Parliamo di Energia Blu o, come ha sottolineato più volte, di “transizione idrica”. Quali sono le strategie che ACEA sta mettendo in campo per questa transizione?
Anzitutto grazie, e ringrazio Forza Italia e l’Onorevole Squeri e lei per questo invito.
Credo che il tema dell’acqua sia un tema che viaggia in un certo senso a braccetto col tema dell’energia. Ovvero, è necessaria l’acqua per produrre spesso energia, e lo è tanto più vero oggigiorno, perché tecnologie quali l’idrogeno o anche tutto il nucleare richiedono grossi quantitativi di acqua, ma lo stesso fotovoltaico, più volte citato, spesso richiede acqua per lavare i pannelli, altrimenti il rendimento scende.
Allo stesso modo, serve l’energia per l’acqua, perché ormai i cicli idrici sono grossi consumatori, spesso, di energia. Pertanto, credo che sia giunto il momento anche di parlare molto, oltre che della transizione energetica che ci ha visto impegnati tanto e tuttora ci vede impegnati come Paese, molto dovrebbe riguardare anche il tema odierno della cosiddetta “transizione idrica”. Questo è un tema che sta crescendo non solo in Italia, a livello europeo, ma anche a livello globale. Perché oggi l’acqua significa, a mio avviso, tre cose.
Il primo è “sviluppo”. Ci sono ormai analisi, anche a livello europeo, che testimoniano come c’è una correlazione stretta tra la disponibilità della risorsa idrica e lo sviluppo, il PIL. Si oscilla tra il 40 e il 60%. Il settore primario, come l’agricoltura, ne dipende in maniera ovvia. Molto del settore dell’industria dipende dall’acqua, perché tante industrie sono grosse consumatrici di acqua. Vi ho citato prima l’energia, che sta diventando un tema, ma anche il tema dell’intelligenza artificiale.
Oggi esistono stime che al 2030 dicono che a livello globale servirà tanta acqua quanto quella che consumano oggi gli Stati Uniti. Cioè, sarà come aggiungere un Paese come gli Stati Uniti alla domanda globale di acqua. Vi potete immaginare cosa significa in termini di impatto. Questo, proporzionato, riguarderà tutti i Paesi. Pertanto, intervenire sull’avere e garantire un’adeguata disponibilità di acqua significa garantire uno sviluppo solido. L’altro aspetto è il tema della “sicurezza”. L’acqua condiziona la sicurezza. Un esempio: il tema dello sviluppo in Nord Africa. Cioè, garantire disponibilità di acqua e sviluppo a livello locale significa incidere sui flussi migratori e garantire uno sviluppo locale, per tanto evitare temi di altra natura. Terzo è la “salute”.
La salute pubblica oggi dipende in misura crescente dalla qualità dell’acqua che beviamo. Questo riguarda il tema dei PFAS, cioè gli inquinanti perenni oggi presenti in natura e che rappresentano una lotta continua per chi gestisce l’acqua. Riguarda tutto il tema degli antibiotici, dei farmaci in generale che sono finiti nei cicli idrici e che vanno depurati. Ma riguarda anche il tema delle microplastiche. Ci sono studi che dicono che oggi, mediamente, si ingerisce quasi l’equivalente di una carta di credito a settimana o due settimane, ma comunque stiamo parlando di cose significative. Ci sono studi medici che dimostrano l’impatto oggi delle microplastiche sulla salute umana, e pertanto il tema della salute è diventato prioritario.
A fronte di questo, ci sarà una situazione di uno sbilancio importante e crescente tra domanda e offerta. La domanda cresce per effetto della crescita della popolazione a livello globale, ma soprattutto anche per la crescita dei consumi. La disponibilità di acqua si riduce per evidenti motivi di cambiamento climatico e quant’altro. Pertanto, a fronte di questo, abbiamo delle infrastrutture che mediamente hanno tra i 50 e i 60 anni.
Dunque tarate per Paesi con demografie e capacità produttive completamente diverse. Soprattutto, piove in misura diversa, in luoghi diversi. Abbiamo una situazione spesso delle infrastrutture talmente trascurate — se guardo anche il mondo delle dighe — in cui il 40% degli invasi è pieno di detriti e non viene dragato. Pertanto, quello che abbiamo condizionato è anche la capacità di accumulo. Cosa si può fare? Si può fare tanto e si può agire anzitutto su una regia unica. Il tema dell’acqua è stato spesso oggetto di parcellizzazione delle capacità decisionali.
La Commissione Europea, nella sua recente formazione, ha definito che un commissario specifico, quello sull’ambiente, abbia la delega anche alla resilienza idrica. È un piccolo, significativo passo. A me ricorda molto quello che è avvenuto 25 anni fa sull’energia, in cui inizialmente si è iniziato a focalizzare il tema sull’energia. Bisogna farlo anche a livello dell’idrico. Pertanto, l’Italia ha nominato un commissario straordinario.
