Da tempo immemorabile il diritto norma i beni comuni, materiali ed immateriali. Negli ultimi anni si sono susseguiti importanti sviluppi legislativi riguardo all'Ambiente, che da passiva cornice per lo svolgimento dell'attività umana ha sempre più acquisito valore intrinseco in quanto bene comune non infinito. E proprio tale limitatezza ha portato a riconoscere oggi i i diritti di coloro che nasceranno domani e che potrebbero trovare un pianeta Terra molto più degradato delle attuali condizioni.

E ciò è merito soprattutto dell'impegno e della pressione di giovani, spesso giovanissime/i attiviste/i.


[Riprendo da qui] "Nel tempo della transizione ecologica, i beni comuni hanno un ruolo di assoluta centralità. L’ambiente, il clima, l’energia, gli ecosistemi sono, infatti, precondizioni dell’esistenza; il loro nesso con i diritti fondamentali rende necessaria l’individuazione di adeguate tecniche di protezione. La logica, ontologicamente individualista, dei diritti e i suoi riflessi processuali nelle condizioni dell’azione ostano al proficuo impiego della giurisdizione soggettiva. È alla giurisdizione oggettiva che occorre guardare, perché le utilità fondamentali, che ai beni comuni si correlano, non restino sguarnite di tutela. I beni comuni sono l’essenza di un diritto sostenibile. Le radici della categoria e del trait d’union dei beni in commento con il valore “persona” si rinvengono nella Carta costituzionale, che, oltre ad affiancare alla proprietà privata una proprietà pubblica e a contemplare una proprietà pubblica “riservata” per “fini di utilità generale”, apre a una nuova concezione proprietaria, capace di andare oltre il dualismo pubblico/privato, imperniata sulla “funzione sociale” e sulla generale accessibilità.

Le linee suggerite dall’originario impianto della Costituzione escono rafforzate dalla recente legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1. L’ambiente assurge a interesse primario, anche a presidio delle future generazioni, e orienta l’iniziativa economica. I commons acquistano, dunque, innegabile centralità.

La salvaguardia dell’ambiente non impone di arrestare lo sviluppo; è, piuttosto, compatibile con quest’ultimo, nella misura in cui soddisfi i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. La formula del Rapporto Brundtland, che mette in relazione ambiente e sviluppo, bisogni e limiti, generazione presente e generazioni future, dà corpo a una nozione di sviluppo sostenibile connotata da una pluralità di concorrenti dimensioni. Il principio implica, anzitutto, l’uso equo e sostenibile delle risorse naturali; si traduce, quindi, nell’equità inter-generazionale, laddove impone uno sfruttamento lungimirante delle risorse, a presidio delle generazioni future, e in quella intra-generazionale, che bilancia le esigenze del singolo Stato con quelle degli altri Paesi della comunità internazionale, in sintonia con il principio delle responsabilità comuni ma differenziate.

Sviluppo sostenibile è, infine, integrazione. Come risulta dal principio 4 della Dichiarazione di Rio sull'Ambiente e lo Sviluppo (giugno 1992), la tutela dell’ambiente deve costituire parte integrante del processo di sviluppo e non può essere considerata separatamente da questo. I piani e programmi di sviluppo economico vivono in stretta connessione con le esigenze di tutela dell’interesse ambientale. La stessa esigenza di integrazione è sottesa ai 17 Sustainable Development Goals (SDGs), approvati a New York il 25 settembre 2015. Essi efficacemente bilanciano crescita economica, inclusione sociale e tutela dell’ambiente, dando luogo alla reciproca e osmotica integrazione di tali essenziali componenti. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile hanno avuto importanti seguiti nel diritto europeo e in quello nazionale. Se il Trattato di Maastricht ha promosso “una crescita sostenibile, non inflazionistica”, il Trattato di Amsterdam ha disegnato gli strumenti per la piena realizzazione della sostenibilità ambientale e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ha previsto la necessaria integrazione, nelle politiche dell’Unione, di un livello elevato di tutela dell’ambiente e del miglioramento della sua qualità, da garantirsi in armonia con il principio dello sviluppo sostenibile.

Quest’ultimo trova, del resto, menzione espressa, oltre che nell’art. 3 del Trattato sull’Unione europea, nell’art. 11 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, secondo cui “le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”. Evidente è la sintonia del disposto con il principio 4 della Dichiarazione di Rio.

L’integrazione rappresenta una delle cangianti dimensioni dello sviluppo sostenibile; impone che le esigenze ambientali siano sempre considerate nel processo di sviluppo, costituendone parte integrante. Le “esigenze connesse con la tutela dell’ambiente” (e, come deve ritenersi, con la protezione degli interessi correlati agli altri beni comuni) coincidono con gli obiettivi e i criteri per l’esercizio dell’azione in materia ambientale di cui – in particolare – all’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Lo sviluppo sostenibile ha trovato, più di recente, solido ancoraggio nel Green Deal europeo e, quindi, nel Next Generation EU.

La sostenibilità ha fatto ingresso anche nel diritto interno. Oltre al Codice dell’Ambiente (art. 3- quater, c. 1, del d.lgs. n. 152/2006) secondo cui “ogni attività umana […] deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future”, lo dimostra la recente riforma degli artt. 9 e 41 della Costituzione, che salda la sinergia tra ambiente, società e attività economiche. Tale relazione è il fulcro della sostenibilità; come lo è il richiamo, pure compiuto dalla riforma costituzionale, alle generazioni future.

Una Costituzione che guarda al futuro inaugura, con vigore, la stagione di un diritto e di una economia sostenibili, in consonanza con i Sustainable Development Goals; orienta, come una stella polare, l’intero ordinamento (si pensi, tra gli altri, ai recenti piani e programmi preordinati alla ripresa economica – non da ultimi, la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile e il PNRR Piano nazionale di ripresa e resilienza – e agli stessi documenti di bilancio, arricchiti dall’ “Ecobilancio” – allegato alla Relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio – e dall’ “Ecorendiconto dello Stato”, allegato al Rendiconto generale dello Stato, che illustra le risultanze delle spese ambientali delle amministrazioni centrali dello Stato ovvero le spese aventi per finalità la protezione dell’ambiente e l’uso e gestione delle risorse naturali).