La prima diocesi italiana per immigrati extracomunitari
Il Papa sui barconi - disegno di Rodafà Sosteno
Un provvedimento ecclesiastico, di natura rigorosamente giuridico-canonica come l’erezione di un Esarcato Apostolico per gli Ucraini cattolici di rito bizantino residenti in Italia, può avere a che fare, in qualche modo, per qualche particolare motivo o sotto qualche particolare prospettiva, con l’amicizia? Che rapporto mai può esserci tra amicizia e diritto canonico? Non si tratta forse di universi paralleli?
Esiste una “politica dell’amicizia” che, in quanto vitalità socializzante con proprie regole e propri giochi di ruolo, non è così dissimile dalla “politica del diritto”. Le nostre amicizie, anche quando si incrinano e si frantumano, sono tutte consolidate attorno a vere e proprie norme, la cui inosservanza produce appunto la crisi.
Ma la faccenda è ancor più complessa.
Si ritiene infatti che la netta separazione tra amore e amicizia sia postulato etico oltre che razionale; nessuna confusione, nessuna indistinzione, massima chiarezza. Per rispettare appunto regole, norme, obbligazioni molto precise e d’imprescindibile osservanza.
Il binomio sessualità/politica sembra davvero un pianeta sconosciuto.
Le implicazioni politiche di ogni nostro comportamento sessuale appaiono nemmeno immaginabili, una corbelleria da maniaci non si sa di quale scuola e militanza. Perché o tutto avviene alla luce del sole – si gettano i chicchi di riso sui novelli sposi alla ribalta -, oppure tutto avviene di nascosto, con ogni opportuna cautela ed accortezza. Legittimità o clandestinità, tertium non datur.
In questa biforcazione alligna anche molta ossessione.
Chi continua a parlare di qualcosa, o così o colì ma senza mai smettere, senza mai concedersi alcuna divagazione, da questo qualcosa è evidentemente ossessionato. Si è forgiata, nel lessico familiare della vulgata politica, un’espressione sintomatica per riferirsi ad ossessioni di tal tipo con la domanda, che fa molto sorridere ma anche indispettire: “e allora il PD?”.
La politica dell’amicizia quando incrocia la politica del diritto, anzi proprio del diritto canonico, rischia di cortocircuitare. E di andare alla ricerca di un contro-diritto che è poi anche una contro-amicizia. Che cosa accomuna diritto e amicizia infatti? Il desiderio di celebrare l’incanto di un incontro senza escludere nessuno, nessuna. Ed il diritto è funzionale ad una tale esigenza, la custodisce, la instrada, la studia, ne ha cura.
La contro-amicizia ed il contro-diritto vivono invece negli spazi della perversione, seducenti ma capaci di ferire molto in profondità: la già menzionata clandestinità, giustificata in vari modi, la sua teorizzazione, l’abdicazione di coerenza profonda in nome di primati da assegnare al “contro-amico” od alla “contro-amica”, la giustificazione ad ogni costo del proprio sé, il ripudio della visione critica su se stessi, il non accorgersi di come “il doppio” non sia una necessità etica – tipo “doppia morale” – da vivere con ineluttabilità ma da rigettare a parole, bensì la possibilità inedita piuttosto di un “et et” che la nostra cultura non sa reggere e che la cultura degli altri potrebbe invece insegnare.
Forse qualcuno ricorda che cosa accadde ad Indro Montanelli quando nel 1959, intervistando niente poco di meno che Sua Santità Papa Giovanni XXIII, non s’avvide di aver tralasciato domande specifiche ed ampie sulla celebrazione del Concilio ormai prossimo. Con l’erezione canonica di giovedì scorso accade un po’ la stessa cosa.
Francesco papa rimarca costantemente la necessità di avviare processi, di mettere in moto dinamismi, di offrire altre visioni, di dare innesco a percorsi, di sondare nuove strade, più che di rivoluzionare improvvisamente e rovesciare di colpo assetti che paiono irriformabili.
E la notizia, recentissima – risalente a giovedì scorso –, dell’erezione di un Esarcato Apostolico per i fedeli ucraini di rito bizantino residenti in Italia si inserisce in questo contesto, proprio anche a motivo del fatto che la portata della notizia, con le sue implicazioni ecclesiali di tipo canonico e pastorale, probabilmente resta ignota a molti se non ai più.
