ATTIVITÀ MILITARE
ATTIVITÀ MILITARE
A 19 anni Federico dimostra già di essere un abile stratega, inizia a farsi notare per le sue doti militari, si riappropria con l’astuzia della rocca di San Leo, castello dei Montefeltro, che era stata occupata dai Malatesta. L'impresa aveva i caratteri epici dell'impossibile, ma Federico riuscì.
Il periodo che va dagli anni trenta agli anni cinquanta del ‘400, in cui Federico crebbe e e ottenne i suoi primi successi militari, è stato definito l’età eroica del condottiero, un’epoca in cui l’Italia era divisa tra cinque maggiori potenze in lotta tra di loro per conquistare l’egemonia o espandersi. Le cinque potenze principali erano le Repubbliche di Venezia e di Firenze, il Ducato di Milano, il Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa. Le guerre continue, le alleanze incerte e la mancanza di eserciti permanenti alimentavano la richiesta di capitani professionisti che addestrassero dei soldati e fossero pronti a mettersi al servizio di chiunque fosse in grado di pagare la condotta.
I rapporti amichevoli del Conte Guidantonio di Montefeltro con il Duca di Milano, spinsero Federico a cercare il suo addestramento militare sotto Niccolò Piccinino, uno dei condottieri a servizio di Milano.
I successi militari precoci di Federico, la sua fama di onestà e lealtà, l’abilità a compiere manovre diplomatiche lo fecero ben presto apprezzare in tutta Italia.
Federico nel corso del suo lungo regno (1444-1482) fu quasi sempre in guerra, egli era un imprenditore della guerra. Con le commesse pagategli via via da Milano, Napoli, Firenze, Roma, ingrandì e abbellì il suo ducato senza dover ricorrere a tassare eccessivamente i suoi sudditi.
Federico combatté anche una lunga guerra privata protrattasi per 20 anni, con il suo grande rivale Sigismondo Malatesta, Signore di Rimini. I due personaggi si assomigliavano, erano dei "self made man" del Rinascimento, entrambi figli illegittimi che però arrivarono a governare uno stato regionale, istruiti dai migliori maestri, mecenati, abili uomini d'armi, ambiziosi, senza scrupoli, in continua competizione. Sigismondo si avvarrà per primo del pennello di Piero della Francesca per il suo ritratto, ma Federico non sarà da meno e commissionerà molte opere all'artista biturgense. La loro contesa per il controllo dell'Italia centrale inizia quando Federico aveva 19 anni e Sigismondo 24 e vede il Montefeltro, dopo una inziale sconfitta, riuscire in un'impresa inimmaginabile, l'espugnazione della rocca di San Leo. Le due famiglie cercarono di ricorrere ad accordi matrimoniali per placare le controversie, ma tutto fu inutile. Ci fu anche un tentativo di accordo diplomatico con un incontro, a Gubbio, del 29 novembre 1460 tra Federico e Sigismondo Malatesta, però l'odio fra i due rivali era incolmabile, entrambi infatti erano accomunati dalla smania di trasformare, con un grandioso intervento edilizio, la rispettiva capitale. Sigismondo si caccia, incurante della scomunica papale, nell'avventura antiaragonese con momentanei successi e non duraturi risultati. Più avveduto, al contrario, il comportamento di Federico, che soccorre Ferdinando d'Aragona e batte, la notte dal 12 al 13 agosto 1462, nel piano della Marotta nei pressi del fiume Cesano, il Malatesta.
Con questa sconfitta, inizia la parabola discendente di Sigismondo. Nel 1463 cadono Senigallia e Fano. Il Malatesta salvò la pelle e un piccolo lembo del suo dominio, la Signoria di Rimini. Federico trionfa sul nemico, al quale non resta che Rimini con le sue immediate adiacenze, mentre cadono in mano di Federico quanto Sigismondo deteneva in Montefeltro: Pennabilli, Maiolo, Pietrarubbia, Sant'Agata ed altre fortezze. Definitiva a questo punto la vittoria feltresca dopo una lunga lotta che ha impegnato tre generazioni, Sigismondo è umiliato e resta Signore della sola Rimini e di una modesta fascia territoriale circostante, mentre a suo fratello Domenico non rimane che Cesena. Federico invece risulta vittorioso politicamente prima ancora che militarmente, perché ha saputo contrapporre all'audacia di Sigismondo, al suo estro, alla sua rapidità una paziente politica delle alleanze mirante all'accerchiamento e all'isolamento dell'avversario. Federico era avvantaggiato da una reputazione di lealtà che lo rendeva, nelle valutazioni dei contemporanei, ben più affidabile del Malatesta. Federico quindi si ritrova a capo d'un territorio ingrandito ed unico signore della Romagna meridionale, in grado così di controllare un importante snodo di transito tra l'Italia settentrionale e l'Italia centromeridionale.
