Avete una visione dell’elettrico non soltanto come una transizione, ma come una vera sfida industriale, tecnologica e sistemica. Se affrontata con strumenti adeguati, può essere estremamente interessante anche il connubio con quella che è la nostra industria tradizionale. Cosa ne pensa?
Sì, intanto buon pomeriggio a tutti.
Ovviamente mi associo ai ringraziamenti all’Onorevole Squeri e a Forza Italia per questo dibattito veramente di alto livello. Sottolineo che anche il tema della mobilità elettrica è un dibattito.
È un dibattito che noi abbiamo costruito su basi tecnologiche. Sicuramente i temi del Green Deal, i temi della decarbonizzazione sono centrali, ma noi lo ripetiamo, attenzione — e l’ha detto bene Stefano — sono temi di transizione tecnologica, che si interfacciano con un cambiamento a livello globale. Riguarda l’auto, riguarda la mobilità come la conosciamo. Ma questo, proprio per riuscire a capire cosa avviene nel nostro Paese, dobbiamo comunque capire quello che sta avvenendo a livello globale.
Allora, alcuni numeri sono già stati detti, ma tenete conto che in dieci anni, a livello mondo, si è passati da 300.000 veicoli a 10 milioni di veicoli full electric. E non parlo della Cina. In Europa siamo passati da 90.000 a più di 2 milioni, con una crescita di market share in Europa, media, del 16%. Cioè, su 100 auto vendute, 16 sono elettriche. Allora, guardiamo non il Nord Europa, guardiamo la Francia, guardiamo la Germania: 17%. L’Italia: 5,1%. Allora, la paura nostra, che guardiamo tutta la filiera tecnologica — dalle batterie all’energia all’automotive, quindi abbiamo una visione, lo dico, privilegiata, perché la mobilità elettrica è un dialogo tra energia e mobilità — è che quella percentuale non rappresenta questo cambiamento.
Cioè, ci rende miopi rispetto a un cambiamento globale e non riusciamo a supportare l’industria con la giusta narrazione. Allora, guardiamo quello che sta avvenendo. E guardate, parlo molto praticamente: infrastruttura di ricarica. Allora, l’Italia, non si sa, ma ha già 65.000 punti di ricarica. Cosa significa? Significa che le aziende, prevalentemente presenti in questa stanza, hanno già messo sul piatto un miliardo e mezzo di investimenti.
Da dieci anni a questa parte, quando eravamo in Italia i primi a spingere sulla mobilità elettrica. Poi, per problemi industriali, si è persa questa visione e oggi ci troviamo schiacciati in un trend globale. Allora, vogliamo capire come valorizzare questi investimenti fatti su un’infrastruttura che, pensate, in Italia significa un punto di ricarica ogni cinque auto elettriche, che è molto più alta della Francia, della Germania e dell’Inghilterra.
Cioè, la nostra infrastruttura, per il numero di auto elettriche, che ovviamente, l’ho detto prima, in Italia sono poche, sono 300.000, è un’infrastruttura sufficiente. Noi non diciamo che tutti devono viaggiare in elettrico. Noi diciamo: attenzione ai cambiamenti globali, perché poi l’industria ne rimane schiacciata. Cerchiamo di parlare di competitività e di capire come rendere la nostra filiera, nel complesso, competitiva.
Quali sono le regole che aiutano l’industria a diventare competitiva. I numeri dell’infrastruttura ve li ho detti. Non vi ho detto la difficoltà nel mettere a terra l’infrastruttura in Italia. I tempi per realizzare un’infrastruttura sono lunghissimi. Ma perché? Perché intanto c’è un problema proprio burocratico e di competenze.
Di mobilità elettrica sono tre ministeri che hanno le competenze, più tutti i comuni che devono deliberare come fare le gare, come fare gli allacci sulla rete elettrica. E’ un’infrastruttura difficilissima da costruire, tant’è che è stato detto prima, dei fondi del PNRR che erano destinati all’infrastruttura, ma non erano compatibili con i tempi di installazione, sono stati, diciamo, riallocati sulla domanda.
Che ben venga, perché è un modo per incentivare. In questa fase, con quelle percentuali così basse, servono, perché comunque gli incentivi devono fare da volano, se no giustamente sono una droga del mercato. Allora, dobbiamo cercare di capire come rendere strutturali — e questo lo dice sia l’industria automotive che l’energia — servono manovre strutturali a livello europeo e a livello italiano per una chiarezza normativa.
Cioè, dobbiamo semplificare questo processo, che non è per tutti, ma è un aiuto a questa transizione. Lo dice la parola stessa: una transizione, non è una trasformazione a gradino. Non è che dal 2035 tutti viaggeremo in elettrico, come si è percepito. Il 2035 è stata un’indicazione per le aziende per capire come arrivare a questa transizione. E dieci anni fa, l’industria europea era avanti sulla mobilità elettrica. Io mi accaloro perché veramente l’abbiamo vissuta.
L’industria dell’energia, l’industria automotive lo sa questo: abbiamo perso questa trasformazione che oggi ci mette in posizione di sfavore. Allora, cabina di regia unica. Quindi aiutateci veramente a capire come regolamentare questo settore perché possa crescere, bene. Defiscalizzazione sulle flotte, cerchiamo di fare anche quelle manovre a costo zero che però aiutano un settore, aiutano l’industria a intraprendere un percorso che tanto ci arriviamo.
Ci arriviamo in ritardo perdendo dei treni, magari elettrici, però li perdiamo. Quindi la mia attenzione è solo questa: poche regole, cabina di regia, defiscalizzazione e un’attenzione soprattutto alla filiera industriale complessiva.
Grazie.