BUONCONTE, figlio naturale di Federico che egli aveva designato come erede, morì di peste a diciassette anni nel 1458 a Napoli dove era stato inviato presso il re aragonese per sottolineare la sua devozione. Buonconte era il primo e il prediletto dei suoi figli naturali, la cui precocità intellettuale aveva impressionato, ancora nel 1453, Bessarione, allora di passaggio ad Urbino. Stupefacente, nel fanciullo, la padronanza delle lingue classiche e tale da sbalordire anche Biondo Flavio, tale da sconcertare anche Porcelio. Orgogliosissimo di lui Federico e a lui attaccatissimo: è la persona che più ama al mondo. Destinandolo a rappresentarlo presso gli Aragona da un lato il padre vuole valorizzarlo, dall'altro enfatizza il proprio contare sulla protezione di quelli. Solo che, quando il giovinetto arriva a Napoli, l'epidemia imperversa. Ed anch'egli si sposta, con la corte, ad Aversa, morendovi però all'improvviso per un fulmineo malore, forse dovuto al contagio.
Straziato dal dolore il padre, uomo duro, astuto, calcolatore, spregiudicato, dall'indomabile energia, ma ora si piega barcollante. "El nostro signore Dio", scrive l'11 ag. 1458, a Francesco Sforza, che, per punirlo dei suoi "peccati", già gli "ha tolto un occhio", questa volta lo prova assai più duramente colpendolo nel più sincero e grande dei suoi affetti. "Questo figliolo... era la vita mia", si dispera inconsolabile. Buonconte - già designato, in cuor suo, a succedergli nella signoria urbinate - era il migliore dei figli, il più promettente degli eredi. "Io non seppi mai volere - ricorda Federico - cosa alcuna da lui ch'el non la fesse segondo il mio desiderio"; né, per quanto frughi nella memoria, gli sovviene "che el me dispiacesse in cosa alcuna". Sintomatico - pur nel culmine della sofferenza: la scomparsa del figlio, scriverà Paltroni, "fu un coltello al core" pel "dignissimo patre".
Il protagonismo di Federico lo porta a delineare un profilo eccezionale di Buonconte - che sapeva di greco e latino, che era di tratto gentile, che era provetto a cavallo e nell'armeggiare - si riassume nella sua pronta adesione, ovunque e comunque, alla volontà paterna, si compendia nel suo corrispondere alle attese di Federico, si risolve nell'essere stato assecondante e obbediente. Sconvolto dal dolore Federico.., ma non annientato, non schiantato se - in questo suo pianto disperato - finisce col ribadirsi, col riaffermarsi. Buonconte è colui che ha fatto la volontà del padre. Nessuna titubanza, anche ora, da parte di Federico in merito al senso di ciò che vuole. Quindi non lo tenta il desiderio della fuga dal mondo, non vagheggia il raccoglimento in un eremo appartato, ma continua con determinazione nel perseguimento dei propri propositi di condottiero e di signore.