Viktor Lvovitch Kibaltchich nacque a Bruxelles il 30 dicembre 1890 da genitori russi rifugiati politici. Sua madre apparteneva alla piccola nobiltà polacca. Suo padre, sottufficiale dell'esercito imperiale, simpatizzava per l’organizzazione rivoluzionaria populista Narodnaia Volia e aveva tentato di imbracciare le armi contro il regime nella Russia meridionale.
Fin da giovane, partecipò alle discussioni tra gli oppositori politici frequentati dai suoi genitori. Lesse tutto ciò che gli capitava tra le mani: Shakespeare, Cechov, Zola, Louis Blanc, Bebel.
Dall'età di quindici anni, mentre era apprendista fotografo, fu attivo nella Giovane Guardia Socialista di Ixelles. Influenzato dal socialista francese Gustave Hervé, mostrò un virulento antimilitarismo e si oppose alla politica coloniale del Belgio in Congo.
Nel 1906, iniziò a frequentare i circoli anarchici di Bruxelles, a vivere in una comunità... Strinse amicizia con Raymond (François Raymond Callemin, l'anarchico fuorilegge belga), che qualche anno dopo fece notizia con il soprannome di Raymond la science, insieme alla banda Bonnot. L'anarchismo si adattava meglio al suo temperamento perché sembrava allineare le parole ai fatti, mentre il socialismo riformista e parlamentare gli ripugnava.
Mentre si guadagnava da vivere con vari lavori (disegnatore-tecnico, fotografo, tipografo), Victor Serge scrisse su diverse pubblicazioni libertarie (Les Temps Nouveaux, Le Libertaire, La Guerre sociale) e prese parte a manifestazioni di protesta che terminarono in scontri con la polizia, che portarono a perquisizioni e arresti.
Nel 1909 lasciò il Belgio per Lille, poi per Parigi. Continuò a scrivere sulla stampa anarchica (L'Anarchie, il giornale di Albert Joseph, detto Libertad), sotto lo pseudonimo di "Le Rétif", il refrattario) e a tenere conferenze politiche. Influenzato dalla tendenza anarchico-individualista, frequentò Lucien-Ernest Juin, l'anarchico e filosofo francese, esponente della corrente individualista ed edonista, più noto con lo pseudonimo Émile Armand. Sempre a Parigi, partecipò il 13 ottobre 1909 alla grande manifestazione di protesta seguita all'annuncio dell'esecuzione di Francisco Ferrer, il pedagogista anarchico spagnolo, che radunò centinaia di migliaia di persone e si trasformò in un'insurrezione.
Per aver dato rifugio ai principali membri della "bande à Bonnot" e per essersi rifiutato di denunciarli, fu condannato nel 1912 a cinque anni di reclusione, che scontò dal 1912 al 1916, in parte nel carcere della Santé. Avrebbe poi evocato questa esperienza nel suo romanzo, Gli uomini nella prigione.
Victor Serge e Rirette Maîtrejean, che ne fu la compagna per circa 8 anni,anche lei impegnata nella Bande à Bonnot
Victor Serge aveva tuttavia una prospettiva, e deplorava «la teoria più dannosa, quella dell'illegalismo, che trasformava gli idealisti della vita in cameratismo in specialisti di professioni oscure e fuorilegge». Più in generale, sarebbe arrivato a criticare molto duramente certi circoli anarchici che conosceva bene, che un certo sinistrismo aveva portato a isolarsi dai movimenti di massa e a sprofondare in ogni sorta di vicoli ciechi:
"Gli anarchici rivendicavano ancora una purezza rivoluzionaria superiore, cercavano di reagire contro il burocratismo sindacale e, bisogna dirlo, il più delle volte, con le migliori intenzioni del mondo, con molta dedizione e persino eroismo, riuscivano solo a moltiplicare sette, sottosette, deviazioni ridicole o tragiche (esperantismo, vegetarianismo, naturismo, amore-libertà ovunque; banditismo in Francia; terrorismo in Spagna)".
