Lei conosce molto bene la situazione italiana ed europea della siderurgia. A suo avviso, quale ruolo sta avendo il costo dell’energia nel processo di trasformazione del settore?
La siderurgia europea è un settore ad altissimo rischio di estinzione. Di questo abbiamo parlato tante volte con l’Onorevole Moratti a Bruxelles e il rischio è dovuto sostanzialmente agli altissimi costi della transizione, quindi della decarbonizzazione, che deve necessariamente realizzarsi entro, di fatto, il 2030. Quindi gli obiettivi al 2040 di cui abbiamo parlato prima sono sì teorici, ma col 2030 inizierà in maniera drastica il phase-out delle quote gratuite, e quindi i costi di emissione saranno proibitivi e non consentiranno la continuità aziendale.
È l’ultima chiamata. La possibilità di provare a salvare la nostra industria, di consentire la trasformazione dei cicli integrali verso i forni elettrici, può avvenire solo a quattro condizioni. Che si implementino molto rapidamente le misure di difesa del mercato.
Oggi il 30% del mercato europeo è appannaggio di produttori asiatici che non hanno regole e che invadono a prezzi del 20% e anche più inferiori ai nostri costi di produzione. Implementare a partire da gennaio 2026 un efficace Carbon Border Adjustment Mechanism per creare quel cosiddetto level playing field e quindi addossare anche sui produttori stranieri i costi della decarbonizzazione. Trattenere le materie prime strategiche, in modo particolare il rottame, che è la materia prima della transizione.
E infine, intervenire sul costo dell’energia. Parto dall’Italia riguardo l’energia, perché, come è stato detto, se a livello europeo abbiamo un costo dell’energia mediamente superiore, pari al doppio rispetto agli Stati Uniti e all’Asia, in Italia questa disparità è ancora superiore. Cosa fare? Le misure servono immediate. Aurelio Regina le ha citate prima, quindi l’intervento con questi contratti per differenza su contratti a lungo termine. Una cosiddetta hydro release, quindi in occasione dei rinnovi o delle proroghe delle concessioni, riservare una quota di energia all’industria. Ringraziamo il Governo per il provvedimento che, mi pare di capire, a breve sarà efficace, relativo all’Energy Release.
E io credo anche di poter aggiungere che ci sia la possibilità, anche a livello italiano, di intervenire su quella distorsione che è relativa al costo della CO₂, perché non ha alcun senso che i consumatori italiani paghino la CO₂ anche sulla quota di energia di provenienza rinnovabile, che la CO₂ non l’ha pagata. E la possibilità c’è, il meccanismo c’è. Si tratta di, nel momento dell’offerta, scorporare la CO₂ dalla formazione del prezzo e poi, eventualmente, ritornare sotto forma di rimborso ai produttori da sole fonti fossili il costo della CO₂. A livello europeo, la discussione è più ampia, più complessa, ma altrettanto importante.
Partiamo dallo statement di Mario Draghi a Coimbra, quando senza mezze parole dice che ci sono delle rendite che stanno sostenendo artificiosamente il costo dell’energia. Dobbiamo andare al disaccoppiamento. E anche qui, dire che non è possibile... il disaccoppiamento è possibile, bisogna volerlo. È possibile, tecnicamente si può fare, andando di fatto a mantenere la validità del meccanismo di formazione del prezzo a marginal price, ma segmentando le fonti. Quello che gli accademici studiano e propongono è chiamato segmented pay-as-clear.
Chiaramente, in questo modo, noi, riducendo il costo dell’energia all’origine, alla formazione, consentiremmo di dare competitività alle nostre industrie. Perché ricordiamoci che decarbonizzare la siderurgia significa elettrificare, e con dei costi dell’energia così impropri e così anche dispari fra Paesi membri, questo processo non avverrà mai.