Per Federico da Montefeltro lo studiolo aveva un’enorme importanza, è possibile comprendere quanto gli sembrasse necessario un ambiente simile considerando che anche a Gubbio, sua residenza secondaria, egli fece allestire uno studiolo che assomiglia molto a quello di Urbino.
Nel Palazzo Ducale di Gubbio la stanza adibita a studiolo si trova tra una scala a chiocciola ad oriente ed un vano lungo circa 14 metri e largo solo 3 metri, forse la biblioteca. Lo studiolo è una piccola stanza con pianta trapezoidale.
Fino al 1875 erano ancora visibili al loro posto i rivestimenti ad intarsio ed il soffitto a cassettoni, furono poi venduti e nel 1939 finirono al Metropolitan Museum di New York dove sono stati esposti dal 1941 per circa venti anni poi sottoposti a un lungo restauro. Le tarsie lignee dal 1995 sono esposte al pubblico in una stanza che riproduce perfettamente le dimensioni dello Studiolo del Palazzo Ducale di Gubbio. Fino a pochi anni fa solamente chi aveva la fortuna di recarsi a New York poteva ammirare i pannelli intarsiati che decoravano lo Studiolo di Gubbio e che costituiscono una delle opere più belle dell’artigianato del rinascimento italiano.
La prima sensazione che si ha visitando lo studiolo di Gubbio è di trovarsi in un ambiente unitario, completo, in uno spazio che il tono caldo del legno, la decisa geometria delle tarsie lignee e l’abile disposizione della luce proveniente dalla finestra, rendono unito.
Su tutti i quattro lati della stanza le tarsie lignee sono divise da illusionistiche lesene scanalate, sormontate da capitelli compositi che sostengono la trabeazione, poste ai lati di armadi le cui ante, a grata, sono variamente socchiuse. Ogni armadio presenta una cornice a meandri salvo i due collocati ai lati della finestra i cui contorni presentano un disegno interessante con dei dischi di legno posti in modo prospettico. Dei finti sedili sono sollevati per mostrare gli intarsi ornamentali che decorano la superficie sottostante, dietro i supporti dei sedili sono visibili delle finte grate. Per realizzare la varietà degli effetti, che la complessità del progetto richiedeva, furono impiegate due diverse tecniche:
Quella che, con alcune varianti, veniva utilizzata per realizzare cornici decorate con pannelli ornamentali e disegni senza rilievo come stemmi ed emblemi, rispondenti al tipo tradizionale di intarsio ligneo,
L’altra consisteva nella famosa tecnica rinascimentale fiorentina di intarsio in prospettiva. Essa raggiunse una delle espressioni più perfette proprio nelle tarsie dello Studiolo di Gubbio.
Lo Studiolo è ricco di simbologie legate alla sfera più intima del Duca che ancora oggi sono in grado di trasmetterci il temperamento e la grande cultura personale che lo caratterizzava. Il disegno originale fu eseguito dall’architetto Francesco di Giorgio Martini e poi realizzato da una bottega di artigiani che utilizzarono un’ampia varietà di legni. Il disegno delle tarsie crea sette sportelli resi prospetticamente il cui punto di fuga converge nel mazzocchio posto centralmente nel lato lungo dello Studiolo. All’interno di ogni sportello si trova oggettistica di vario genere legata agli interessi personali di Federico.
Nel complesso sono individuabili diverse dimensioni legate alla vita del Duca, come quella umanistica, rappresentata da libri e strumenti musicali. Nelle tarsie dello Studiolo vita attiva e contemplativa sono frequentemente interconnesse. L’aspetto militare, immancabile nella politica di un Duca, è ad esempio evocato da elementi quali il tamburo, strumento usato durante i combattimenti, insieme a un pugnale e un’armatura. Legati all’interesse per la scienza vi erano strumenti scientifici come compasso, clessidra e altri oggetti usati generalmente per lo studio dell’astronomia. Un duplice ruolo gioca la spazzola, posta all’interno di uno stipo appesa, introduce da un lato gli affetti personali in particolare la moglie Battista Sforza, dall’altra sottintende le doti politiche del Duca poiché la spazzola era anche un oggetto per ammansire i cavalli.
Lo Studiolo fu terminato dopo la morte di Federico da Montefeltro; ne è testimonianza la menzione a Guidobaldo Dux che vi è in uno dei pannelli, presumibilmente l’ultimo eseguito. Inoltre la simbologia costituita dalla presenza di una candela spenta e una clessidra, rappresenta qualcosa che ha un termine, in questo caso un richiamo alla morte e alla fine di un periodo di grande splendore.
Le tarsie che offrono illusioni prospettiche di grande efficacia
Lo Studiolo, nella sua impostazione prospettica e iconografica, fu probabilmente opera di Francesco di Giorgio Martini che aveva
curato la progettazione dell'intero palazzo. fu forse lo stesso architetto che affidò l'incarico della realizzazione del rivestimento
ligneo dello Studiolo di Gubbio a Giuliano di Maiano (1432-1490) architetto ed eccellente maestro fiorentino nella lavorazione del legno. Egli aveva acquisito fama di specialista dell'arte dell'intarsio grazie ai lavori per la Sacrestia della Cattedrale di Firenze.
Villa del Principe Lancellotti, la freccia indica l'attico dove lo Studiolo rimase per oltre cinquanta anni, poi fu venduto a un mercante di origine ebraica che, con l'avvento delle leggi razziali preferì trasferirsi in America con i preziosi pannelli