Le doti di Federico lo posero al centro della vita politica italiana. Il Montefeltro fu uno degli uomini d’arme più stimati ed apprezzati del suo tempo per la fedeltà alla parola data, per la sua capacità di farsi amare dai suoi soldati, per la sua abilità e strategia militare.
Una prima alleanza con Firenze, dove Cosimo de’ Medici diventò un fermo sostenitore di Federico, e un’affettuosa amicizia con il Papa umanista Nicola V gli permisero di svolgere un ruolo centrale in occasione della più grande svolta della politica italiana del XV secolo: la creazione di un’alleanza tra le cinque delle maggiori potenze, nota con il nome di Lega Italica. Tale alleanza aveva lo scopo di creare un equilibrio di potete tra i cinque stati e di raggiungere un’epoca di stabilità per tutta la penisola. Federico, grazie alla rete di amicizie e di stima, si vide elevato alla carica di comandante della lega e, negli anni successivi, anche a quella di Capitano Generale del Regno di Napoli, di Luogotenente generale del Ducato di Milano e Gonfaloniere della Chiesa.
Così, intorno al 1460, Federico era diventato il condottiero italiano più rispettato e pagato del suo tempo.
Uno degli episodi più cruenti a cui partecipò Federico da Montefeltro, come capitano di ventura al soldo di Lorenzo de' Medici, fu l'assedio di 40 giorni e il sacco di Volterra del 1472. Il motivo del contendere era lo sfruttamento delle miniere di allume, ma le cose degenerarono e si verificò un massacro. Gli storici raccontano che vicoli e vie erano divenuti strade di un girone dantesco, l’abitato aveva preso le fattezze d’una festa macabra dove le case erano messe a ferro e fuoco, gli uomini venivano sgozzati o peggio, e le donne stuprate senza ritegno alcuno.
C’è chi sostiene che l’ignobile sacco di Volterra sia stato ordinato dal conte d’Urbino per punire gli sconfitti colpevoli di non essersi arresi quando egli gliene aveva concesso l’occasione (a sostegno di questa tesi il Guicciardini afferma che i fiorentini non avrebbero avuto alcun vantaggio nel prendere una città del tutto distrutta); altri invece ritengono che il sacco di Volterra si consumò nonostante l’indignazione del Montefeltro. Federico comunque fece un personale bottino infatti portò con sé un leggio bronzeo con un'aquila ad ali spiegate e una Bibbia ebraica manoscritta del XIII secolo appartenente a un ricco mercante ebreo, la cui ampia collezione di manoscritti andò a formare una nuova sezione nella Biblioteca nel Palazzo di Urbino.
Lorenzo il Magnifico ordinò un accoglienza trionfale a Firenze per Federico, il condottiero venne celebrato alla maniera di un antico eroe romano; ricevette stendardi intessuti d'oro e ricamati con il suo blasone, gli fu concessa la cittadinanza onoraria di Firenze e una bella villa a Rusciano.
Rocca di San Leo
Piero della Francesca, Sigismondo Pandolfo Malatesta, Louvre, Parigi
Federico vincitore nella battaglia di Rimini, Pietro Acciaioli, "Ariminensis descripta pugna" ca. 1470, Biblioteca Apostolica Vaticana
Federico da Montefeltro trionfatore nell'assedio di Volterra, da Poggio Bracciolini, storia di Firenze, Biblioteca Apostolica
Panorama di Volterra
Bibbia miniata ebraica sottratta da Federico al banchiere giudeo Emanuele durante il sacco di Volterra, oggi nella Biblioteca Apostolica Vaticana
Leggio di artigianato inglese del XV secolo, frutto del sacco di Volterra insieme alla Bibbia ebraica. Museo Diocesano Urbino