Buongiorno a tutti.
L’industria europea si trova in una difficile condizione. Da un lato, le crescenti tensioni geopolitiche che stanno interessando sempre più le maggiori aree geografiche mettono un po’ a rischio le nostre rotte di approvvigionamento energetico. Il mercato del gas naturale in questi ultimi anni ha subito delle fluttuazioni senza precedenti e l’abbandono di un approvvigionamento stabile che avevamo via metanodotto, naturalmente, ha introdotto, ha portato con sé tutte le instabilità del mondo e ha condotto a un’incertezza che non possiamo più tollerare come mondo industriale, perché ci impedisce di pianificare gli investimenti.
Dall’altro, c’è una situazione geopolitica, geografica ed economica, come gli Stati Uniti, che intenzionalmente hanno abbandonato la strada, o sembra abbiano abbandonato la strada della transizione energetica che l’Unione Europea ha intrapreso in maniera anche abbastanza ideologica. Un esempio fra tutti è quello degli standard CO₂, che in Europa sono stati assunti di fatto prevedendo un bando alla vendita di motori a combustione interna al 2035; una scelta che non solo ha messo in crisi il settore dell’automotive, ma ha anche messo in dubbio investimenti sostenibili come quelli relativi alla produzione di biocarburanti.
A Bruxelles ora si sta riflettendo, nonostante queste lezioni che abbiamo potuto già sperimentare, su un obiettivo massimo di riduzione delle emissioni di gas serra del 90% entro il 2040 rispetto ai livelli del ‘90, fissando tempi troppo stringenti per la decarbonizzazione, e rischiamo di deindustrializzare il continente, trasferendo produzione, occupazione e valore aggiunto altrove.
Il Clean Industrial Deal e il piano di azione per l’energia a prezzi accessibili appaiono inadeguati ad affrontare queste sfide. Sembra che la Commissione, peraltro, non voglia neanche affrontare in modo efficace il tema del differenziale dei prezzi elettrici tra Paesi europei e propone soluzioni semplicistiche come quella della riduzione della tassazione, una strada che naturalmente solo i Paesi con maggiori spazi di bilancio pubblico possono seguire. E naturalmente noi, che abbiamo il differenziale maggiore rispetto ad altri Paesi europei, non potendo utilizzare quest’arma siamo doppiamente penalizzati.
Ecco perché, in breve — e vi enuncio solo alcuni titoli — abbiamo messo a punto un pacchetto di misure per l’energia elettrica e per il gas naturale per affrontare sia la sfida della competitività, e quindi il sistema dei prezzi, sia quella della decarbonizzazione.
Innanzitutto, lo sviluppo di contratti di lungo termine di energia per le imprese, sulla base dei contratti per l’energia elettrica da fonti rinnovabili che il GSE stipulerà per raggiungere i target al 2030. Immaginiamo di poter contare, rispetto a questi target, su 50 terawattora, quindi un numero significativo e importante, tenendo conto che l’industria italiana consuma circa 120 terawattora all’anno, parliamo di un quantitativo importante. L’assegnazione di una quota dell’energia idroelettrica a favore dell’industria a prezzi di generazione, con equa remunerazione del capitale investito, con il rinnovo delle concessioni.
Su questo, naturalmente, il “modello Umbria”, per trovare un riferimento, è certamente un modello sul quale riflettere con attenzione. Ci aspettiamo, naturalmente, senso di responsabilità anche da parte delle Regioni, che devono dare un proprio contributo alla politica industriale. L’eliminazione dello spread sul mercato del gas fra Centro Europa ed Italia; sapete che oggi vale circa 3-4 euro a megawattora, è uno spread ingiustificato che costa all’Italia oltre un miliardo di euro e potrebbe avere un impatto anche indiretto di circa un miliardo sulla produzione di energia elettrica. L’anticipazione agli industriali hard-to-abate del valore delle garanzie di origine del biometano che si impegnano a contrattualizzare con i produttori.
Le garanzie pubbliche per l’approvvigionamento diretto di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti — e su questo stiamo lavorando direttamente con il Governo, con Palazzo Chigi, con il Ministro Pichetto Fratin — destinato alle imprese gasivore, sfruttando ad esempio il terminale di Ravenna. Modificare la gas release per renderla finalmente operativa dopo tre anni dalla sua approvazione. Abilitare l’autorizzazione di impianti rinnovabili per l’autoconsumo industriale, rivedendo i vincoli del DL Agricoltura e sviluppando un decreto aree idonee che promuova le installazioni.
Dobbiamo guardare anche, naturalmente, al medio-lungo termine, ed ecco perché il 16 luglio, grazie al lavoro di uno steering committee di Confindustria, presenteremo il nostro rapporto sul nucleare che abbiamo sviluppato assieme ad ENEA.
Un appuntamento importante, che arriva alla vigilia del dibattito parlamentare sul disegno di legge governativo e sul quale noi crediamo sia importante mettere l’attenzione non solo del Parlamento italiano, ma di tutte le forze politiche con senso di responsabilità, perché noi abbiamo bisogno di inserire nel nostro mix produttivo anche una quota di nuovo nucleare, o nucleare di quarta generazione perché sarà importante garantire una produzione stabile, non intermittente, che si affianchi allo sviluppo delle rinnovabili e che garantisca al Paese e al mondo industriale, in costante crescita di domanda di energia elettrica, di avere quell’energia necessaria per continuare ad essere un grande Paese industriale e poter giocare ancora su quelle componenti di benessere che i nostri nonni e i nostri padri ci hanno lasciato e che noi dobbiamo garantire alle generazioni future.
Grazie.