Quali sono le priorità su cui l’Italia deve intervenire per riuscire a coniugare decarbonizzazione e competitività industriale per un comparto strategico come quello del cemento e del calcestruzzo?
Buongiorno, grazie dell’invito.
Anche noi, devo dire, come citava prima l’amministratore delegato di Terna, passiamo un pochino per scontati o un po’ sotto traccia, però cemento e calcestruzzo facevano parte, hanno fatto parte, fanno parte e ci auguriamo faranno parte della nostra quotidianità, dove lavoriamo, dove ci curiamo, dove viviamo. È grazie anche al cemento e al calcestruzzo. Stiamo vivendo un momento di sfide particolarmente intenso. C’è sicuramente il discorso della sostenibilità, c’è il discorso della sostenibilità ambientale e della sostenibilità finanziaria. Rimaniamo, ripeto, un pilastro dell’economia e un driver della crescita dei Paesi, però ci troviamo in questo momento, con altri settori — il dottor Arvedi citava prima quello dell’acciaio — in una situazione piuttosto critica per quello che riguarda la competitività. È in parte legato al costo dell’energia, sicuramente, se ne parla spesso anche in Confindustria, è un argomento quotidiano.
Il fatto è che siamo fortemente esposti alle importazioni, soprattutto dalla parte del Nord Africa e della Turchia, e a fronte di importazioni che sono cresciute, negli ultimi dieci anni sono decuplicate. Tra il 2014 e il 2024, le importazioni di cemento e clinker sono decuplicate. Dal 2018 al 2024 c’è un aumento del 700%. Grazie al Paese, che ha fatto degli sforzi, e ci sono dei progetti che vanno avanti, ma la realtà è che il paradosso al quale stiamo andando incontro è che avremo progetti italiani, con fondi italiani, realizzati con prodotti di importazione, perché la filiera sta perdendo competitività. C’è un discorso di costo dell’energia, c’è un discorso di barriere all’ingresso, di controlli. Il dottor Arvedi citava il CBAM, potrebbe essere una delle soluzioni, però ci sarà un ingresso graduale dal 2026, ma a regime si andrà oltre il 2030. Le aziende italiane dovranno già iniziare i processi di decarbonizzazione ora, con dei costi, come diceva anche il dottor Arvedi prima, che sono veramente alti.
Decarbonizzare costa. Per dare dei numeri, costa 600, 700, 800 milioni o anche più a impianto. In Italia abbiamo 29 cementerie a ciclo completo, 10 centri di macinazione, 35.000 addetti. È chiaro che non sono costi sostenibili da parte di molte aziende, soprattutto non sono costi sostenibili a fronte di uno scenario competitivo che non è livellato. Ci auguriamo che il CBAM funzioni. Ci sono le aste ETS, i cui proventi dovrebbero essere in parte destinati al processo di decarbonizzazione. Stiamo sicuramente vivendo delle sfide importanti. Sono delle sfide ambientali, sono delle sfide economiche, ma anche politiche. Quello che ci auguriamo è che ci sia un intenso dialogo tra l’industria e le autorità — ripeto, con Confindustria sono argomenti più che quotidiani — affinché si riesca a mantenere la competitività dell’azienda europea e soprattutto dell’azienda italiana. Non nascondiamo però che la strada è molto in salita, quindi il dialogo risulta quanto mai importante per trovare delle soluzioni effettive ed efficaci.