Cosa ne pensa del recente ordine esecutivo della Casa Bianca sulla riforma dell’ordinamento regolatorio del nucleare?
Allora, intanto grazie per l’invito e grazie di aver rinnovato anche l’invito in questa sala, che due anni fa ha visto il ritorno del dibattito sul nucleare.
È un merito vostro, è un merito tuo in particolare, e quindi ti ringrazio. La riforma dell’NRC, della Nuclear Regulatory Commission degli Stati Uniti, è una riforma importantissima, della quale in Italia non si sta parlando, e io francamente vorrei tanto capire perché. Non so se si tratti di ostracismo verso il nucleare, di ostracismo verso Trump, sul quale invece, personalmente, non ho nessuna difficoltà, anzi, visto quello che sta facendo per il nucleare.
Però è una riforma della quale si deve parlare, perché è il ritorno del primato della politica su altre questioni. Questa riforma si snoda su alcuni punti. Intanto prende atto del fatto che esiste una iper-regolamentazione sul nucleare da 40 anni, o da 50 anzi, perché negli Stati Uniti è iniziata negli anni ‘70, già prima degli incidenti di Three Mile Island, ed è una iper-regolamentazione che ha un solo scopo: quello di rallentare il nucleare a favore di altre tecnologie.
Non perché lo dica io o perché lo si possa dire con un approccio complottistico, no, ma perché le lobby che hanno finanziato questo tipo di azioni sono assolutamente dichiarate, perché negli Stati Uniti chi fa lobby su determinate tematiche si deve autodichiarare. Quindi sto parlando di qualcosa che è assolutamente consolidato.
La riforma dell’NRC è su diversi punti. Prima di tutto, è una riforma di tipo culturale, e lo dichiara nei propri propositi. Cioè, il governo degli Stati Uniti chiede all’autorità di regolazione di cambiare il proprio approccio culturale al nucleare, sostanzialmente. E qual è l’approccio culturale che chiede di cambiare? Quello di smettere di cercare la sicurezza vietando. Fondamentalmente si tratta di questo.
Si dice: “Il vostro obiettivo è aiutare il sistema a riportare gli Stati Uniti al vertice del nucleare”. Fino al 1999 sono state costruite più di 120 centrali; dal ‘99 ad oggi, due. Questa è una tendenza da invertire. Mettiamoci assieme per invertirla. Come si inverte? Intanto, con i due provvedimenti che hai chiesto tu. Cioè, si dà tempo fisso: 18 mesi per omologare nuovi impianti, per far partire nuovi impianti; 12 mesi per rinnovare quelli esistenti. Che cosa vuol dire questo? Che non si devono caricare i nuovi impianti di nuove idee, di nuovi dettagli.
Una delle cose più importanti di questa riforma forse è il momento della firma. Quando due imprenditori, due CEO di due importanti aziende elettriche americane, davanti al Presidente hanno detto: “Guardi Presidente, lei ci sta liberando da un fardello pazzesco. Noi spendiamo 35 milioni di dollari a impianto solo per la fase regolamentare, rispondendo a domande a cui avevamo già risposto prima”. Ecco, questa è la cosa da invertire, e non è da invertire soltanto negli Stati Uniti. È una rivoluzione culturale che serve a dire: se abbiamo già risposto a determinate domande, abbiamo già risposto.
Vogliamo un quadro certo, vogliamo che dentro questo quadro certo stiano i nostri investimenti, perché altrimenti i nostri investimenti sono destinati a perdere. Quando si parla di altissimi costi della produzione dell’energia nucleare, dentro ci sono due cose, anzi tre: le incertezze regolatorie, le incertezze anche politiche — il cambio di passo che si può avere da un governo all’altro — e gli interessi. Ma gli interessi diventano alti prendendo spunto dalle prime due.
Questa è la tendenza da invertire. Ultima cosa: l’approccio dedicato al lungo periodo. Si dice sempre: “Il nucleare non è per domani, è per dopodomani, ci vuole tempo”. Ma che problema c’è a pensare ai nostri figli e ai nostri nipoti?
Cioè, se oggi noi iniziassimo un investimento che, come le rinnovabili, ha un terzo di investimento e due terzi di utile — cioè, le rinnovabili hanno un payback period in sette anni e mezzo, più o meno, e durano 25 anni; il nucleare ha un payback period in 22-23 anni e dura 60, ma anche 80 anni — che differenza c’è?
E soprattutto, che male c’è nel pensare a fare investimenti per i nostri figli e i nostri nipoti?
Io credo che questa, invece, sia la parte nobile della politica.