Intanto grazie a Luca per l’invito.
E devo dire che io, invece di Churchill, ho un’altra citazione: “Mi spiace di non aver avuto il tempo di scriverti una lettera breve, quindi te l’ho scritta lunga”. E qui siamo un po’ nella stessa situazione. Le eredità che vengono da questo periodo di così grande sollecitazione sono diverse. Io ne ho segnate tre, forse, su cui richiamare la vostra attenzione in questo poco tempo.
Una, sicuramente, è questa integrazione europea che richiamava anche il Ministro Tajani all’inizio. È una condizione forse non sufficiente, ma certamente necessaria per darci delle risposte che siano coerenti. L’abbiamo visto nella fase della crisi dei prezzi. È una risposta che permette di costruire degli elementi di collegamento e di coerenza. C’è ancora molto lavoro da fare per schiacciare delle asimmetrie che ancora rimangono. Noi guardiamo sempre molto alla parte elettrica, ma c’è anche la componente gas, che sarà una componente rilevante ancora per molto tempo e su cui dobbiamo riuscire ad intervenire per fare in modo che questa armonizzazione, questa univocità, sia ancora più significativa. Il secondo titolo è “gli investimenti”. Mi pare che ci sia un più che ampio consenso sul fatto che siamo in una fase in cui gli investimenti diventano centrali, in cui anzi molta della componente di sviluppo del settore energetico — secondo me nel prossimo panel questa cosa emergerà chiaramente — si concentra più sulla capacità di investimento che non sui costi di gestione delle fonti e dei meccanismi di generazione.
Questo, naturalmente, cambia in profondità l’approccio, perché il momento in cui si decide l’investimento, la natura della finanziarizzazione dell’approccio, le caratteristiche con cui si dà certezza al mondo della finanza e degli investitori, è un elemento che diventerà sempre più centrale. Quindi questo è un aspetto da cui non possiamo, credo, prescindere, e probabilmente l’assetto principale è quello delle reti, che conosce una necessità di sviluppo e di attenzione significativa.
Il nucleare, in fondo, ne è figlio in maniera molto analoga, perché anche lui si veste di una capacità di investimento upfront molto significativa e quindi gli strumenti a cui possiamo fare riferimento alla fine si riconducono un po’ alle stesse caratteristiche. Poi c’è un grande tema che è quello del mercato nelle sue duplici declinazioni: sia mercato all’ingrosso, sia mercato retail. Lasciatemi concentrare un attimo su quello retail, che, come sapete, è stato oggetto di passaggi non trascurabili nel corso degli ultimi anni e anche di sollecitazioni molto violente in termini di costi e di interventi molto significativi da parte della politica.
La quantità di miliardi che il governo ha messo per cercare di sterilizzare o comunque di mitigare l’impatto della corsa dei prezzi è stato assolutamente significativo. Questo rimane un tema naturalmente centrale. Ricordavo prima il tema oggi sul giornale delle bollette, della nuova impostazione per dare più trasparenza alle bollette. Questa della chiarezza delle informazioni, la trasparenza delle bollette, della capacità per il consumatore di essere veramente in grado di capire le scelte che ha fatto, se gli convengono, quali sono le caratteristiche sono elementi centrali. Questo aspetto lo si gioca veramente in un’attività di miglioramento continuo, che non si consegna soltanto a un episodio, a un momento, ma a una continua manutenzione e a un continuo dialogo con le associazioni dei consumatori per capire effettivamente quali sono i gradi di miglioramento che possiamo introdurre.
Ma c’è una parte importante che è quella delle aziende, soprattutto delle piccole e medie imprese. Al di là della discussione su cosa sia una piccola e media impresa vulnerabile, su cui ci affineremo nella dialettica andando avanti, io credo che una chiara legacy che viene fuori da questo periodo di crisi è certamente il fatto che noi abbiamo avuto dei ragionevoli strumenti per cogliere la fascia di povertà del consumatore domestico. Quindi il consumatore domestico in difficoltà economica lo intercettiamo ragionevolmente bene con il bonus.
Abbiamo due categorie che facciamo fatica a catturare. Il consumatore non tecnicamente povero, ma per cui il costo dell’energia incide in maniera significativa e che facciamo fatica ad identificare con gli strumenti ISEE, che possiamo intercettare soltanto in maniera un po’ episodica; e poi il grande mondo delle piccole e medie imprese, in cui naturalmente c’è una sfumatura in termini di vulnerabilità molto più raffinata da leggere, ma veramente, al di là degli strumenti fiscali che pure si sono cercati di impiegare, non abbiamo moltissime leve con cui giocare.
C’è quella degli oneri generali di sistema, che è un tema essenzialmente redistributivo tra le diverse componenti che contribuiscono al soddisfacimento e alla necessità di raccogliere questi oneri, e questo secondo me sarebbe un tema su cui una qualche riflessione, proprio in un contesto come questo, svolgerla sarebbe molto più che sensato, perché quello è tipicamente un intervento redistributivo e quindi come tale un intervento della politica. Molto si è fatto per gli energivori, abbiamo la categoria degli energivori allargati, si riescono ad avere degli interventi, ma la capacità di intercettare una parte strutturale della nostra componente produttiva come la piccola e media impresa non necessariamente energivora, in cui anche la componente di energia genera un problema in termini di competitività è una riflessione su cui potremmo affinarci.
Credo che quello degli oneri generali di sistema sia un terreno di combattimento, un tema che ancora possiamo, credo, utilmente esplorare. Il mio tempo è finito e vi ringrazio.