Rifiuta anche quelle che chiama le "assurdità sindacaliste" degli anarco-sindacalisti (da L'Anarchie, n. 259 , 24 marzo 1910):
"Per alcuni, esso [il sindacalismo] avrebbe, attraverso riforme sagge e prudenti, migliorato silenziosamente lo stato sociale. Per altri (i sindacalisti anarchici), era la prima cellula della società futura, che avrebbe fondato una bella mattina di sciopero generale. Molti dovettero disilludersi. Ci si rese conto – almeno coloro che non erano accecati dall'illusione – che i sindacati stavano diventando robusti e saggi, perdendo il desiderio di scuotere il mondo. Che spesso finivano per sprofondare nel legalismo e diventare parte degli ingranaggi della vecchia società che si stava combattendo; che altre volte, riuscivano solo a fondare classi di lavoratori avvantaggiati, conservatrici quanto l'odiata borghesia".
Deportato dopo aver scontato la pena, fuggì dalla furia nazionalista che attanagliò la Francia nel 1914. Si recò a Barcellona, dove divenne tipografo e scrisse per il periodico anarchico Tierra y Libertad; fu sulle sue pagine che adottò lo pseudonimo di "Victor Serge".
Quando, nel marzo del 1917, apprese della caduta dell'autocrazia russa, era membro del sindacato tipografico della CNT e frequentava Salvador Segui, il segretario della CNT. Fu in seguito al fallimento della rivolta del 19 luglio 1917 che sentì di non avere più nulla da fare in Spagna e cercò di raggiungere la Russia attraverso la Francia, dove fu arrestato. Durante la sua detenzione, si entusiasmò ancora di più per la rivoluzione russa. Nel gennaio 1919, fu scambiato con altri prigionieri in base a un accordo franco-sovietico e poté raggiungere la Russia. Ha ricordato questo periodo nel suo libro Naissance de notre force (Nascita della nostra forza, non tradotto in italiano).
Victor Serge arrivò a gennaio con la sua famiglia a Pietrogrado, assediata dai Bianchi. A maggio si unì al Partito Bolscevico, divenne collaboratore della Severnaya Koummouna (Comune del Nord), organo del Soviet di Pietrogrado, istruttore nei circoli di pubblica istruzione e docente nella milizia di Pietrogrado. Questo periodo fu anche quello del Terrore Rosso. Dopo il tentato assassinio di Lenin, la Čeka aumentò gli arresti e le esecuzioni sommarie. A Victor Serge veniva costantemente chiesto di intercedere per un marito o un parente nelle mani della Čeka, cosa che lui fece volentieri.
Il suo passaggio dall'anarchismo al marxismo, considerato da alcuni libertari una rinuncia, lo portò a scrivere ampiamente in difesa del regime sovietico contro i suoi ex compagni. Pur spiegando quelli che considerava errori da parte degli anarchici russi, cercò di mitigare la repressione nei loro confronti.
Mobilitato a Pietrogrado al momento dell'offensiva delle armate bianche di Judenič, episodio che raccontò ne La Ville en danger (La città in pericolo, non tradotto in italiano), svolse diverse funzioni per il partito: giornalista, traduttore, tipografo, segretario... Nel 1920 e nel 1921 partecipò ai congressi dell'Internazionale comunista e collaborò negli anni successivi con Zinoviev all'Esecutivo dell'Internazionale. Nel settembre 1921 partì per Berlino per curare l'edizione francese della Correspondance de presse internationale, poi si recò a Vienna per gli stessi motivi. Negli anni '20 scrisse articoli per la stampa comunista internazionale, in particolare su L'Humanité e sulla Rote Fahne, e un saggio sui metodi polizieschi dello zarismo, intitolato Les Coulisses d’une sûreté générale (tradotto e pubblicato in italiano con il titolo Saper tacere), alimentato dall'apertura degli archivi della polizia zarista, l'Ochrana.