Da parte nostra, non esitiamo ad assegnare a tale prima istituzione di una circoscrizione ecclesiastica di rito orientale per tutta l’Italia un’importanza sbalorditiva, che lascia pressoché tramortiti, forse addirittura annichiliti, gli studiosi di diritto canonico orientale i quali, per decenni e decenni, si sono interrogati sulla possibilità che in un contesto come quello italiano, presenti già tre circoscrizioni di rito bizantino ben delimitate territorialmente (Lungro in Calabria, Piana degli Albanesi in Sicilia e l’Abbazia di Grottaferrata, i cui confini sono tuttavia ormai limitati al solo complesso abbaziale), fosse ipotizzabile una presenza strutturata e giuridicamente configurata di Cattolici Orientali per l’intera penisola.
Della cosa si parlava da tempo, ma pareva impossibile da attuarsi, per ragioni – in particolare, appunto – di “politica istituzionale”. Sono esistiti Visitatori per i fedeli orientali ma nessuna eparchia estesa a tutta l'Italia, nessun Esarcato, nessun Ordinariato.
Si possono abbozzare temi di enorme rilievo ecclesiale che l’erezione della prima diocesi di rito orientale con confini corrispondenti a quelli del nostro Paese porta con sé:
sarà possibile per un fedele latino, immaginiamo magari sposato, chiedere il passaggio al rito bizantino con il semplice consenso scritto dei due vescovi - il vescovo latino della diocesi di residenza e l’esarca apostolico - senza ricorso alla Santa Sede;
con un simile passaggio di rito, del tutto legittimo (e salvo vengano inserite norme particolari al riguardo nella Costituzione apostolica di erezione dell’Esarcato che non ci risulta essere stata ancora pubblicata), il fedele latino sposato transitato al rito bizantino – ad esempio un diacono permanente – potrebbe anche venire ordinato presbitero, perché troverebbero applicazione i Pontificia praecepta de clero uxorato orientali del 2014 (cfr. un autorevole studio del Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali in http://www.osservatoreromano.va/it/news/nel-solco-del-vaticano-ii ed il testo normativo alle pp. 496-499 dell’edizione degli Acta Apostolicae Sedis (la “Gazzetta Ufficiale” della Santa Sede) rinvenibile in http://www.vatican.va/archive/aas/documents/2014/acta-giugno2014.pdf;
l’applicazione dei citati Pontificia praecepta all’Italia crea una novità propriamente “politica”, dal momento che si escludeva in modo deciso, sino a giovedì scorso, che tali norme potessero trovare una qualunque efficacia esplicativa nella Chiesa italiana, mentre ora – è evidente – cambia tutto;
in un momento così particolare, come quello attuale, per gli orientamenti legislativi del Parlamento e del Governo italiani dover considerare l’improvvisa (ma non certo improvvisata) esistenza di una “diocesi” dedicata specificamente ad immigrati extracomunitari suscita una deviazione significativa rispetto al plauso verso chiusure e restrizioni;
avremo forse, nel tempo, creazioni anche di altri esarcati di rito orientale per altri fedeli cattolici – ad esempio, ma è solo un esempio, del Corno d’Africa – che le spinte migratorie hanno fatto stabilire tra noi?
Gli interrogativi si assommano.
Se avremo uomini sposati di rito bizantino ucraino che verranno ordinati preti in Italia avverrà una specie di implosione spirituale, un “Big Bang” in cui le implicazioni dei rapporti amicali, sponsali, ecclesiali, civili si intersecheranno tutte. Ne potrà derivare una fantasmagoria di colori mai primi visti nel nostro grigiore abitudinario monoculturale.
Il Sinodo amazzonico in programma per il prossimo ottobre schiuderà altri orizzonti, per i quali la nozione di “rito” acquisisce una crescente importanza.
A tutto questo sarà meglio prepararsi, indietro non si torna.
Sono richieste, quasi come ingredienti o integratori spirituali - per così dire -, molta amicizia, molta sponsalità, molta propensione affettiva a baciare, abbracciare, sentire, vivere in chiara luce, dove eros e il diritto illuminano come mai sino ad ora.
Buona domenica.
Stefano Sodaro