Nel dibattito sul ritorno del nucleare in Italia, si fa riferimento a reattori di terza e quarta generazione. Può chiarire le differenze sostanziali tra queste tecnologie e delinearne le possibili applicazioni?
Buongiorno a tutti, la ringrazio per l’invito a questo panel.
Sì, è vero, Ansaldo non ha mai smesso di fare nucleare, di occuparsi di nucleare. Lo ha fatto sicuramente all’estero, lo ha fatto anche in Italia, diciamo, con attività che riguardano il decommissioning, quindi in partnership con Sogin. È anche vero che il dibattito che si è aperto da due anni a questa parte ha riportato la discussione, ha riportato finalmente la discussione sul nucleare in Italia, introducendo degli elementi di novità che sono, appunto, questi legati alle generazioni di reattori nucleari.
Quindi, piuttosto che parlare di impianti di grandi dimensioni, e quindi anche di tempi di costruzione, intervengono sempre questi fattori di generazione. Elisabeth ha citato, ha iniziato a raccontare la differenza tra queste tecnologie. A me preme riprendere un concetto che ha appena espresso, per dire subito che queste due generazioni o tecnologie nucleari non sono in competizione tra loro. Non lo sono affatto. Sono parte di un percorso, sono tappe successive nelle quali, in maniera sinergica, entrambe realizzano una sorta di vera e propria staffetta tecnologica.
Partiamo dagli Small Modular Reactors. Quindi parliamo di impianti che hanno dimensioni più contenute rispetto agli impianti che conosciamo e che sono, appunto, in Europa e nel mondo. Non è una scala del gigawatt, ma è una scala della decina, centinaia di megawatt: 300, 400. Sono fondamentalmente basati su tecnologie consolidate, già consolidate, raffreddamento ad acqua, si tratta o in pressione o bollente, con degli innesti che ulteriormente vanno a migliorare gli aspetti di sicurezza legati a questi impianti. Io ritengo che negli SMR l’aspetto innovativo non sia tanto, o non sia solo, quello legato alla tecnologia, ma quello legato al modello di implementazione, di sviluppo ed implementazione, cioè al modello di business. Provo a riassumerlo in sei parole chiave, che li differenziano veramente rispetto al nucleare giga-scale presente nel resto del mondo.
La prima parola è “flessibilità”. Prima veniva richiamato il tema della complessità del contesto energetico di adesso e di quello che sarà ancora il contesto energetico del futuro. Flessibilità è una parola chiave per poterlo affrontare, e in questo caso gli Small Modular Reactors introducono per la prima volta la possibilità di poter erogare energia in diverse forme: sotto forma di energia elettrica oppure anche sotto forma di calore.
Questa flessibilità li rende adattabili anche a contesti di distretti industriali. Seconda parola chiave: “standardizzazione”. Si è citato prima il processo autorizzativo, che è il processo che allunga i tempi, in Europa e nel mondo, nella realizzazione degli impianti. Standardizzare significa poter affrontare un processo autorizzativo legato a una flotta, quindi legato a più reattori, a più impianti perfettamente uguali, e questo è un cambio di paradigma. “Modularizzazione”: gli allungati tempi di realizzazione degli impianti si verificano in cantiere, laddove ci sono imprevisti.
Quindi riportare il più possibile in fabbrica, modularizzare, prefabbricare, pre-testare e poi completare solamente in sito la realizzazione è quello che può portare un altro vantaggio competitivo. “Produzione in serie”, quindi produrne tanti tutti uguali. “Logica di flotta”: non parlare più di un primo impianto, di un first-of-a-kind, ma parlare di un first-of-a-fleet significa anche qui, come si citava precedentemente, poter considerare autorizzati una serie di impianti. Ultimo tema, “condivisione dell’investimento”, la diversità degli investitori. Capitali ridotti, investimenti ridotti, possono aprirsi a diversi investitori, quindi non solo le grandi utility ma anche, ad esempio, i distretti industriali.
Le tecnologie di quarta generazione — quindi quelle raffreddate a sodio, a piombo, come quella sviluppata da Newcleo o quella che stiamo sviluppando noi — noi riteniamo abbiano bisogno ancora di un po’ di tempo per diventare, per consolidarsi.
Le vediamo nella seconda parte del prossimo decennio. Vediamo però una cosa importante: vediamo che sviluppare quei sei punti precedenti, quindi su una tecnologia più matura come quella dell’acqua, abiliti poi il passaggio a tecnologie più innovative come quelle dei reattori veloci, degli Advanced Modular Reactors, che lavorano a temperature più alte, che hanno efficienze maggiori e che quindi consentono, ad esempio, di produrre idrogeno verde, di alimentare le aziende energivore, avendo già consolidato un modello di business.
Quindi ecco qui la staffetta, la tappa, la sinergia tra le due, in un modello di ritorno al nucleare che non vuole essere nostalgico, ma vuole essere sostenibile, con la chiusura poi del ciclo del combustibile che è stata citata poco fa.