Stiamo sfruttando appieno il potenziale del nostro patrimonio infrastrutturale, soprattutto riguardo al gas, intendendo non solo quello di origine fossile, ma anche quello rinnovabile come biometano e idrogeno?
Grazie all’Onorevole Squeri per l’organizzazione e per l’invito a questo dibattito.
Io parto un po’ da quello che hanno detto coloro che mi hanno preceduto, soprattutto sull’ultima cosa che ha detto Agostino Scornajenchi. Le infrastrutture, sia di gas che elettriche, che oggi l’Italia ha, ci hanno permesso, più di altri Paesi, di superare più velocemente la crisi derivante dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Perché? Perché erano infrastrutture ridondanti, resilienti.
Quindi, l’investire sulle infrastrutture è fondamentale se vogliamo fronteggiare crisi come possono succedere. Ma hanno anche un altro aspetto, un’altra rilevanza, che è quello economico. Avere delle infrastrutture che ci permettano di muoverci da una fonte all’altra. Agostino ha citato: siamo passati da un approvvigionamento che arrivava dalla Russia a un approvvigionamento dal Nord Africa, più i rigassificatori.
Questo ci ha permesso, da un lato, di sostituire prevalentemente il gas russo, ma ci può permettere, in futuro, anche di poter mettere in competizione fornitori diversi e quindi riuscire anche ad abbassare poi il costo della materia prima. Quindi investire sulle infrastrutture è fondamentale proprio per questo motivo.
L’altro aspetto dell’infrastruttura, che riguarda sia il settore elettrico che il settore gas, è che dobbiamo abbandonare l’approccio ideologico, che purtroppo ha contraddistinto in maniera molto marcata soprattutto la precedente Commissione Europea. Perché con l’approccio ideologico non si riesce a risolvere il trilemma che è stato citato prima.
Non si riesce, perché è stato un approccio che non solo ha indicato degli obiettivi particolarmente sfidanti, ma soprattutto ci ha detto come arrivare, quale strada seguire. Il che è fondamentalmente sbagliato, perché vuol dire limitare le possibilità che ci dà l’innovazione, limitare le possibilità del mercato.
Abbandonare l’approccio ideologico e passare invece a un approccio di neutralità tecnologica significa andare a valutare tutte le possibili fonti, tutte le possibili opportunità che ci sono per sfruttare al meglio e dare una risposta a quel trilemma di sicurezza degli approvvigionamenti, costo dell’energia e sostenibilità.
E di fatto la sostenibilità, quindi la transizione energetica, la si può raggiungere attraverso uno sforzo che deve essere fatto sia nella decarbonizzazione dell’elettrone — le fonti rinnovabili aiutano in questo modo, ma hanno tutti i limiti che sono stati citati prima — sia attraverso la decarbonizzazione delle molecole. Infatti, io le infrastrutture del gas le chiamerei più le “infrastrutture delle molecole”, perché oggi trasportano gas di origine fossile, ma possono e potranno trasportare anche gas che viene completamente decarbonizzato. Lei ha citato, Onorevole, il biometano e l’idrogeno. Hanno degli orizzonti temporali abbastanza diversi tra di loro. Il biometano è già un qualcosa di presente; l’idrogeno, c’è bisogno di tanta ricerca e sviluppo per renderlo competitivo da un punto di vista di costo.
Ma se guardiamo, per esempio, al biometano, che è un esempio sotto i nostri occhi, noi abbiamo un potenziale di qui al 2030 che rappresenta circa 6 miliardi di metri cubi di gas, che sono circa il 10% del consumo nazionale di gas.
Quello di cui c’è bisogno per sviluppare gli impianti di biometano... c’è stato il PNRR che ha allocato 2,2 miliardi di euro, c’è bisogno di un framework che sia noto, che sia non semplicemente di pochi anni, ma un framework più ampio in termini di garanzia di immissione del biometano all’interno dell’infrastruttura del gas, siano essi le reti di distribuzione o di trasporto. C’è bisogno di una valorizzazione del digestato, che oggi viene considerato nella maggior parte dei casi un rifiuto, mentre invece può essere una risorsa: va a sostituire i fertilizzanti di provenienza chimica.
C’è bisogno di una valorizzazione della cattura della CO₂. E tra l’altro, ci troviamo in una situazione di economia circolare, quindi diamo un aiuto agli imprenditori agricoli, prevalentemente, attraverso una valorizzazione di quello che è un problema, il rifiuto, e lo trasformiamo invece in un valore, in un ricavo addizionale. Sull’idrogeno, viceversa, bisogna pensare a degli investimenti.
L’Europa è un’area dove ci sono tanti progetti di sviluppo. Dobbiamo avere la pazienza, ma soprattutto cercare — e l’industria lo deve fare — di fare tanta attività di ricerca e sviluppo per abbattere soprattutto il costo di trasformazione dell’acqua in idrogeno attraverso l’elettrolisi, perché oggi il costo è ancora caro.
Ma le possibilità e le varietà di forme di energia sono talmente tante che la transizione la si può raggiungere se però guardiamo, incluso il nucleare, come immagino si discuterà tra poco, se guardiamo con mente aperta, senza pregiudizi.