpo, del sentire, del toccare, del gestuale, che abita territori sconosciuti al nostro eloquio tutto mentale e razionale ma è concretissima.

Le diversità però non si possono far tacere a lungo.

È iniziato oggi, questo pomeriggio, il Sinodo delle Chiese Valdesi e Metodiste a Torre Pellice con la consacrazione di tre nuovi Pastori, tra cui anche una donna, secondo una prassi che è ormai consolidata in tali Chiese. Questa prassi – come accennato la scorsa domenica con riguardo alle Chiese Anglicane – dovrebbe interrogare teologicamente la Chiesa Cattolica. Ma perché l’interrogazione sia recepita l’aspetto decisivo è, ancora, il linguaggio che si voglia adottare; se ognuno, ognuna mantiene il proprio, la koiné di una comune comprensione resta solo sogno più che utopia.

Il corpo di Mary Kahil ed il corpo di Louis Massignon testimoniano di una diversità anche affettiva che nessuna parola d’amore può esauire.

Non è dunque “machismo”, ma è intelligenza politica.

Oggi più che mai necessaria ed oggi più che mai propria di una incarnata spiritualità.

Buona domenica.

 

Stefano Sodaro