È un passo importante fatto da questo governo, il primo significativo dopo tanti anni. Forse bisogna ragionare se fare un ulteriore passo in questa direzione, cioè avvicinare e unificare le responsabilità, perché una visione unica sicuramente aiuta a prendere rapidamente delle decisioni. Secondo aspetto: le regole.
La normativa è vecchia di 30 anni. Sono troppi, appartiene a un Paese diverso. E devo dire, anche qui, c’è stata un’iniziativa, ad esempio sul Lazio, promossa proprio da Forza Italia, sull’unificare gli ATO, che sembra una banalità ma non lo è. Oggi non è possibile spostare l’acqua tra un ATO e l’altro. Cioè, noi spostiamo l’energia elettrica, spostiamo il gas, non spostiamo l’acqua, il che fa riflettere, sicuramente.
E soprattutto, il sistema tariffario, ad esempio, è il più trascurato di tutti i sistemi tariffari, pertanto anche qui forse dei ragionamenti opportuni è bene farli, nel senso che bisogna ragionare sulla determinazione proprio della tariffa. L’altro aspetto è i rimedi. Bisogna intervenire sulle fonti. L’Italia è un Paese che, grazie al cielo, grazie alla sua morfologia, ha tante fonti. Il problema è gestirle, curarle e garantire una loro disponibilità anche in futuro. Secondo aspetto è tutto quello che riguarda la raccolta dell’acqua. Vi dicevo prima delle dighe, è sconcertante. Significa che se non interveniamo sui dragaggi delle dighe, quello che avverrà è che fra poco le dighe, fra altri vent’anni, saranno piene di detriti.
Fare nuove dighe in Italia è un po’ complicato, quindi si potrebbero fare bacini a livello locale. Su questo aspetto ci sono state iniziative mosse anche da Forza Italia che sono pregevoli, perché a livello agricolo questo potrebbe fare molto la differenza. Poi c’è il trasporto. In Italia si perde, mediamente, circa la metà dell’acqua che si trasporta.
È impensabile. Cioè, se non si interviene sulle tubature e si riparano, banalmente, i tubi con nuove tecnologie — perché esistono nuove tecnologie — è difficile fare qualsiasi altra forma di intervento. Su Roma e su altre realtà che noi gestiamo, le percentuali sono molto più basse, per cui si può fare in Italia a regole attuali, e si deve farlo. E poi c’è il tema del riuso. Il riuso è un tema su cui noi stiamo battendo molto. Oggi il livello di riuso dell’acqua è bassissimo e spesso non si pensa che l’acqua va riciclata.
Lo facevamo tanti anni fa, lo facevano i nostri nonni, noi non lo facciamo più. Le tecnologie ci sono, non costano neanche tanto, bisogna farlo. Oggi la normativa, recentemente — su, devo dire, nostro stimolo, molto è stato fatto nell’ultimo anno e mezzo — stiamo facendo dei progetti pilota e bisogna andare su quella strada, perché significa scoprire migliaia di nuove fonti. Ultimo aspetto è l’aspetto finanziario.
Finanziariamente, tutto questo chiaramente costa. Tuttavia le tariffe in Italia sono le più basse d’Europa. L’acqua è l’unica risorsa che non si paga. Paghi il servizio industriale per avere l’acqua a casa tua, al rubinetto, averla garantita che non ti inquina, cioè che bevendola non hai problemi. Infine c’è tutto quello che riguarda la depurazione. Oggi non c’è consapevolezza che se io vado al mare e mi faccio un bagno in un’acqua pulita è perché ho pagato l’acqua, perché il servizio di depurazione viene pagato attraverso l’acqua del rubinetto.
Questa è una correlazione che, secondo me, bisogna iniziare a spiegare perché è fondamentale, perché impatta tanti settori, in primis il turismo, oltre che tutto l’ambiente in generale. Poi, a fronte di questo, credo che oggi l’Europa, dieci giorni fa, ha iniziato a varare un piano sulla resilienza idrica. La BEI ha iniziato a stanziare molti fondi.
Questo significa un’opportunità enorme per il Paese, perché intercettare quei fondi significa creare dei settori industriali nuovi, cioè tutti i settori industriali collegati ai sistemi di gestione idrica. Significa potenzialmente fare business anche all’estero, pertanto esportare queste tecnologie di cui il Paese è già pieno, però vanno sviluppate. Ultimo, è introdurre dei sistemi tipo “certificati blu”, cioè tipo certificati CO₂, in cui chi, a regime, consuma troppa acqua, in un certo senso deve dare un contributo maggiore.
Messi insieme, tutti questi sistemi a mio avviso possono finanziare adeguatamente gli investimenti. Per cui, concludendo, credo che l’acqua può essere un’enorme opportunità per il Paese. Deve essere vista collegata al tema dell’energia, assolutamente, e su questo si può veramente sviluppare anche una filiera in prospettiva.
È necessario adeguare alcune normative e su questo, credo, che la strada è tracciata. Se riusciamo a seguirla rapidamente, potremo essere anche all’avanguardia a livello europeo.
Grazie.