Victor Serge, assieme a tre grandi esponenti del surrealismo, il poeta francese Benjamin Péret, la pittrice spagnola Remedios Varo e André Breton
Victor Serge e il pittore surrealista austriaco Wolfgang Paalen, anche lui emigrato in Messico
Victor Serge criticò le azioni incontrollate della Čeka. Comprendeva la necessità di reprimere i controrivoluzionari e non attribuiva intenzioni totalitarie ai leader bolscevichi dell'era leninista. Tuttavia, riteneva che fosse stato commesso un grave errore:
Fin dai primi massacri di prigionieri rossi da parte dei bianchi, dagli assassinii di Volodarskij e Uritskij e dall'attentato alla vita di Lenin (nell'estate del 1918), l'usanza di arrestare e spesso giustiziare gli ostaggi è diventata diffusa e legale. Già allora, la Čeka, che effettuava arresti di massa di sospettati, tendeva a decidere il loro destino in modo indipendente, sotto il controllo formale del Partito, ma in realtà senza che nessuno ne sapesse nulla. Il Partito cercò di mettere alla sua testa uomini incorruttibili come l'ex prigioniero Dzeržinskij, un sincero idealista, spietato ma cavalleresco, con il profilo emaciato di un inquisitore: fronte larga, naso ossuto, pizzetto incolto, un'espressione di stanchezza e austerità. Ma il Partito aveva pochi uomini di questo stampo e molte Čeka. Credo che la formazione delle Čeka sia stato uno degli errori più gravi e inaccettabili commessi dai leader bolscevichi nel 1918, quando cospirazioni, blocchi e invasioni gli fecero perdere la testa. È chiaro che i tribunali rivoluzionari, operando alla luce del sole e riconoscendo il diritto alla difesa, avrebbero ottenuto la stessa efficacia con molti meno abusi e perversioni. Era necessario tornare ai metodi dell'Inquisizione?
Durante la rivolta di Kronstadt (marzo 1921), partecipò con altri a vari tentativi di mediazione con i leader bolscevichi, ma invano. Per questo motivo, sfuggì per un pelo all'arresto dopo la repressione della rivolta e dovette la sua salvezza solo all'intervento di Zinoniev.
Nel 1923 fu uno dei membri fondatori dell'Opposizione di Sinistra guidata da Lev Trotsky. Victor Serge denunciò la burocratizzazione dello stato sovietico e dell'Internazionale Comunista e le sue disastrose conseguenze, in particolare per la rivoluzione cinese del 1927. Ciò portò alla sua esclusione dal PCUS nel 1928 per "attività di fazione".
Messo sotto sorveglianza, la sua situazione finanziaria peggiorò. Chiese il permesso di emigrare, che le autorità gli rifiutarono. Nel 1933, Victor Serge fu condannato a tre anni di deportazione a Orenburg, negli Urali. I suoi manoscritti furono sequestrati dalla polizia politica, la GPU. Dovette poi la sua sopravvivenza solo a una campagna internazionale triennale condotta in suo favore, in particolare da Trotsky, e in Francia da un comitato guidato da Magdeleine Paz e dal Circolo Comunista Democratico, dalla Federazione Unitaria dell'Educazione, dalla Lega dei Diritti dell'Uomo, ma anche dalle riviste L'École émancipée e La Révolution prolétarienne.
Nel giugno del 1935, a Parigi, Gaetano Salvemini e Magdeleine Paz, sostenuti da Henri Poulaille, intervennero a suo favore al Congresso Internazionale degli Scrittori per la Difesa della Cultura, un movimento pacifista e antifascista, segretamente guidato dal PCF, di cui facevano parte molti compagni di strada (André Malraux, André Gide, Henri Barbusse). Boris Pasternak era presente nella sala, ma rimase in silenzio quando fu menzionata la sorte di Victor Serge. Come buoni servitori di Stalin, Illya Ehrenbourg e altri tre scrittori sovietici lo descrissero come un controrivoluzionario. Fu infine grazie all'intervento diretto dello scrittore Romain Rolland presso Stalin che fu liberato, privato della nazionalità russa e bandito dall'URSS nel 1936, pochi mesi prima del primo processo di Mosca.
