Abbiamo iniziato con i costruttori di auto, abbiamo percorso quello che è parte del settore, chiudiamo con quella che è la filiera, che non è solo la filiera dell’auto, è la filiera della mobilità, perché le aziende ANFIA comunque operano in un sistema ampio e complesso. A lei la parola.
Grazie a tutti, grazie per questa giornata lunga di ascolto, per l’attenzione data al tema dei temi, secondo noi, che è quello dell’energia, perché la mobilità è un sottoinsieme del più grande settore dell’energia, punto.
Decarbonizziamo l’energia, la produzione di energia, e decarbonizziamo anche la mobilità. Vi racconto una storia che secondo me è interessante e fa un po’ la sintesi di quello che abbiamo sentito. Avete notato che questo panel, rispetto agli altri, è stato più diretto, cupo e preoccupato. E c’è una ragione che vi vado a dire. Allora, c’era una volta in Europa una filiera che produceva il 7% del PIL europeo, che garantiva agli Stati 400 miliardi di euro di entrate per la loro fiscalità, che occupava direttamente 2 milioni di collaboratori, anche di alta professionalità, e insieme all’indotto garantiva occupazione per 12 milioni di europei, che investiva 30 miliardi di euro all’anno — un terzo degli investimenti privati in ricerca fatti in Europa — che depositava 40.000 brevetti, più di ogni telecom, più dell’intelligenza artificiale, più delle aziende di informatica, e che recentemente, grazie agli accordi siglati in Europa, ha investito 250 miliardi di euro nella mobilità sostenibile, nella transizione.
Vi ricordo, c’era solo una persona che oramai non l’ha sentito, che l’80% circa del valore di ogni veicolo è costituito dai suoi componenti. Quindi, quando parliamo di automotive, parliamo di tutta la filiera. Se vogliamo salvare la filiera europea, tenete conto che l’occupazione della componentistica è più di tre volte di quella dei prestigiosi costruttori. Siamo come secondino e carcerato: se li guardi al buio, non capisci chi è l’uno e chi è l’altro. Siamo tutti e due necessari. Questa filiera era garanzia di mobilità lavorativa, di viaggi e vacanze, di prodotti sicuri ed efficienti, bello stile e senso di libertà. Giro la pagina e trovo due notizie. Una buona: questa filiera c’è ancora, qui oggi in Europa.
Però c’è una notizia cattiva: questa industria è diventata fragile, colpita da chi pensava di aiutarla, purtroppo, in Europa. E si è anche indebolita, perché siamo ancora a circa 4 milioni di veicoli prodotti in meno rispetto al pre-COVID, e temiamo che non li recupereremo più, per un motivo o per l’altro. E inoltre oggi, e da qualche anno, è attaccata in maniera letale sia da quelli che sono i nostri alleati oltre Atlantico, che ovviamente da Oriente. Poiché la normativa del settore per il 95% è di origine europea — ho sentito parlare tanto di Italia prima negli altri panel — purtroppo qui parliamo solo ed esclusivamente di Europa. Il 95% della nostra regolamentazione è europea. Allora, ci vuole chiaramente una serie di interventi. E perché siamo qui oggi? Perché “energia” è il tema e il nome del gioco. Prima di mettere i prodotti sul mercato, e quindi prima di parlare di decarbonizzazione dei prodotti, i nostri processi industriali, per il 75% come CO₂ footprint, sono energia direttamente acquistata dalle utilities o incorporata nei componenti che compriamo dai nostri fornitori. 75% del footprint della filiera è energia, teniamolo bene in mente. E oltretutto, al 2040, noi, tutta la filiera — costruttori e componentisti — ci siamo impegnati a diventare carbon neutral. Solo che noi possiamo lavorare sul 25%. Il 75% oggi, per una buona parte, dobbiamo comprare certificati verdi. Ma pensate che i certificati verdi tra qualche anno non diventeranno oggetto di greenwashing? Perché, ovviamente, una Tesla, se gira con le regole attuali, emette zero. Io compro i certificati, ma cosa ho fatto per l’ambiente? Zero.
