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SIGISMONDO PANDOLFO MALATESTA (Rimini 1417-1468), Signore di Rimini, Fano e Senigallia
Non si può raccontare di Federico senza parlare di Sigismondo Malatesta, Signore di Rimini; il loro violento scontro, protrattosi per venti anni, è l ’espressione di una delle più forti inimicizie del Rinascimento italiano. Prima che Federico e Sigismondo venissero al mondo si erano già odiati i loro padri, nonni e bisnonni, in più di cento anni i Montefeltro e i Malatesta avevano accumulato un’enorme quantità di rancori. Diversi erano stati gli accordi matrimoniali per cercare di attenuare i contrasti, ma a nulla valsero.
Sigismondo era divenuto Signore di Rimini nel 1429, succedendo al fratello Galeotto. Nel 1433 Sigismondo fu creato cavaliere dall'imperatore Sigismondo di Lussemburgo in visita a Rimini. Il 18 marzo 1435, giurata fedeltà a papa Eugenio IV, passò agli stipendi della Chiesa con un condotta di sei mesi e con l'impiego di 200 lance.
La ventennale contesa con Federico fu una spina nel fianco di Sigismondo che si logorò e vide assottigliarsi i suoi possedimenti.
Il primo dispetto che Federico fece a Sigismondo fu quello di impadronirsi della rocca di San Leo, antica capitale dei Montefeltro occupata dai Malatesta. A nulla valsero i tentativi di vari Signori d’Italia e del Papa a sanare le contese tra i due rivali. Ad esempio nel 1457, nel piccolo castello di Belfiore, Borso d'Este, Signore di Ferrara, combinò un incontro tra Federico e Sigismondo. Quello che doveva essere un'occasione di pacificazione si tramutò in uno scambio feroce di accuse reciproche. Il Malatesta perse il controllo, mise mano alla spada e gridò: "Per lo corpo di Dio, io te caverò le budelle del corpo", al che Federico sguainò la spada urlando: "Et io te caverò la corada a te!". Belfiore quindi non fu dunque il luogo della pace, ma l'inizio della fine di Sigismondo.
Il Malatesta, a differenza di Federico, accumulava in sé un gran numero di vizi: violento, traditore, inaffidabile. Non c’era Signore italiano che non l’avesse avuto al suo servizio e che non fosse stato tradito, inoltre Sigismondo aveva il difetto di intascare il denaro che non gli spettava.
Escluso dalla pace di Lodi e scomunicato da papa Pio II, fu marginalizzato e attaccato da più parti, perdendo gran parte dei suoi territori e finendo i suoi ultimi giorni tra progetti di riscatto incompiuti. Isolato, impoverito e minato nel prestigio personale, al Malatesta non restò altro che cercare nuove condotte per sé e per il figlio allo scopo di rifinanziarsi, tentando di riallacciare i rapporti con gli altri stati italiani più potenti. Solo Milano e Venezia si dimostrarono comprensivi. I Veneziani in particolare lo assoldarono, tra il 1464 e il 1466, per combattere i Turchi in Morea, missione che molti signori d'Italia e d'Oltralpe avevano rifiutato per la sua durezza e pericolosità.
Partito per la Grecia, il Malatesta, dopo aver ottenuto la garanzia di protezione per il suo Stato e per la sua famiglia da parte dei Veneziani, avviò le operazioni militari che non gli fruttarono né successo né guadagno
Pacificato col papa, nella primavera del 1468 tornò al soldo della Chiesa in una campagna contro Norcia. Qui contrasse una malattia che lo portò pochi mesi dopo alla morte. Il 16 agosto 1468 fece nuove disposizioni testamentarie riguardo ai suoi beni in Dalmazia ottenuti con la campagna contro i Turchi, e il 9 ottobre dello stesso anno spirò a Rimini, lasciando incompiuti tutti i suoi progetti di riscatto.
Il suo corpo fu sepolto nel Tempio Malatestiano, ambizioso progetto incompiuto, che ben riassume il contrasto tra le sue aspirazioni e la sua sfortunata sorte.
Anche la vita privata di Sigismondo fu particolarmente turbolenta. Si sposò due volte, la prima con Ginevra d’Este che morì dopo soli quattro anni in modo sospetto. La seconda moglie, Polissena Sforza venne probabilmente uccisa per ordine del marito.
Sigismondo ebbe un numero incredibile di avventure amorose in cui sapeva essere estremamente violento e crudele. La donna che amò per tutta la vita e che sposò quando non era più giovane fu Isotta degli Atti per la quale fece costruire da Leon Battista Alberti il Tempio Malatestiano di Rimini. In questa chiesa tutto parla di Sigismondo e Isotta, infatti il famoso monogramma intrecciato “S I” si annoda ovunque, sui muri, nelle cappelle, sulle volte.
Sigismondo, come il suo rivale, si fece ritrarre di profilo da Piero della Francesca.
Il figlio di Sigismondo, Roberto sposò Elisabetta, La figlia maggiore di Federico, si trattò di uno dei numerosi tentativi di placare il contrasto tra le due famiglie, ma come tanti altri risultò fallimentare. Per ironia del destino Roberto Malatesta e Federico morirono nello stesso giorno ed Elisabetta si trovò a piangere insieme il padre e il marito.
Sigismondo Pandolfo Malatesta, Piero della Francesca, Galleria degli Uffizi, Firenze
Sigismondo Pandolfo Malatesta, ritratto nel corteo dei Magi, Benozzo Gozzoli, Palazzo Medici-Riccardi, Firenze
Matteo de' Pasti, medaglia di Sigismondo Pandolfo Malatesta
Tempio Maltestiano, Leon Battista Alberti, Rimini
Interno del tempio malatestiano
Interno del Tempio Malatestiano, cappella con la tomba di Isotta degli Atti, la donna amata da Sigismondo
Particolare del cenotafio di Isotta degli Atti, nello stemma le iniziali I e S sono legate insieme
Monumento a Sigismondo nel tempio Malatestiano due elefanti, il simbolo di famiglia sormontati da un dado con il profilo del signore e con lo stemma