Partì quindi per Bruxelles. Fu da Bruxelles che collaborò con René Lefeuvre, membro della Sinistra Rivoluzionaria della sezione francese dell'Internazionale operaia, e direttore delle edizioni Spartacus e della rivista Masses, con il quale pubblicò nel 1936 Seize fusillés à Moscou (Sedici fucilati a Mosca, non pubblcato in italiano, un vero e proprio opuscolo contro la farsa dei Processi di Mosca. Smontò le accuse una per una e mise in luce la messa in scena basata sull'autoaccusa degli imputati che speravano così di ottenere clemenza, o addirittura riabilitazione, dal loro carnefice.
Dal Belgio, poi dalla Francia, Victor Serge denunciò i grandi processi stalinisti (in particolare scrivendo colonne regolari su un giornale socialista di Liegi, La Wallonie), mentre sostenne durante la guerra civile spagnola un riavvicinamento tra anarchici e marxisti per garantire la vittoria della rivoluzione. Sottoposto a una campagna incessante di insulti da parte della stampa comunista ufficiale, Victor Serge non aderì tuttavia alla Quarta Internazionale. Sebbene conservasse una forte stima per Trotsky (scrisse la sua biografia in collaborazione con Natalia Sedova dopo il suo assassinio), ebbe molti disaccordi con lui. Criticava generalmente i trotskisti per essere settari, e in particolare criticava Trotsky per essere stato troppo duro nelle sue critiche al POUM. I rapporti tra i trotskisti e Victor Serge furono successivamente contrastanti.
Rifugiatosi a Marsiglia nel 1940, al momento dell'esodo, Victor Serge riuscì a raggiungere il Messico l'anno successivo – con il figlio Vlady – grazie alla rete del giornalista americano Varian Fry. Fu in questo paese che scrisse i suoi ultimi romanzi e le sue memorie. Denunciando il totalitarismo e interrogandosi instancabilmente sulle cause della degenerazione dell'Unione Sovietica, collaborò con Marceau Pivert e Julián Gorkin del Centro Marxista Rivoluzionario Internazionale, noto anche come il "London Bureau", un raggruppamento di partiti socialisti di sinistra negli anni Trenta, costituito nel 1931 a Vienna, in una riunione a margine di una conferenza dell'Internazionale Operaia Socialista, e proclamato ufficialmente nel 1932 come "Ufficio Internazionale per l'Unità Socialista Rivoluzionaria". Ad esso aderivano partiti che rifiutano sia i compromessi dell'Internazionale Operaia Socialista sia il dogmatismo dell'Internazionale Comunista, il Partito socialista operaio tedesco, il Partito laburista indipendente britannico, il Partito socialista indipendente olandese e il POUM spagnolo.
Victor Serge morì in miseria a Città del Messico il 17 novembre 1947.
Gli scritti di Victor Serge sono stati diffusamente pubblicati in italiano, a differenza di quelle di molti altri rivoluzionari. Comunque, a parte l'articolo segnalato qui sopra, presente nella nostra sezione "Pagine di marxismo", non è disponibile in italiano in formato digitale nessuno scritto di Serge. Al contrario, si può trovare nell'Archivio Marxista un elenco degli scritti di Serge in inglese editati in formato digitale. Pubblichiamo qui di seguito un elenco, molto probabilmente incompleto delle opere di Victor Serge pubblicate in italiano. Invitiamo lettrici e lettori a segnalarci errori o omissioni.