Allora, perché parliamo di neutralità tecnologica? Guardate, non siamo innamorati del gasolio, nonostante all’amico Gianni piaccia molto, perché già oggi in Europa le immatricolazioni a gasolio sono il 10%, quindi a livello europeo è già più l’elettrico, come abbiamo sentito da Fabio prima. Non è questo il tema. Ma per vivere, la nostra industria deve produrre componenti e veicoli per almeno 16 milioni di pezzi all’anno, se no non esiste. È solo per quello che stiamo chiedendo neutralità tecnologica. Perché se Stellantis non riesce a vendere i suoi veicoli solo elettrici, ma caspita, la filiera muore il giorno dopo. Allora, siccome non siamo autocrati come in Cina, dove col soft power non ti danno la targa verde, devi vincerla alla lotteria, ma quella non verde dimenticatela, perché lì te la danno dopo sette anni, noi non siamo in queste condizioni.
Poi in Italia siamo ancora un po’ più “zucconi”, perché ci mettiamo un po’ di più a capire l’elettrico, e ragazzi, noi dobbiamo produrre 16 milioni di veicoli all’anno. Punto. Se lo facciamo tutto in elettrico, ma ben venga. Poi però ci sono altri temi, perché ogni volta il tema è complesso. Perché l’ottimo ministro del MASE, il ministro Pichetto Fratin, ci mette a disposizione 600 milioni che derivano dal fatto che le macchine elettriche non hanno “bevuto” più di tanto, rispetto al fatto che abbiamo dato 600 milioni di incentivi. Virtuosa la misura, perché aiuta l’elettrificazione, ma andiamo a vedere che cosa non funziona nella catena. Allora, noi abbiamo un’idea, perché poi, fatta la diagnosi, è importante la cura. Allora, la diagnosi l’abbiamo detta, la cura è questa. Mi associo a quanto diceva Jean-Philippe. Siccome parliamo di decarbonizzazione, vogliamo togliere 400 milioni di tonnellate di CO₂ dal parco circolante.
È la metà di quello che oggi inquinano i veicoli in Europa. Siamo additati come brutti, sporchi e cattivi, ma guardate che non siamo noi, i costruttori di componenti. È il parco circolante, che è la stratificazione delle norme che si sono succedute nel tempo. Impariamo anche a dividere questa cosa, perché sennò buttiamo via il bambino con l’acqua sporca. L’acqua sporca sono i 250 milioni di veicoli da cambiare. Allora, siccome da una parte Trump non vuole che esportiamo di là, anzi, ci vuole fare produrre di là, siccome Xi Jinping ha un’enorme capacità produttiva che da qualche parte deve mettere e ha anche lui problemi di occupazione, allora, abbiamo questi 250 milioni. La proposta è: con una nuova regolamentazione per veicoli più semplici, con un sussidio che possa cambiare almeno 10 milioni di veicoli in più all’anno, arriviamo al 2035 puliti come Pasqua. Ovviamente con local content europeo e con bassa o nulla impronta carbonica, come hanno detto i colleghi prima. Questo è quello che dobbiamo fare. Ma attenzione, torno al punto e finisco. Se non lo facciamo entro quest’anno, siamo fritti. Scusate la brutalità, siamo fritti. Non c’è più tempo.
Non c’è più veramente tempo. E perché non c’è tempo? Perché Continental, guardate cosa sta succedendo. Continental, gigante tedesco, meno 28.000 persone. ZF, meno 20.000 persone. Stamattina leggevo un costruttore di componenti giapponese in Germania: chiude due stabilimenti e nel terzo riduce a metà. Ragazzi, il domino è partito. O capiamo questo, e quindi chiedo l’aiuto davvero di tutti voi, in Italia, in Europa, per quanto si può fare, se no la nostra filiera farà la fine di tante altre filiere che ci hanno preceduto. I microprocessori. L’Italia aveva il 25% di produzione mondiale dei microprocessori. L’elettronica di consumo. Non dico i giocattoli, ma facciamo questa fine. Allora, grazie dell’ascolto, ma adesso facciamo qualcosa. Grazie.