SIMBOLI DI FEDERICO
SIMBOLI DI FEDERICO
Nel Rinascimento veniva data grande importanza all'astrologia, ai simboli, ai significati nascosti dietro immagini cariche di suggestioni, che indicano la fiducia dell'uomo nelle sue capacità e nei valori fondamentali dell'epoca. Federico, come altri Signori del suo tempo, amava utilizzare molti simboli che ripeteva nei suoi palazzi sugli architravi delle porte e delle finestre, sui caminetti, negli intarsi lignei degli studioli, era un modo per ricordare ai suoi sudditi le sue doti, per ammonire i suoi avversari ribadendo le sue virtù, una risposta ai detrattori. Anche i simboli rientravano in una politica di propaganda e servivano ad alimentare il mito del condottiero, del sovrano, del cavaliere senza macchia.
GIARRETTIERA: uno degli emblemi di cui Federico era molto orgoglioso era la Giarrettiera, onorificenza prestigiosa concessagli dal Re d’Inghilterra Edoardo IV nel 1474, in una solenne cerimonia svoltasi a Grottaferrata vicino Roma alla presenza del Re di Napoli e dei Cardinali Giuliano della Rovere e Rodrigo Borgia. Federico aveva ottenuto l’onorificenza perché si era fatto portavoce autorevole di alcuni interessi inglesi presso il Papa Sisto IV.
Il Duca era particolarmente orgoglioso di questo onorificenza e la fece riprodurre sugli architravi delle porte delle sue stanze private, nei ritratti, negli studioli.
L’ordine delle Giarrettiera è il supremo ordine cavalleresco dell’Inghilterra e uno dei più antichi esistenti; fu istituito da Edoardo III intorno al 1346. La leggenda si è impadronita delle origini di quest’ordine e le ha narrate in vario modo; il racconto più noto è quello secondo il quale, poiché alla Contessa di Salisbury, durante un ballo, era caduta la giarrettiera della gamba sinistra, il Re si sarebbe affrettato a raccoglierla e a restituirla alla nobildonna. Ai maliziosi sorrisi dei cortigiani il re rispose con la frase che costituisce il Motto dell’ordine: “honi soit qui mal y pense” (sia svergognato chi pensa male).
L’ordine riconobbe come protettore San Giorgio e imponeva ai suoi cavalieri gli obblighi morali, sociali e militari degli appartenenti alla cavalleria.
Il collare dell’Ermellino è un’altra prestigiosa onorificenza che Federico ricevette da Ferdinando d’Aragona, Re di Napoli nel 1474. Nello studiolo di Gubbio si vede che fuoriesce dallo stipo sopra la porta. L'Ordine dell'Ermellino fu un ordine cavalleresco istituito nel 1463 dal Re di Napoli, Ferrante d'Aragona. Agli insigniti veniva conferito un collare un d'oro con un Ermellino come ciondolo, recante il motto "malo mori quam foedari" (meglio morire piuttosto che essere disonorato").
La nomina a Gonfaloniere di Santa Romana Chiesa, avvenuta nel 1474, permise a Federico di inserire nel blasone di famiglia il bastone, le chiavi di San Pietro incrociate d’oro e d’argento sormontate dalla Tiara Papale.
Un simbolo di cui Federico amava fregiarsi era l’Ermellino che veniva rappresentato appoggiato su un cerchio di fango e sovrastato da un cartiglio con il motto “NON MAI”. L’animale era simbolo di purezza, si credeva infatti che l’ermellino preferisse morire piuttosto che vedere insozzato il suo mantello.
Federico adottò abbastanza presto questo simbolo e lo utilizzò molto nei suoi palazzi con il cartiglio e il motto "NON MAI" per rivendicare la sua innocenza rispetto alla congiura che portò all'uccisione del fratellastro Oddantonio e che gli aprì la strada verso il potere nel Montefeltro.
Federico amava ornare i suoi Palazzi con numerosi emblemi personali che sono stati riprodotti sugli architravi delle porte, sui camini, intagliati negli studioli, nei suoi ritratti. Uno dei simboli più usati erano le fiamme dell’amore ricamate sulla livrea di un gruppo di giovani veneziani detti gli Accesi, membri di un’associazione di cui fece parte anche il giovane Montefeltro nell’adolescenza trascorsa in parte a Venezia.
Le fiamme dell’amore, un ricordo della sua giovinezza trascorsa in una società governata dagli ideali cavallereschi, erano particolarmente care al Duca. Egli volle unire le fiamme al titolo di Duca per indicare che mai avrebbe disgiunto la sua opera di condottiero e uomo dagli ideali cavallereschi. La mattonella con la sigla FE DUX venne usata come elemento architettonico e unità di misura per la costruzione del Palazzo Ducale di Gubbio ed è presente anche nel sottogronda.
Il simbolo più ricorrente sui soffitti dei Palazzi del Duca e nello stemma gentilizio è l’aquila. Questo emblema viene rappresentato nelle varie sale delle residenze di Urbino e di Gubbio in pose e con decorazioni più preziose mano a mano che ci si avvicina agli appartamenti del Duca.
Lo struzzo sovrastato dal cartiglio in cui si legge I HC ANVO DAI T N GROSSO, una versione alterata dal tedesco che significa “posso ingoiare un grosso chiodo”, era un monito ai nemici e significava “attenzione avete a che fare con un osso duro.” Simbolo di tenacia.
Il morso è lo strumento per guidare il cavallo e allude al fatto che il principe deve saper guidare con determinazione i suoi sudditi e bloccare i ribelli.
La granata scoppiante era simbolo delle virtù militari e indicava l’attenzione e l’interesse di Federico, valente condottiero, per le innovazioni tecnologiche nell’arte della guerra rappresentate allora dalle armi da fuoco. Nel Quattrocento infatti le armi da fuoco contribuirono, tramite guerre devastanti, a grandi trasformazioni politiche. Già alla fine del Trecento venne inventato il cannone realizzato da fabbricanti di campane che usarono questo simbolo di pace, costituito da una lega di bronzo così resistente da poter funzionare, senza esplodere, anche come camera di scoppio.
Seguirono il moschetto, usato dalla fanteria, che riusciva a sfondare una corazza da più di 200 metri, la pistola studiata per i cavalieri e la mina, una carica di polvere da sparo collegata ad una miccia con cui si potevano far saltare mura e castelli.
L’uso progressivo delle armi da fuoco rivoluzionò anche la tecnica di costruzione delle fortificazioni che rischiavano di non riuscire più a resistere agli assedi, infatti Federico attuò un’intensa attività di edificazione di rocche nel suo territorio avvalendosi dell’opera dell’ingegnere militare più famoso dell’epoca: Francesco di Giorgio Martini.
La gru, simbolo di vigilanza, è raffigurata con una zampa alzata e una pietra nell'artiglio.
Lo spazzolino era il simbolo della pulizia nella politica intesa anche come pulizia morale Tale oggetto è anche un richiamo alla moglie del Duca, Battista Sforza. Infatti la spazzola, vecchio simbolo di casa Sforza, è decorata con perle, gioiello molto caro alla moglie.