Ritratto di Stalin, Edizioni erre, trad. anonimo, Venezia, 1944, ripubblicato in Ritratto di Stalin, a cura di Paolo Casciola, Erre emme, Roma, 1991
Il caso Toulaev. Romanzo, trad. di Federico Federici, Milano, Bompiani, Milano, 1952, 2 ed. 1980
Memorie di un rivoluzionario. Dal 1901 al 1941, trad. di Aldo Garosci, Edizioni De Silva-La nuova Italia, Firenze, 1956, 2 ed. 1974; ripubblicato in Memorie di un rivoluzionario, a cura di Attilio Chitarin, Mondadori, Milano, 1983, e in Memorie di un rivoluzionario, a cura di Roberto Massari, Bolsena, Massari, 2011.
L'Anno primo della rivoluzione russa, trad. di G. Migliardi, Einaudi, Torino, 1967.
Gli anarchici e l'esperienza della rivoluzione russa, trad. di Attilio Chitarin, Jaca Book, Milano, 1969.
Lenin 1917, trad. di Attilio Chitarin, De Donato, Bari, 1969.
I maestri cantatori. Saper tacere, saper ignorare, non dire niente, non confessare mai, Ruggiero, Torino, 1970; ripubblicato in Vigilanza rivoluzionaria. Quello che ogni rivoluzionario deve sapere sulla repressione, Clued, Milano, 1972;e in Quello che ogni rivoluzionario deve sapere sulla repressione, prefazioni di Eric Hazan e Richard Greeman, Gwynplaine, Camerano 2012; e in Saper tacere, IBEX Edizioni, 2022; e in Saper Tacere, trad. a cura di Giò Fumagalli, Ibex Edizioni, Milano, 2023
Le lotte di classe nella rivoluzione cinese del 1927, introduzione di Edoarda Masi, Savelli, Roma, 1971.
Da Lenin a Stalin. 1917-1937. Cronaca di una rivoluzione tradita, Savelli, Roma, 1973.
Vita e morte di Trotsky, trad. di Silvia Brilli Cattarini, Laterza, Roma-Bari, 1973; ripubblicato in Vita e morte di Trotskij, PGreco, Milano, 2014
Anni spietati. Romanzo, trad. di Orsola Nemi, Mondadori, Milano, 1974.
La crisi del sistema sovietico, a cura di Attilio Chitarin, Ottaviano, Milano, 1976.
Letteratura e rivoluzione, a cura di Jean Rière, Celuc, Milano, 1979.
È mezzanotte nel secolo, trad. di Giovanna Barbieri Hermitte e Attilio Chitarin, Edizioni e/o, Roma, 1980.
Due racconti: Il vicolo San Barnaba, L'ospedale di Leningrado, a cura di Ermanno Gallo e Vincenzo Ruggier, Tranchida, Milano, 1984
La svolta oscura. Un rivoluzionario nel tempo del disprezzo, trad. di Vincenzo Sommella, Celuc, Milano, 1984
La città conquistata. Pietroburgo 1919, trad. di Attilio Chitarin, Manifestolibri, Roma, 1994.
Socialismo e totalitarismo. Scritti 1933-47, a cura di Attilio Chitarin, Prospettiva, Roma, 1997.
Gli anni senza perdono, a cura di Laura Chiappella, traduzione di Ermanno Gallo e Vincenzo Ruggiero, Tranchida, Milano, 2003 (ripubblica: Il vicolo di San Barnaba, L'ospedale di Leningrado).
Germania 1923: la mancata rivoluzione, Graphos, Genova, 2003.
Se è mezzanotte nel secolo, traduzione di Maurizio Ferrara, introduzione di Goffredo Fofi, Fazi, Roma, 2012
Carnets (1936-1947), cura di Claudio Albertani e Claude Rioux, traduzione di Antonella Marazzi, Massari, Bolsena, 2014, Milano, 2023
Gli uomini nella prigione. Romanzo, Massari Editore, 2023